Everybody got the demonds

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Tutti abbiamo dei demoni.

Ogni essere umano, prima o poi, passa in quel periodo triste e cupo della propria vita.
Normalmente è il periodo adolescienziale a essere quello più difficile per i sentimenti di una persona.

Io, ad esempio, ho passato il periodo da fine undici anni a inizio dei tredici perseguitata dai demoni e dall'autolesionismo.

Vi chiederete 'come fa una persona tanto giovane a volersi autodistruggere?' e 'ma cosa ne saprà mai una bambina dei demoni?'

Io a dodici anni sapevo tante -forse troppe- cose.

A dodici anni avevo già provato la terribile sensazione che provano le persone che si sentono sole per quello che sono fisicamente.

Ero grassa.
Sono grassa.

L'unico mio modo per sentirmi meglio, per dimenticarmi gli insulti anche delle persone più importanti per me, per dimenticare i problemi famigliari era l'auto infliggermi del dolore.

Piano piano l'autolesionismo si era mangiato la mia anima, oltre che alla mia pelle.

Un taglio sul polso, uno sulla coscia e uno sulla pancia.

Due tagli sul polso, tre sulla pancia e quattro sulle coscie.

Piano piano l'insoddisfazione cresceva, insieme alla voglia di farmi ancora più male.

Il mio corpo era ferito, ma era il cuore a sentire il vero dolore.

Volevo cambiare, volevo piacere alle persone e a me stessa.
Il problema è che l'unica cosa che cambiava erano le ferite che mi procuravo, sempre più numerose e profonde.

Le normali ragazze a quell'età erano innamorate di ragazzi -alcune anche ricambiate da essi-, io invece, ero innamorata persa del dolore.

Le normali ragazze a quell'età avevano la galleria del telefono piena di foto del ragazzo che le piace, io avevo la galleria piena di immagini di polsi lacerati, ragazze anoressiche e frasi da depresse.

Io ero diversa dalle normali ragazze, e non in modo positivo.

Uscivo tutte le sere nel balcone di casa mia e mi godevo lo spettacolo.
Le stelle sono sempre state uno spettacolo unico ai miei occhi, insieme alla luna.

Di notte guardavo quei luminosi puntini sparsi sull'infinito mantello blu scuro. Poi giravo lo sguardo e guardavo lei.
La luna per me è sempre stata una cosa preziosissima. Era perfetta.

Lei brillava, lì, alta nel cielo e mi ascoltava mentre raccontavo del mio odio verso me stessa, alcune volte piangendo.

Stavo talmente male che ai miei occhi ogni tipo di colore era diventato nero.

Nonostante tutto, io amo il nero. Potrei scrivere un libro sui motivi per il quale quel colore va amato.

Il buio era diventato la mia casa, insieme alla musica e -ovviamente- a quella schifosissima lametta.

Avevo solo dodici anni, quando per la prima volta, tentai il suicidio

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