Rivaille chiuse gli occhi. Provare ad addormentarsi era inutile, non ci sarebbe mai riuscito. Eppure, con la testa adagiata sul soffice e fresco cuscino, i pensieri si riordinavano meccanicamente. La prima cosa che realizzò, con minimo entusiasmo, fu la missione che avrebbe dovuto affrontare la mattina a seguirsi al di fuori delle mura. Non era spaventato, non provava nulla. Uscire all'esterno di quell'enorme ma soffocante prigione non poteva che permettergli di tirare un sospiro di sollievo, di tanto in tanto. Il dover, poi, uccidere quelle enormi bestie dalle sembianze umane non lo riguardava pienamente. All'inizio aveva provato un forte sentimento di vendetta nei loro confronti, ed esso lo spingeva a migliorare in modo sempre più completo le tecniche ed il corpo. Ora, però, non sapeva che farsene di tutto quel talento. Non provava terrore nell'attraversare il confine che lo divideva da quei mostri perché era a conoscenza del fatto che non sarebbe morto. Levi non temeva la morte, proprio per questo essa si faceva attendere e desiderare.
La lusingante figura attanagliava le caviglie delle giovani reclute, piene di speranza e progetti verso il futuro, trascinandole con forza verso il baratro. Alcuni resistevano, stringendo i denti. Altri, invece, venivano spazzati via dal doloroso respiro della morte.
Quanti amici aveva perso a causa di quelle creature?
I capelli gli solleticarono il lobo dell'orecchio, così si rigirò sbuffando. Si stropicciò gli occhi, aridi. Ciò che più lo preoccupava era Eren. Era stato affidato all'armata ricognitiva, proprio sotto la sua ala. Rivaille era l'unico a poter gestire il ragazzo, nel caso avesse perso il controllo. Inizialmente la cosa lo aveva infastidito, la sua vita "ordinaria" si era improvvisamente interrotta. In seguito, inizió a preoccuparsi seriamente per Eren. Rivaille sentiva gli occhi verdi ed innocenti del castano scrutarlo con ammirazione ed ogni qual volta che ciò accadeva Levi faceva un terribile sforzo per non fissare i suoi occhi in quelli di Eren e gridargli di non farlo, di non desiderare di diventare come lui.
Eren era meraviglioso. L'innocenza presente sul suo viso tradiva tutto ciò che aveva passato. Rivaille aveva passato tutta la sua vita, fin dall'inizio, nella disgrazia. Ad Eren, al contrario, era stato fatto assaporare un pezzetto di paradiso, per poi essergli stato strappato via dalle mani.
Quanta forza possedeva Eren in quel gracile corpo per riuscire a sollevare gli angoli delle labbra in un sorriso sincero?
Levi, in cuor suo, credeva di non possedere neppure la metà di tutte le emozioni provate dal ragazzo, per questo voleva renderle sue. Eren era la sua unica occasione per tornare a provare qualcosa, oltre al dolore.
Ma forse ciò che desiderava era unicamente Eren, il suo sorriso ed i suoi capelli spettinati prima della partenza verso un destino crudele.
"Non ho mai provato qualcosa di tanto forte per una persona" rivelò a sé stesso il moro.
Proteggere Eren equivaleva a proteggere sé stesso, a provare riguardo verso le proprie emozioni che finalmente ardevano di vita.*spazio autrice*
Alloooora, so che è cortissima e mi dispiace, ma la lunghezza è giusta così in questo caso.
È una ff piuttosto strana, lo so. Non ci sono neppure parti ereri così presenti ma mi sono impegnata davvero tanto a scriverla.
Volevo provare ad entrare nella testa di Rivaille, immaginare una sua ondata di pensieri in una sera prima di una qualche spedizione. E questo è ciò che ne è uscito.
Io spero davvero che vi piaccia!
*va a svegliare Rivaille*