Io non moriró.

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-Ascolta, Shanks caro...- Baggy si puntò un dito alla fronte ed espirò, trattenendosi dall'urlare contro quel Rosso indisponente –Se è un'isola invernale, non può fare "calduccio", lo capisci o sei troppo scemo?-
Il ragazzo dai capelli rosso scarlatto alzò le spalle, sorridendo come se nulla fosse. Dopotutto era l'altro che non afferrava il nocciolo della questione.
-Ma scusa, se ci copriamo ben bene, dormiamo sotto caldi piumoni e mangiamo le castagne arrosto, stiamo al caldo, no?-
Ecco, appunto. La faceva facile lui a vedere il positivo in ogni cosa, ma sinceramente Baggy non aveva voglia di farsi congelare le chiappe o di incontrare bestie polari. L'ultima volta a Drum era stato terribile.
Prima i conigli, poi quella vecchia pazza... non ci teneva a ripetere l'esperienza.
-Come al solito, non capisci niente!- sbraitò sbattendo l'indice sulla fronte di Shanks, la cui testa indietreggiò paurosamente a ogni tocco. –Io non voglio andare su un'isola invernale!-
Shanks afferrò il polso dell'altro fermandolo.
-Non ho mica deciso io così.- disse –Se proprio non vuoi andare, lamentati col capitano.-
-Tsk...- schioccò la lingua, l'altro –Infatti, è proprio quello che ho intenzione di fare!-
Detto fatto, il mozzo dal naso rosso e tondo s'avviò baldanzoso verso la cabina di Roger. Ma, giunto in prossimità di essa, la trovò chiusa, segno che all'interno si stava svolgendo un'importante riunione fra il capitano e il suo vice. Il ragazzo meditò se ripassare più tardi, per non incorrere nelle ire di quei due, ma poi la tentazione di mettersi ad origliare vinse sulla paura e così poggiò silenziosamente l'orecchio al legno scuro della porta.
-Sai che origliare è segno di maleducazione?-
Eccolo lì, Shanks, quello bravo, il cocco di Roger, poggiato alla parete con le braccia incrociate al petto. Baggy gli regalò il medio e poi gli fece segno di star zitto, pena il taglio della gola, ma il rosso, ovviamente non si scompose, anzi, s'appoggiò alla porta pure lui, curiosa.
-Ray...-
La voce del capitano era roca e ovattata.
-Ray, prendimi...- un rumore di vetri infranti ed un'alterata imprecazione –Agh... -
Baggy e Shanks si lanciarono una strana occhiata, ma non fiatarono.
-Tutto bene, Roger?-
-S-si...- disse quello a denti stretti.
-Resisti, adesso passa.- ribatté il vice capitano, anche lui affranto.
Shanks scansò il compagno dalla porta e si chinò per spiare la situazione dal buco della serratura.
Si voltò poi arrossato in volto verso l'altro mozzo, al quale si serrò la gola e arrestò il cuore. Con la solita "grazia" scostò l'altro dall'uscio e diede un'occhiata.
Le ombre dei comandanti si contorcevano sul muro appena illuminato dalla calda luce della lampada ad olio come dotate di vita propria. Forsennate, alla ricerca di un reciproco inghiottimento, di una vicendevole unione.
-Aaaagh!-
-Resisti ancora un po'...- la voce di Rayleigh era rotta dall'affanno, i suoi capelli scarmigliati ricadevano sul viso del capitano, le cui mani gli s'aggrappavano tremanti alle spalle.
-Passerà, passerà presto...-
-Non... non ce la faccio...-
-Resisti...-
Baggy non resistette oltre quella vista e distolse lo sguardo mentre la mano destra di Silvers Rayleigh si stringeva saldamente all'asta eretta di Roger.
Il capitano ancora gemette, in preda agli spasmi, mentre i suoi giovani mozzi, mortificati ed imbarazzati, decisero di fuggire, di tornare sul ponte, di riprendere quella stupida conversazione di pocanzi...
Mentre correvano come forsennati, urtarono il medico Crocus, il quale non poté neppure chiedere loro che cos'avessero che già erano come un punto luminoso all'orizzonte.

L'uomo bussò alla porta della cabina del comandante ed entrò non appena ricevette un avanti sommesso.
Come temeva, Roger non stava bene.
Era accasciato sul letto, sudato ed ansimante. Rayleigh stava giusto somministrandogli la medicina. Quando lo vide, gli porse la bottiglia, scuro in volto.
-E' finita.- disse.
Crocus annuì, ne avrebbe preparata dell'altra durante la nottata. Col piede scostò alcuni frammenti di vetro e si sedette al capezzale del capitano, somministrandogli l'ennesimo farmaco, misurando la sua temperatura, la pressione, ogni cosa.
-I ragazzi sono passati di qui?- domandò.
-Shanks e Buggy?- chiese Rayleigh, inarcando il sopraciglio –No, perché?-
-No... nulla...- fece il medico –Li ho incrociati nel corridoio... dicevano qualcosa circa la mano destra del capitano...-
Il primo ufficiale non comprese cosa passasse per la testa di quei due marmocchi litigiosi e al momento non gli importava, aveva ben altri pensieri e Roger, quasi gli leggesse nella mente, osò domandare col sorriso sulle labbra -Quanto mi resta, Crocus?-
Il medico scosse il capo e sporse il labbro inferiore, con gli occhi colmi di lacrime.
-Non molto...- sussurrò, sincero.
Ma il sorriso di Roger non si spense.
Era ciò che di lui spaventava più di ogni altra cosa.
Vedere i suoi denti bianchi prendersi gioco della morte e delle avversità del suo stato rendeva difficile la comprensione di quanto in realtà soffriva davvero quell'uomo.
Rayleigh si massaggiò le tempie, affranto, costretto a sopportare il peso di quella sofferenza, che no, non si poteva superare. Roger li avrebbe lasciati e non c'era nulla che potevano fare per lui.
-Sapete, stavo pensando... a una cosa...- disse il capitano, accomodandosi con fatica sul letto, quando il dolore gli permise di muoversi. I due si predisposero all'ascolto, poiché sul viso dell'uomo si era dipinta un'espressione delle sue... una faccia seria, ma non troppo. Sogghignava sotto i baffi, ma i suoi occhi erano fermi e ardevano di una luce strana.
-Cosa?- domandò Rayleigh, deglutendo.
-Io... non morirò, capito?-
No, non era perché non voleva morire.
Quando udì per intero ciò che voleva fare, Rayleigh non poté non sentire le proprie viscere ribollirgli in corpo per l'emozione. Perché quell'uomo, così grande da pianificare persino la propria morte, seriamente, col sorriso sulle labbra, aveva il potere di coinvolgerlo emotivamente, di trascinarlo nelle sue assurdità trasmettendogli una concezione di sensatezza di esse.
E quando poi anni dopo egli dipartì, Rayleigh non volle essere presente all'esecuzione. Forse non si presentò per fuggire alla realtà, forse per accrescere l'illusione d'immortalità che aleggiava in quell'uomo.
-Io non morirò, amico mio.-
Lo sapeva che parlava per metafore, voleva solo illudersi, darsi un margine d'incertezza nella certezza, in modo da sentire sempre, in ogni momento, la sensazione che Roger fosse ancora su quella terra.
Vivo.
Nei cuori, nelle menti, nei sogni e negli incubi del mondo intero.
E ogni qualvolta degli scapestrati intorno a lui sussurravano con timore riverenziale il suo nome, ogni volta che lo deridevano, quando sognavano il suo tesoro, Rayleigh sorrideva.

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