2.DAISY

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Quel pomeriggio, ero agitatissimo. Verso le due, mi andai a comprare dei vestiti in centro, perché volevo far colpo su Sara, della serie "amore a prima vista". Presi dei bei blue jeans strappati-ma-non-troppo, come li aveva definiti la commessa. Io non so come riesca a distinguere i livelli di strappi sui vari modelli, infatti a me quei tipi di jeans parevano tutti uguali. Comunque, mi comprai una camicia estiva, anche se era già iniziato l'autunno. Sperai solo che Jessica non mi vedesse vestito così, perché altrimenti mi avrebbe cestinato la merce che avevo comprato e mi avrebbe fatto andare alla festa vestito come vuole lei. Premetto che Jessica ha uno spietato gusto per l'orrido. Da bambino mi vestiva lei e, quando diventai abbastanza grande per capire come mi conciava, decisi che mi sarei sempre scelto io la roba da mettere addosso.

Ritornando a noi, mi presi anche delle Vans nuove, perché sembrava che fossi andato in guerra con le scarpe che avevo addosso. In totale, pagai ben160 dollari, ma per conquistare Sara farei di tutto.

Dopo aver fatto tutte le spese necessarie alla mia immagine, invitai Michael, il mio migliore amico, a casa mia per una partita a Fifa.

-E come hai detto che si chiama, quest'italiana? – Mi chiese Mike.

-Sara, bel nome, vero? –

-Già. Comunque, a che ora è la festa? –

Guardai l'orologio. Erano le sette e un quarto, neanche un'ora e saremmo dovuti essere allo Zanzibar, la discoteca di Santa Monica dove festeggiavo il compleanno.

-Ok, conviene iniziare a prepararci, Mike- gli risposi.

Infatti, per Michael la parte più indispensabile del look erano i capelli. Io non ho mai avuto una bella chioma, perciò l'impresa del mio amico era rendermi più figo. In mezz'ora, infatti, ero diventato un fashion blogger di tutto rispetto. Mi guardai allo specchio, feci un sospiro e, insieme a Michael, mi incamminai verso lo Zanzibar.

Davanti alla discoteca, c'erano quasi tutti gli invitati e molta altra gente che non conoscevo. Saranno stati quei ragazzi che, quando sentono parlare di feste, parte loro l'ormone festaiolo e si presentano ai compleanni degli altri pur di passare una bella serata. Comunque, mi accolsero con un lungo applauso e numerosi cori in mio favore, ma penso che, in fondo, non erano contenti perché era il mio compleanno, ma più che altro, perché avevo affittato io il locale.

Ad un certo punto vidi Sara ed il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Meno male che Mike si accorse che la stavo fissando, infatti mi avvertì: - Ehi, broh, guarda che stai osservando così tanto la tua bella da sembrare uno psicopatico che cerca di capire i punti deboli della sua vittima. –

-Oh, scusa, grazie zio. –

In quel momento, anche Sara mi vide e mi raggiunse. Certo che era proprio bella: indossava un vestito aderente, che metteva in risalto il suo corpo stupendo. La salutai e lei ricambiò.

-Tanti auguri Jacopo! – mi disse Sara.

-Jonhatan- sottolineò Mike. Se lo sguardo potesse uccidere, il mio amico sarebbe già polverizzato, infatti lo fulminai con gli occhi, perché non volevo che la mia amata si sentisse in colpa.

-Oh, scusa- rispose lei imbarazzata.

-No, tranquilla, se preferisci puoi chiamarmi Jacopo – Ok, Mike mi guardò come a chiedermi se "c'ero o ci facevo". Anche Sara mi squadrò un attimo, ma poi distolse lo sguardo e disse: - Entriamo a prendere un drink? –

A quel punto, non mi restava che accettare, per evitare di nuovo figuracce, solo che non sapevo come dirle che ero astemio. Infatti, secondo le teorie di Mike, ogni maschio che si rispetti deve saper bere quando deve. Solo che io, proprio non riesco a digerire l'alcool, mi fa venire la nausea. E, poi, non ci tengo a perdere la lucidità per poi magari rendermi ridicolo davanti tutti, in modo da essere etichettato a vita. Ero ancora immerso nei miei pensieri, ma Sara mi fece ricordare che era il mio compleanno e che dovevo divertirmi.

-Su, zio, facci vedere di che pasta sei fatto a rappare! – Anche Mike voleva che mi godessi la serata. In effetti, ero piuttosto portato per il freestyle e, secondo Michael, era uno fra i punti che rendevano un ragazzo papabile agli occhi delle ragazze.

-Ok, raga, son pronto! – Mi erano sempre piaciute le gare di freestyle e, almeno il giorno del mio compleanno, volevo rendermi cool iniziando a sparare rime.

-Uh, questa è la mia festa

c'è da perdere la testa

Dopo aver sentito me anche Snoop Dogg

ha rinunciato al rap e ha aperto un blog! – Dopo le mie rime ci fu un "oh" di stupore e partirono alcuni applausi. In quel momento, però, arrivò un ragazzo sui vent'anni, con l'aria piuttosto arrabbiata, che iniziò a dire: - Ehi, bimbo swag

hai solo sedici anni e già ti credi un re

Alla tua festa c'è molta gente, ok

però i tuoi veri amici sono meno che sei! – Non so cosa mi prese, era un'innocua gara di improvvisazione, so solo che mi partii un pugno istintivo che colpì la sua faccia. Sentii il suo naso distruggersi e un urlo di dolore invase lo Zanzibar. Mike mi guardò con dissenso e tutti si misero a fischiarmi contro. Forse era vero, forse avevo solo un amico, Michael, ma dopo quel pugno avrei perso anche lui. Guardai la faccia insanguinata di quel tipo, io non l'avevo invitato, non poteva permettersi di presentarsi alla mia festa e dire, dire soltanto la verità. Urlai, urlai di rabbia o di pentimento ancora non so, ma improvvisamente mi prese la paura di essere arrestato e scappai, senza una meta precisa, ma andai via dallo Zanzibar.

Inizialmente, mi rifugiai in un bar lì vicino, l'ONYX Rooftop Bar. Ricordate quando ho detto che ero astemio? Beh, lo ero, ma fino a quel momento. Capii al volo cosa intendeva Mike, infatti, dopo un bel boccale di Carlsberg, mi sentii meglio, come se i problemi mi fossero scivolati via. Ne presi un altro e un altro ancora, fino a che il barista, un certo Sebastian, mi disse che ero ancora giovane e che, se avessi continuato, mi sarei ubriacato. Andai a casa, allora, dato che erano quasi le due. Presi il primo autobus che arrivò alla fermata, ma, circa a metà del tragitto, quando mi ero un po' ripreso dalla birra, capii che ero sul mezzo che mi portava dalla parte opposta a casa mia. Perciò, decisi di scendere e di andare a piedi.

Osservai il cielo e vidi la luna piena, circondata da infinite stelle. Improvvisamente, me ne venne in mente una: Sara. Chissà cosa aveva pensato di me. Magari, aveva paura di incontrarmi mentre tornava a casa o magari aveva gli incubi di notte su di me. "Sono solo un mostro" pensai. Già, come avevo potuto rompere il naso ad un ragazzo che neanche conoscevo? Cosa aveva fatto di male, oltre che dire la tremenda verità?

Dopo un'ora circa, mi ritrovai davanti a casa mia, fradicio di sudore per la lunga camminata. Presi le chiavi dalla tasca, almeno quelle erano rimaste dalla mia parte. Aprii la porta ed un silenzio, che non s'incontra neanche ai cimiteri, mi avvolse.

Notai la luce della cucina accesa, il che era strano, perché erano le tre di notte. Pensai che si potesse trattare di un ladro, quindi andai a prendere nel cassetto della sala la pistola che la mia famiglia tiene in caso di furti. Mi avvicinai con cautela alla cucina. Silenzio. Nessun tipo di rumore. Pensai che il ladro si fosse accorto di me e si fosse nascosto da qualche parte. D' impulso, varcai la soglia della stanza e vidi ciò che diede inizio a un incubo senza fine. Daisy era coricata per terra, col viso grigio, freddo e gli occhi ancora aperti, ma di un colore innaturale. Per la prima volta provai la Paura, quella che ti toglie il fiato e ti blocca il cuore.

-No, no, come è possibile Daisy! - Le parole mi uscirono dalla bocca lievi, come una brezza leggera. –La mia piccola sorellina, oh, Daisy! –

D'improvviso, il suo corpo si alzò e si mise ad urlare. Notai che, anche se la luce era accesa, lei non aveva ombra. Poi, scappò in camera sua e si chiuse a chiave. La seguii e, dopo molti vani tentativi, riuscii a buttare giù la porta e a vedere la realtà: nella stanza non c'era nessuno. Solo in quel momento, mi ricordai che Daisy era a dormire a casa di Lucy e che non era mai stata lì.


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