Prologo

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"Emily, questo dove lo metto?"
mi giro verso quella voce famigliare, o meglio, l'unica voce famigliare che io conosca.
Mi avvicino a lei e apro lo scatolone che tiene in mano. Guardo all'interno e intravedo delle cianfrusaglie per la cucina.

"In cucina" le rispondo, mentre mi volto per continuare a sistemare gli altri scatoloni.

Ebbene sì, da oggi in poi, potrò dire di aver realizzato il mio sogno.

Appoggio uno dei tanti scatoloni e per qualche secondo osservo fuori dalla vetrata del nuovo appartamento.
New York.
Oltre a enormi palazzi, case e grattacieli, non vedo, eppure è stupenda così.
I taxy sfrecciano uno vicino all'altro e le persone popolano i marciapiedi.

"Allora, quando inizi a lavorare?" chiede mia sorella.

"Domani" mi siedo al suo fianco sul divano.

"Sei felice?" si volta mentre mi pone la grande domanda a cui non so mai rispondere.

Annuisco. Se aprissi la bocca, capirebbe dal mio tono, che non è così.
Insomma, sì, sono felice di essere qui, del lavoro che inizierò domani e della mia nuova vita, ma non posso dire, che io, Emily Wilson, sono felice. Sono semplicemente felice di quello che faccio.

"E tu?" rivolgo la domanda a lei.

"Lo sono" risponde prontamente. So che è così, lei è davvero felice e probabilmente non vede l'ora di  incominciare la scuola, di conoscere gente nuova, di avere nuove amiche, di avere nuovi fidanzati.
Lei è quella ottimista, tra le due. Quella solare.
È l'unica che mi è rimasta, l'unica con cui posso parlare, l'unica che mi capisce, l'unica che davvero vuole starmi accanto, l'unica che mi sopporta.

"Cinese o pizza?" spezza il silenzio creato da pochi secondi.

"Cinese, sta sera pizza" rispondo e la osservo chiamare, per ordinare il nostro pranzo.

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