Primo Capitolo

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Mi rigiro nel letto, cercando una posizione comoda. Ormai sono le sei e tra un'ora dovrei trovarmi a lavoro; non so se non sono riuscita a dormire a causa dell'ansia oppure perché questo letto è davvero scomodo, fatto sta che ho due enormi occhiaie e un sonno assurdo.

Apro le ante dell'armadio e mi ritrovo a fissare le mensole colme di vestiti sparpagliati e arrotolati; come sempre non so cosa mettere, per cui chiudo gli occhi ed estraggo dei vestiti da quel macello. Quando apro gli occhi, mi ritrovo in mano un paio di jeans attillati di color nero e un maglioncino rosa pastello. Mi cambio velocemente e raggiungo la cucina.

Prendo una mela dal frigo e ci spargo sopra della nutella. Mentre mangio la mia squisita colazione, scrivo su un foglietto un breve messaggio per mia sorella: Fai la brava, non voglio essere chiamata dalla preside già il primo giorno. Per qualsiasi cosa chiamami. Ci vediamo sta sera.

Siccome è il primo giorno di lavoro decido di mettermi un po' di fondotinta, per apparire almeno presentabile e non spaventare i miei pazienti con la mia faccia cadavere.

Appena arrivo in ospedale, dopo lunghi minuti passati in mezzo al traffico, guardo il tabellone degli interventi.
Questa mattina mi aspetta una sostituzione della valvola aortica. Inizierà tra due ore, così decido di fare un giro per il reparto cardiochirurgico e visitare i miei pazienti.

In poco tempo si fanno le nove, prendo l'ascensore e raggiungo la sala operatoria.
Anche se, durante l'intervento, le mie mani staranno nei guanti, le lavo accuratamente, come richiesto nel protocollo dell'ospedale.
Eseguo l'intervento in circa 5 ore e per fortuna non ci sono complicanze.

La mensa è praticamente vuota, ci sono solo alcuni medici e qualche infermiera.
Riempio il mio piatto con cibi immangiabili, è risaputo che il cibo degli ospedali non è un granché, ma speravo che almeno qui, ci fosse qualcosa di mangiabile. Mi ricorderò di portare il cibo da casa.

"Dottoressa Johnson" una ragazza mora, dagli occhi azzurri, si avvicina al mio tavolo e mi porge la sua mano.

"Dottoressa Wilson" stringo prontamente la mano. Avrà bisogno di un consulto.

"Ostetrica e tu?" si siede di fronte a me, senza che io le avessi detto nulla.

"Cardiochirurgo" rispondo inforchettando quella che dovrebbe essere pasta. "Hai bisogno di un consulto?" aggiungo subito dopo.

"Sai che i dottori non parlano tra loro solo per dei consulti?" chiede aggrottando le sopracciglia.

"Ah no?" chiedo ironica. So che è così, ma nel vecchio ospedale nessuno parlava con me e vorrei che fosse così anche qui. Non perché non voglio farmi amici, ma non voglio amici medici.

"No" risponde secca. "So che tipo sei" oh no, tu non sai proprio niente di me.

"Che tipo sono?" chiedo curiosa della risposta, ma allo stesso tempo irritata da quella affermazione. Non si può permettere di piombare qui, mentre pranzo e dire che sa che tipo sono, non lo so nemmeno io che tipo sono.

"Sei una di quelle complicate, una di quelle che non si avvicina agli altri perché ha paura di fidarsi. Probabilmente hai passato una vita difficile e per riuscire a diventare cardiochirurgo hai fatto sacrifici enormi. Sono sicura i tuoi genitori siano morti o non ci parli più, questo ti ha portato a essere così diffidente. Odi le persone felici, solo per il semplice fatto che tu non sei felice. Però sei forte, non saresti qui, altrimenti." lascio la mia forchetta con furia.

"Tu non sai assolutamente niente di me" mi alzo velocemente, piena di rabbia. È già tanto che non la stia prendendo a pugni.

"Ci ho azzeccato" sussurra, mentre io prendo il mio vassoio e lascio quella stanza.

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