Pauline

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- Tez!

La vide arrivare verso di se, sorridendo. Non c'era più alcuna traccia dello sguardo rancoroso, furente, con cui l'aveva fissato l'ultima volta che si erano visti.

Sembrava allegra, raggiante. Forse addirittura un pochino più in carne del solito.

Rackham si alzò in piedi di scatto, pregando non fosse soltanto un sogno.

Aveva passato nove giorni rintanato sotto il salice, avvolto nella giacca grigia. Non si era nemmeno reso conto che il cielo aveva cambiato colore ed era tornato bianco.

- Tez dove sei stata? Perché mi hai lasciato solo tutto questo tempo?

In tutta risposta, la ragazza si gettò tra braccia del compagno, ridendo, incurante del tono brusco e della sua espressione preoccupata.

- Credevo di averti persa – sussurrò Rackham, trattenendo a stento le lacrime - Credevo ti fossi stancata di me.

- Guarda! – strillò lei con entusiasmo, mostrandogli una bambola di pezza tanto realistica da far quasi impressione.

- Prendila, Rack! Prendila in braccio! – insistette, ignorando lo sbigottimento dell'altro – Forza, prendila!

Rackham aggrottò la fronte confuso. Non ricordava che Tez fosse una patita di bambole, ma, memore di quanto era accaduto alcuni giorni prima, evitò di fare domande.

Serrò le mani attorno alla vita del giocattolo, affondando le dita nelle morbide pieghe del vestitino a quadri.

- Gli occhi della bambola sono grandi come i tuoi, Tez - notò - Anche se il colore dell'iride ricorda quello dei miei.

Il volto paffuto della bambola, incorniciato da una massa lanosa di capelli scuri, sembrò sorridere, accogliendo volentieri le somiglianze da lui menzionate.

- Si chiama Pauline – lo informò Tez, raggiante – Non è bellissima? Guarda, ha molto di noi: i tuoi capelli, il mio sguardo, il tuoi occhi, il mio pallore... ha anche il mio sorriso, ma sono sicura che se aprisse la bocca avrebbe i denti come i tuoi...

- Hai ragione – concordò Rackham sorridendo – E giocherà anche lei al Gioco delle Maschere?

La ragazza sembrò rifletterci un attimo su, poi scosse la testa con vigore, giocherellando distrattamente con i capelli della bambola: - No, è troppo piccola. Ma quando crescerà glielo insegneremo.

- Certo.

Tez fece per aggiungere qualcos'altro, ma poi aggrottò la fronte, osservando il compagno in modo strano: - Quella giacca è nuova?

- No – risponde lui, sfiorando uno dei bottoni con l'indice – Non la usavo da tempo...

- Me la fai provare?

Un misterioso brivido corse lungo la schiena del giovane, mentre si sfilava l'indumento per consegnarlo nelle mani pallide della compagna.

La giacca era decisamente troppo grande, ma Tez sorrideva lo stesso, pavoneggiandosi e facendo giravolte attorno al grande salice. Sembrava che su di lei quel grigio lavoro di sartoria provocasse la stessa sensazione di pace e benessere che aveva pervaso Rackham durante i freddi giorni di pioggia.

Il ragazzo la osservò a lungo, la spalla poggiata contro il tronco del grande salice.

Non seppe mai spiegarsi il motivo di quello strano senso di colpa che cresceva ad ogni giravolta della ragazza.


***

Rackham non aveva avuto il coraggio di chiedere a Tez di restituirgli la giacca il pomeriggio successivo, nonostante il senso di colpa fosse divenuto ormai insostenibile.

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