il ticchettio dell'orologio appeso al muro mi da ai nervi, è un pessimo compagno di stanza. Quando tornerò lo butterò o lo sistemerò in cantina.
Eva geme infastidita e si rigira nel letto come una pazza, la capisco quel letto è durissimo, è nuovo di zecca no ci ho mai dormito; ho sempre preferito stare sdraiato sul divano difronte al televisore da cinquanta pollici. adesso ho tutto ciò che io ho sempre sognato eppure mi sembra di non avere niente.
sento le molle del letto scricchiolare, Eva avrà rinunciato a dormire su quel ciocco di legno che mi ritrovo al posto di un letto. Sento i suoi passi lenti venire verso di me e ripenso alla scena di poco fa, non mi è mai capitato di vederla piangere, non cosi almeno. ricordo quando in prima liceo si lasciava cadere qualche lacrima per i brutti voti nei temi, diamine a quei tempi ero più emotivo, a vederla in quel modo già mi dispiaceva un casino; non sono mai stato troppo bravo a consolare qualcuno che piange, semplicemente perché, se volevo bene a quella persona, piangevo anche io. se l'avessi vista in queste condizioni sette anni fa avrei pianto anche io. ed una volta c'ero vicino.
questa ragazza mi ha sempre fatto uno strano effetto; dal primo giorno in cui l'ho vista nel cortile del liceo e poi seduta a pochi passi da me per cinque anni. Ricordo il nostro discorso di parecchi anni fa, uno dei migliori che abbiamo mai avuto: avevo trovato una piccola cascatina sul percorso di un piccolo ruscello in un parco fuori città, avevo deciso di portarcela, non avevo proprio una ragione valida ma insistetti tanto che dovette accettare; arrivati li parlammo un po' del più e del meno poi lei tirò fuori il discorso dei suoi pessimi voti in italiano:
"ti pare giusto che io debba prendere dei voti cosi orribili per ciò che scrivo? insomma tu hai letto ciò che scrivo e ti sembra cosi brutto?" disse, io scossi la testa. Avevo letto un sacco di cose che lei aveva scritto e scriveva davvero bene, solo che alla professoressa non piaceva quel genere di scrittura, io lo avevo capito e adattai il mio genere al suo. raccolsi le idee e parlai:
"il punto è che devi capire ogni cosa del suo gusto in fatto di scrittura, devi concentrarti sulla struttura del testo e scrivere di getto; quello che hai in testa va sul foglio e devi pensare solo a sistemarlo ma soprattutto mettere te stessa in ciò che scrivi, una picola parte di te va insieme all'inchiostro. non viene dal cervello ma dal cuore tu sei ciò che scrivi; devi arrivare a preferire il mondo di cui scrivi a quello che ti circonda e io so che ne sei capace, ho visto come scrivi" dissi, alla fine di quel discorso non avevo più fiato ma ne era valsa la pena; lei mi diede un abbraccio
"grazie"
"queste sono le parole di un futuro scrittore, non morirò senza aver visto la mia vita sotto forma di libro"
"mi metterai nel tuo libro?"
questi ricordi sono tutto ciò che mi resta, anche se in cantina ho ancora i miei e i suoi vecchi scritti.
"Leòn il tuo letto fa schifo" dice lei oltrepassandomi e andando verso la cucina. oh porca miseria. si è tolta i pantaloni, cazzo, oh mio dio. Ok manteniamo il controllo Leòn, il solo fatto che abbia un corpo fantastico non ti obbliga a guardarla.
"lo so non ho mai dormito su quel letto" dico io facendo finta di niente alzandomi dal divano e cercando qualcosa per distrarmi da lei.
"mi piace la tua maglietta, posso tenerla?" dice lei e mi giro a guardarla, indossa la mia maglia bianca della Vans e il mio sguardo ricade per poco più in basso e poi mi giro da un altra parte fingendo di cercare qualcosa
"certo puoi tenerla" dico in imbarazzo, il brutto di essere pallido è che si nota subito quando arrossisci. è ironico il fatto che io non abbia la maglia e che lei non abbia i pantaloni.
"pronta?" dico io mettendo le mie e le sue valigie vicino alla porta, il mio autista ci porterà in aeroporto. All'improvviso mi ricordo di una cosa fondamentale.
"ma hai il biglietto?" dico io andando verso di lei, si è già vestita con dei pantaloni della tuta neri e si è tenuta la mia maglia. si sta truccando difronte allo specchio del bagno, tipico.
"si ne ho preso uno prima di venire qua" dice.
dopo circa venti minuti lei e difronte alla porta insieme a me.
"ti va di fare una follia?" mi chiede lei con uno sguardo che non avevo mai visto sul suo viso e si morde il labbro inferiore.
"cosa?" dico io deglutendo rumorosamente
" partiamo senza il tuo autista, ti daranno per scomparso o roba simile" dice lei ridendo, mi pare una cazzata ma facciamolo.
" e perché no , non torniamo neanche in tempo per il prossimo raduno" dico io mentre metto le valigie nel bagagliaio. Mi lancio alla guida della mia auto, cazzo è la prima volta che la guido. spero solo di non rovinarla.
"ci sto" dice lei alzando il volume dell'autoradio. Sarà un viaggio fantastico. premo l'acceleratore e mi dirigo all'aeroporto.
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ti ho amato in silenzio (Cuori Confusi)||S||
RomanceLeon Gray al secondo anno di università diventa scrittore di best seller al livello internazionale; ma qualcuno lo porterà a scappare dalla bellezza di quella quotidianità idilliaca . Heisel Harrison: bella, difficile, pronta a scappare alla prima d...