cucina

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Passeggiava per le vie della citta, le persone la guardavano, al suo passaggio fiumi di di commenti inquinavano l'aria.
"Cosa guardano questi?" - pensò - la quiete del pomeriggio non poteva essere rovinata da pensieri vuoti.
Si trovò per caso in uno di quei quartieri il quale le avevano sempre sconsigliato la visita. Nonostante ciò, si rese conto di dove era finita, beh non aveva paura. Ha sempre creduto che i pregiudizi fossero solamente dei segni di acquerelli, basta un po' d'acqua per levarli via.
Il sole splendeva alto, c'era caldo, lei amava quella temperatura. Si sedette su un marciapiede, in fondo non era un luogo così bello, non c'erano molte piante, neanche particolari architetture, solo palazzine grigie e antiestetiche, non vi era nemmeno una persona per le strade, nessuno. Alcune delle palazzine diventavano vere e proprie tele, su cui artisti dipingevano con cilindri di alluminio, che con gesti mistici, magici ai suoi occhi, spruzzavano gemme di colore che si attaccavano al cemento, così come una pietra preziosa si incastona nell'anello giusto. Non credeva ai suoi occhi. Ciò che vedeva era sicuramente frutto della sua immaginazione spiccata eppure era così materiale, lì di fronte a lei, creature con il viso coperto, buffe a causa del loro abbigliamento, tenevano in mano i cilindri magici di alluminio e con un semplice tocco rendevano i muri del quartiere il paesaggio più bello che i suoi occhi avessero mai colto. Restò a guardare la metamorfosi di un luogo cupo e vile che per mezzo degli Artisti dei cilindri di alluminio divenne il suo luogo preferito. Ci tornò, non fece a meno di andare ad osservare le sfumature delle particelle di arcobaleno che tramite uno spruzzo, facevano l'amore con il cemento, il loro colore così acceso attratto dal grigio di quelle pareti così fredde. Solo gli Artisti, quelle creature misteriose, riuscivano a modificare il luogo in cui sono costretti a vivere adatto alla loro anima, se ne stavano lì tutto il giorno a spruzzare sensazioni sul cemento caldo. Eppure sono così vivi nonostante passino la loro vita tra quei gas e quel luogo grigiastro, si cibavano delle loro stesse emozioni che traevano dalle gemme fuoriuscite dai cilindri. Non si nutrivano d'altro. Non avevano professione. Non avevano casa. Solo quei cilindri di alluminio magici.
Non si lasciavano spaventare dall'apparenza del cemento, una tela così brutta di per sè non può ospitare un opera d'arte, eppure loro andavano oltre i loro occhi per spruzzare con il cuore. Le loro mani erano un tutt'uno con i cilindri, quasi come se le loro madri li avessero generati così. Odiati per la loro natura, il loro scopo era di rendere quel quartiere, grande, ove tutti prima o poi ci ritroviamo, un posto colmo d'arte. Arte pronta a rendere vive le anime che offrono i loro cuori ad essa, i loro occhi ai colori e la loro anima ai cilindri.

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