Capitolo 1

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Ladybug osservò la farfalla bianca volare alta nel cielo, sospirando poi pesantemente e guardando la compagna di classe che, inginocchiata per terra, teneva il volto basso e nascosto dai lunghi capelli scuri: quante volte, Lila era stata akumatizzata? Tante. Troppe volte, secondo lei.
La rabbia che l'italiana provava sembrava non trovare fine e ciò faceva sì che Papillon la usasse a suo piacimento.
E' colpa mia.
Cosa posso fare?
L'eroina parigina sospirò, tenendo lo sguardo celeste sulla ragazza e notando appena il movimento del suo compagno: «Sta iniziando a essere una cosa sfiancante, sai?» dichiarò Chat Noir, affiancandola con le mani dietro la nuca e l'incessante suono del suo Miraculous che lo avvertiva che la trasformazione era quasi giunta al limite.
«Non dovresti andare, tu?»
«Stavo pensando di mostrarmi a te, sai? Così potresti rimanere sfolgorata dalla mia bellezza e cadere ai miei piedi.»
«Vai, Chat. E' meglio che Parigi non sappia chi siamo e, sinceramente, non m'interessa sapere la tua identità.»
«Sei crudele, my lady. Ma ti adoro anche per questo.» dichiarò il felino, facendole l'occhiolino e sorridendo, indicando poi con un cenno del capo Lila: «Non andarci troppo pesante, ok?»
«Lo farò.»
«Ci vediamo, my lady.» dichiarò poi Chat, inchinandosi con fare galante e balzando poi via, saltando sopra un furgoncino e, da questo, dandosi la spinta per raggiungere il tetto del palazzo più vicino: Ladybug l'osservò, finché non sparì dietro un palazzo e mentalmente lo ringraziò per essere con lei. Sempre.
Un sospiro le sfuggì dalle labbra, voltandosi verso l'italiana che, adesso, la fissava con lo sguardo chiaro: «Vuoi ridere di me?» le domandò, alzandosi e sovrastandola leggermente: «L'unica che viene akumatizzata più e più volte. Ma è colpa tua, Ladybug. Solamente colpa tua!»
Lo so e non so come rimediare.
Gli orecchini suonarono, avvisandola che, a breve, la sua trasformazione sarebbe terminata: «Non potrei mai ridere di te.» mormorò, tormentandosi le mani guantate di rosso e alzando la testa, fissando negli occhi l'altra: «Volevo solo dirti di...beh, ecco...» Che cosa poteva dirle? Come poteva rimediare a ciò che aveva fatto?: «Rendi vere le tue illusioni, ok?» buttò lì e quasi ebbe la tentazione di battersi la mano sulla fronte per la stupidità di quella frase.
Ma perché non pensava, prima di parlare?
«Io vado.» decretò, mettendo mano allo yo-yo, appeso alla vita, e abbozzando un sorriso: «Ciao, Lila.» bisbigliò, lanciando l'arma verso uno dei palazzi e, dandosi un poi una spinta, balzò poi sul tetto; gettò un'ultima occhiata indietro, prima di correre verso la fine dell'edificio e saltare giù, in direzione di casa sua.



Marinette sospirò, osservando gli abiti appesi nel suo armadio e cercando qualcosa che la potesse aiutare contro la calura che aveva avvolto Parigi: «Beata te, Tikki.» mugugnò, osservando la kwami, tranquillamente in attesa che lei si preparasse: «Non senti per niente il caldo.»
«Mh. Ti posso dire che in Egitto faceva molto più caldo che qui.» dichiarò lo spiritello, sorridendole e sorprendendo la ragazza: di solito, Tikki era restia a parlare di ciò che era avvenuto prima che si incontrassero; una volta sola le aveva accennato qualcosa, riguardo alle Ladybug che l'avevano preceduta, ma facendo subito cadere l'argomento: «Hai trovato cosa metterti?»
«Pensavo a questi shorts e questa maglia.» dichiarò la ragazza, mostrandole gli indumenti: «E potrei abbinarci quel gilet che ho fatto qualche giorno fa, che ne dici?»
«Sei tu l'esperta di moda!»
«Magari...» mormorò la ragazza, togliendosi velocemente il pigiama e indossando gli indumenti prescelti, legandosi poi i capelli e, presi lo zaino e la borsetta ove Tikki s'infilò prontamente, scese rapida le scale: «Buongiorno!» esclamò, avvicinandosi alla madre e baciandola sulla guancia, sedendosi poi al tavolino e iniziando a fare colazione: «Oggi devi pulire camera tua, Marinette.» dichiarò la madre, sorridendole: «Potrei farlo io e così leggere...»
«La faccio. Appena torno da scuola.» sentenziò la ragazza, mettendo fine al piano di spionaggio della madre: «E comunque non potresti mai leggere il mio diario.»
«Non sottovalutare tua madre.» decretò Sabine, sorridendole: «Sono capace di fare qualsiasi cosa.»
«Mai messo in dubbio.» assentì la figlia, dedicandosi alla colazione e sorridendo al ricordo della scatola "magica", che aveva creato apposta per il diario: da quando era Ladybug e aveva iniziato a scrivere i suoi pensieri sulle sue avventure da eroina, aveva pensato bene di creare un qualcosa che impedisse a sua madre – quasi sicuramente una ex-spia di una qualche organizzazione governativa – di leggerlo: «Io vado.» dichiarò, posando la tazza nel lavello e salutando la donna con un nuovo bacio: «A oggi.»
Scese le scale, salutando velocemente suo padre e poi uscì, diretta verso la scuola dall'altro lato della strada: attraverso la piccola via che separava i due edifici e osservò incuriosita il piccolo gruppo di studenti che, davanti le scale della Dupont, stavano parlando fra di loro.
«Davvero? Era tutto una bugia?»
«Sì, ho sentito Ladybug dirlo.»
«Che bugiarda!»
«E pensare che...»
Marinette smise di prestare attenzione alle chiacchiere, osservando la protagonista di queste poco lontano: le braccia abbandonate lungo i fianchi, i pugni stretti e lo sguardo rivolto verso quelle persone che, fino a pochi giorni prima, la idolatravano perché nessuno aveva capito che ciò che diceva Lila erano solo bugie, almeno finché, durante l'ennesimo scontro, lei non lo aveva urlato contro la rivale.
Sono stata terribile.
Lila è messa al bando, ora.
E' solo colpa mia.
Strinse la cinghia della borsetta, alzando lo sguardo e avvicinandosi all'italiana: «Ehi, Lila!» esclamò, sorridendo alla ragazza: «Non penso che ci siamo ancora presentate...» mormorò, allungando una mano verso di lei: «Io mi chiamo Marinette e vivo nella boulangerie dall'altro lato della strada. Cioè sopra...la boulangerie è dei miei genitori e noi viviamo nell'appartamento sopra...» si fermò, mordendosi il labbro inferiore e guardandosi attorno: «Mh. Ti piacerebbe pranzare con me oggi?»
Lila la fissò stranita e Marinette poteva capire benissimo il suo frastornamento: chi era questa ragazza che, fino al giorno prima, era stata ai margini della sua sfera sociale? Non c'erano mai state molte occasioni per conoscersi: Lila era sempre interessata solo ed esclusivamente a Adrien e lei...
Beh, lei era rimasta sullo sfondo a osservarli e piagnucolare, facendo alterare più e più volte Alya.
«Uhm. Io sono Lila.» Lila allungò la mano, stringendo quella che le era stata offerta: «E ok, per il pranzo intendo.»
«Grande!»


Lei è mia! || Miraculous Fanfiction {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora