4 Capitolo:Dimmi che ci sei❤

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Quando mi svegliai, quella mattina,non ero neanche lontanamente di buon umore. A malapena ero riuscita a prendere sonno,dopo essermi girata e rigirata tra le stesse lenzuola bianche che erano diventate fredde mentre mi vestivo. Più stanca e nervosa che altro,ero uscita dalla camera chiudendomi la porta alle spalle e,con un passo misurato,mi ero avviata lungo quei corridoi a me ormai familiari. Ero passata davanti alla reception,rendendomi conto all'istante che,dietro il bancone, non vi era il signore gentile della mattina precedente,ma il fratello di Brian.
Come mi aspettavo, il suo saluto,non aveva tardato ad arrivare.
"Buorgiorno Signorina" mi aveva detto cordialmente,mentre il suo volto si accendeva di un cordiale sorriso. Ricambiai entrambi con il mio solito tono da brava ragazza e,guardando davanti a me,mi ero dileguata in fretta attraverso l'altro corridoio. Non ricordandomi quale dei due dovessi imboccare per arrivare alla saletta, imboccai quello sbagliato. Mi ritrovai in un corridoio più stretto e più angusto degli altri. Proseguii fino ad arrivare quasi alla fine,ma avevo deciso che sarebbe stato molto meglio tornare indietro ed evitare di finire nei guai. Stavo già girando sui tacchi,quando una voce calda e a me molto familiare,aveva inziato a parlare.
"Lei è ancora più bella di quanto la ricordassi. Non mi aspettavo certo di rivederla così presto"
"Lo so,figliolo. Ma se lei non ti dovesse volere nella sua vita?" fu la risposta. Una voce maschile,molto più profonda e,segnata dall'età,questa volta.
"Lo so bene" un sospiro.
"Ora è meglio che vada..tra poco devo chiamarla e magari lei non è neppure sveglia."
Quelle parole mi avevano fatto entrare nel panico più totale e,mentre sentivo una sedia strisciare sul pavimento,segno che colui che vi era seduto si era alzato,mi ero girata e avevo cominciato a correre a perdifiato. Ma,invece, di percorrere lo stesso corridoio, ne avevo imboccato un altro ancora. Senza rendermene davvero conto, avevo fatto qualche passo di troppo e,mentre mi spostavo di lato,il corridoio era finito e l'attimo dopo stavo già volando giù per le scale. L'ultima cosa che ricordavo,prima di risvegliarmi poco prima in ospedale,era stato un grande dolore e il suono dei miei gemiti fino all'istante in cui avevo perso i sensi.

BRIAN POV

Erano passate diverse ore da quando era successo il tutto. Mi ero alzato dalla sedia con il preciso intento di andare a chiamarla sperando di non disturbare il suo sonno,quando avevo avvertito dei passi allontanarsi di fretta lungo il corridoio,fino a quando,l'attimo dopo,non avevo sentito un grande tonfo arrivare dalle scale della cantina. Mi ero precipitato,seguito da Manuel,in quella direzione e non avrei mai voluto vedere quello che i miei occhi avevano visto l'istante dopo. Una ragazza era stesa alla fine delle scale,ma non una qualunque. Lì,stesa a terra priva di sensi, vi era l'unica ragazza che avevo sempre desiderato, l'unica che avesse mai destato il mio interesse da quando era una bambina. Mi precipitai infondo alle scale,con la paura che cresceva ad ogni scalino,mentre gridavo a Manuel di chiamare un ambulanza. Mi avvicinai quel tanto che bastava per appoggiare l'orecchio al suo petto constatando che vi era battito, ma mi tranquillizzai un poco di più quando costatai che respirava. Gentilmente, come mi avevano insegnato al corso di primo soccorso che avevo seguito l'anno precedente nella città vicina, avevo inziato a tastare il suo corpo in cerca di fratture. Il braccio destro sembrava rotto,mentre gli altri tre arti,sembravano apposto. Dalla testa usciva del sangue,speravo a Dio che non fosse nulla di grave.
Mi era  sembrata passata un eternità quando erano arrivati i soccorsi,ma mi ero reso conto che erano passati soltanto pochi minuti. Quando due paramedici erano arrivati,due ragazzi che avevano frequentato con me le superiori e che conoscevo molto bene, mi scansai per lasciare loro libero il passaggio. Non avrei voluto,però,allontanarmi da lei,ma era  stato necessario. Mentre la visitavano  velocemente per poi bloccarle in collo prima di prenderla e sistemarla su una barella,avevo risalito le scale. Li avevo seguiti in ospedale ed ero rimasto ad aspettare inerme mentre le venivano fatti esami su esami.

Mentre mi sistemavo nell'ennesima posizione scomoda sulla sedia della sala d'aspetto dell'ospedale di Starway,cittadina nota per la grande stella gialla che si poteva benissimo intravedere prima di entrarci,una donna che conoscevo da tutta la vita arrivò accorrendo lungo il corridoio.
"Brian,dov'è lei?" mi chiese con tono vivamente preoccupato.
"Mamma,non mi hanno ancora detto nulla." le risposi sconsolato. Mi rendevo conto di quanto mia madre avesse sempre amato e considerato Emily come la figlia che non aveva mai avuto. Ed era stato un duro colpo per lei,come per me d'altronde,quando una mattina di quindici anni prima i suoi genitori,l'avevano portata via da qui senza fare ritorno. Eravamo andati a trovarli parecchie volte nel corso degli anni,ma non erano mai state visite troppo lunghe.
"Capisco" annui sconsolata anche lei. Senza dire una parola ci accomodammo sulle scomode sedie,uno accanto all'altra. Non so nemmeno quanto tempo è passato,so solo che il suono di alcuni passi sul corridoio, mi avevano ridestato dal mio breve pisolino sulla sedia. Mi alzai preceduto da mia madre,mentre il dottore Stuart si fermava di fronte a noi.
"È fuori pericolo adesso. Non ha avuto lesioni interne,il che è decisamente un buon segno visto la sua caduta. Il braccio destro,però, è rotto e la testa ha un leggero trauma cranico che va,però,tenuto sotto controllo. Ha alcuni lividi e alcune escoriazioni un pò ovunque." ci spiegò senza aggiungere nulla di troppo.
"La ringrazio" esclamò mia madre rivolta al medico.
"Possiamo vederla?" gli chiesi. Dovevo constatare il tutto con i miei occhi.
"Si,ma solo per pochi minuti. Ha bisogno di riposare" ci disse prima di accennare un saluto e di allontanarsi.
Senza parlare,ci dirigemmo da una delle infermiere e,dopo aver chiesto l'informazione che ci serviva,ci avviammo al secondo piano,stanza numero 52. Una volta davanti alla porta,entrammo lentamente. Mia madre si sedette sulla sedia accanto al letto,mentre io rimasi in piedi. Mi era più facile osservare il suo fragile corpo dall'alto. Era stesa sulle lenzuola bianche,metà del suo corpo erano coperte e,da esse spuntavano solo le sue braccia che sembravano pallide quanto il suo viso. I suoi capelli lunghi erano sparsi sotto di lei,ma non tutti poiché alcune delle sue ciocce erano sparse sul cuscino conferendole un aria angelica. Il suo viso era pallido, le labbra leggermente schiuse e un cerotto bianco era posato sul lato sinistro destro della sua fronte. Sembrava così inerme,così fragile,mentre respirava grazie ad un tubicino che le era stato messo sotto il naso. Respirava lentamente,lasciando piccolissime bollicine d'aria al suo interno. Eppure rimaneva sempre bellissima. Era la ragazza più bella che avessi mai visto e,seppure ne avessi viste molte nel corso degli anni,nessuna era paragonabile a lei. Questa mattina avrei dovuta aiutarla con la casa o farle vedere la cittadina, ma il destino aveva scelto per noi.
"Povero tesoro" sussurrò mia madre afferando la sua mano destra,appoggiata accanto al suo fianco destro. Nell'altra vi era attaccato il tubicino che portava alla flebo attaccata all'asta,a mezzo metro da lei.
"Forse è stata tutta colpa mia,mamma.." dissi ricordando improvvisamente la scena un altra volta. Stava scappando perché sapeva di non dover essere lì,di stare origliando,aveva avuto paura ed era,molto probabilmente scappata nella parte sbagliata.
"Non dire così. Non è stata colpa tua. Non l'hai spinta tu,giù per le scale." mi rassicurò dolcemente.
"No,è vero. Ma è come se l'avessi fatto." dissi consapevole.
"Stavo parlando di lei con Manuel, poco dopo scattava il suo turno..ad un certo punto ho detto che dovevo andare e che l'avrei chiamata. Mentre mi sono alzato dalla sedia,mi sono avvicinato alla porta e ho sentito solo i suoi passi veloci correre via. Poco dopo il tonfo. Mi sento così in colpa,mamma." le raccontai dopo un attimo di silenzio.
"Non è stata colpa tua." mi ribaii decisa. "Doveva andare così." 
E mentre mi rassicurava come solo una madre può fare,l'infermiera ci informò che dovevamo uscire. La guardai per un ultima volta e poi,insieme a mia madre,aspettammo il suo risveglio in sala d'attesa.

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