Capitolo unico

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Ad un tratto si sentì sola.
Persa.
Alzò gli occhi al cielo in un disperato tentativo di trattenere le lacrime.
Le stelle brillavano. La Luna splendeva. Ma lei...lei no. Ormai aveva smesso di brillare. Aveva smesso di splendere. Aveva smesso anche di sperare. Così continuò a guardare il cielo e, con un grido soffocato, sussurrò:《Perché? Perché, mio Dio, sono sempre così sbagliata?》
Si sentì di sprofondare ancora di più. Il petto le doleva. Le gambe le cedettero. Il peso sul suo cuore si aggravò. Desiderò ardentemente di sprofondare nel terreno sottostante, nel vano tentativo di riprendere in mano la sua vita. Nel vano tentativo di ritornare a sorridere come se mai nulla fosse successo, come se lei in realtà non fosse mai crollata sgretolandosi in tanti di quei pezzi che alla fine, lei sapeva, di dover rimettere insieme da sola con le sue proprie mani. Con la sua propria forza. E fu proprio la consapevolezza di aver fallito a farla crollare definitivamente. Così cedette alle lacrime che le facevano ardere gli occhi e schiacciare il cuore. Esse cominciarono a solcare il suo viso. Scavavano sempre di più su quelle guance e quelle labbra che, lei sapeva, il giorno dopo avrebbero continuato a sorridere. Certo...un sorriso falso, ma almeno avrebbero sorriso. Perché è lo sforzo che conta, giusto? Per un attimo pensò di chiedere aiuto a qualcuno. Ma subito scartò quell'idea. Non era da lei. Ma non pensate a male: non era orgogliosa. Era solo il suo modo di fare. Lei pensava che nessuno sarebbe rimasto ad ascoltarla. Pensava che a nessuno interessasse dei suoi problemi, dei suoi sentimenti, dei suoi capricci, del suo amore... Se l'era sempre cavata da sola e non avrebbe fatto diversamente nemmeno questa volta. Sapeva che alla fine avrebbe vinto. O meglio, lo desiderava. Desiderava ardentemente riuscire a non perdere un pezzo di sé ogni volta che le succedeva questo. Ogni volta che veniva distrutta. Ma il suo cuore ormai era ridotto in tanti piccoli pezzi. Pezzi di un puzzle a cui mancavano, ormai, tanti di quei tasselli che era diventato impossibile rimettere insieme quei pochi che le erano rimasti. E lì, da sola, in ginocchio, coi sassolini che le graffiavano i palmi aperti sul terreno freddo, si domandava se mai avesse avuto la possibilità di vedere quello che sarebbe stata lei un giorno. La possibilità di vedere il quadro completo.
Chi avrebbe riempito quegli spazi vuoti che ora le corrodevano l'anima?
Chi sarebbe mai riuscito a guardare oltre quello che sembrava, ad un'occhiata di un ossevatore esterno, inutile?
E fu proprio lì.
In quell'attimo.
In quel momento.
Che giurò a sé stessa di cambiare.
Di non lasciar vincere di nuovo le emozioni.
Il dolore.
Giurò di proteggere se stessa.
Perché in quel momento capì che nessuno l'avrebbe salvata.
In quel momento capì di essere sola per davvero.

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