||Don't Worry About Me||

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Daniel's POV
29/05/2008, Manhattan, Stato di New York

La monotonia stanca,sempre. Ogni mattina, verso le cinque, ricevi la solita chiamata per qualche incidente, omicidio o rapina, e se non rispondi, il tuo telefono continuerà a squillare fino a rendere fastidioso il suo trillare.
«incidente in periferia. Scontro frontale tra due auto. Due vittime».

Ogni Giornata iniziava così da ormai tre anni. E ogni mattina, da tre anni, mi alzavo con la consapevolezza che non ci sarebbe stato mai un inizio giornata diverso. Ogni giorno era talmente monotono che restare a dormire era una voglia molto lontana oramai.

Non facevo mai colazione a casa. Quella scatola in cui vivo non mi dava la voglia e la forza di continuare le mie giornate e il mio lavoro per il fatto che era troppo piccola e troppo silenziosa per me. Ero cresciuto in una famiglia molto vivace: ogni giorno era diverso dagli altri, i miei genitori trovavano sempre qualche lavoretto per me; niente di così speciale, ma comunque riuscivo a mettere da parte qualche soldo. Passare dall'allegria della vita di campagna in Kansas alla monotonia e alla noia di New York non era stata una passeggiata. L'unica cosa che mi piaceva di quella monotonia era il piccolo bar sotto casa. L'unica persona con cui sentivo di poter parlare senza vergognarmi o intimorirmi era il proprietario di quel bar. Ogni mattina, non appena mi vedeva varcare la soglia, cominciava a preparare il mio decaffeinato. Kevin era l'unica persona 'semplice' che avessi incontrato fino a quel momento a Manhattan ed è stato l'unico che mi ha aiutato in quegli anni.

[...]

Sulla scena del delitto...

Mi meraviglia nel non trovare giornalisti. Di solito era sempre pronti, con le loro telecamere, le loro domande e la loro insistenza, a scovare notizie per i loro articoli. Non seppi darmi una spiegazione. Mostrai il mio distintivo e superai quelle fasce gialle che delineavano la scena, ossia: due auto,una difronte all'altra, in pessime condizioni; entrambe custodivano i corpi senza vita delle vittime.

Fin qui tutto bene. Ma la giornata, appena iniziata, mi dava come prima brutta notizia la presenza del mio rivale Colin Crown. Non siamo mai stati ottimi amici: era da un anno che entrambi ambivano ad una promozione che (per quanto mi riguardasse) potevi permettermi di evadere da quel buco desolato che chiamavo 'casa' e mi avrebbe permesso di trasferirmi a Seattle. A Colin non so cosa servisse quella promozione, visto che era messo meglio di me: casa in centro, feste ogni sera, donne ogni sera e un padre che gli dava soldi a palate ogni mese.

Ci salutammo entrambi con un cenno di capo e passammo subito all'incidente.

"Cosa sappiamo?"dissi sospirando rivolgendomi a lui mentre ponevo le mie mani sui fianchi.

"Ragazza, 17 anni. Con se aveva molti oggetti personali. Nella borsa abbiamo trovato il suo cellulare, soldi e delle lettere. E nel portabagagli una valigia piena di vestiti e un biglietto aereo per Miami. Abbiamo trovato anche dei documenti per quanto riguarda l'affidamento di un minore, ma non abbiamo trovato niente sulla sua identità. L'altra vittima, una donna di 43 anni. Si chiamava Cassandra Colleman. Non aveva molto con se in borsa, eccetto il cellulare, portafoglio e chiavi di casa. Lavorava alla scientifica, ogni tanto mi è capitato di incrociarla.  
Il medico legale ha detto che entrambe sono morte sul colpo" mi informò mentre il mio sguardo era rivolto verso quelle sue auto, ormai andate in frantumi. Una schiacciata contro l'altra. Pezzi di vetro erano sparpagliati sull'asfalto consumato, e i due corpi coperti da lenzuoli bianchi si mescolavano con in quello scenario di morte.

''Altro?"chiesi non riuscendo a distogliere lo sguardo da quelle due auto

"Il medico legale ha detto che non erano sotto effetto di stupefacenti o ubriache"aggiunge
Ci su un attimo di silenzio. Altre parole sarebbero state futili.

"Tu cosa pensi?"domandò 

Sentivo i suoi occhi su di me. Cercava di studiare il mio volto. Tipico di Colin. Cosa avrei dovuto pensare?  Non ero stato io il protagonista di quel disastro. Ma ogni volta che si trattava di incidenti stradali, il mio pensiero andava a mio padre e mia sorella, anche loro vittime di un incidente stradale. Odiavo ricordare quel giorno, dove poliziotti freddi come ghiaccio ci comunicarono la notizia. Nella mia testa erano impressi gli occhi lucidi di mia madre, il funerale, le notti passate a bere per dimenticare. La cosa era durata pochi giorni, almeno per mia madre che dopo l'accaduto divenne più forte, ma non lo era abbastanza da farmi forza.

"Non lo so! E non voglio immaginarlo!"mi limitai a rispondere 

Due donne. Una ragazzina con tutta la vita davanti, è una donna che molto probabilmente aveva una famiglia che l'amava. Un marito che l'aspettava per cena, e dei figli che volevano rivederla e giocare con lei.

[più tardi]

Il caso mi aveva occupato per tutta la mattinata e mi aveva costretto a stare con Colin. Non riuscivo a farmelo simpatico. Prima di pranzo il medico legale ci aveva convocati nel laboratorio, dopo l'autopsia. Speravo desse altre informazioni e non cose che già sapevo. 

Fui colto da un ondata di freddo appena arrivai nel laboratorio del medico legale. 

"Andrò subito al dunque"disse non appena ci vide

"Ciao anche a te!"formulai ironicamente nella mia testa silenziosa

"Nessuna delle due vittime era ubriaca o sotto effetto di stupefacenti. Come avevo previsto. Non vi so dire quale sia stata la causa dell'incidente, potrei supporre un colpo di sonno da parte di una delle due o di entrambe." disse mentre si toglieva i guanti

"Volete vedere i corpi?" chiese passando gli occhi da me a Colin e viceversa

Fu il mio rivale a proporsi, volendo vedere Cassandra. 

Mentre erano impegnati su di lei, non potetti resistere nello scoprire l'altra ragazza. Il cadavere, ispezionato, era di fronte a me. Scoprì il lenzuolo. Era davvero bella. Sembrava stesse dormendo. La pelle pallida e le labbra avevano perso il proprio rossore. I capelli erano di un rosso sbiadito. 

"Come si chiama la ragazza?"domandai rivolgendomi al medico legale

"Non siamo ancora riusciti a identificarla. Ma oggi ci sono state quattro denunce. Una di queste riguarderà sicuramente lei."disse

Pensai subito al fatto che avrei dovuto avvisare le due famiglie.

Era devastante essere messaggero di brutte notizie. Purtroppo era la prassi.

[...]

"Scusi?" una voce attirò la mia attenzione nel momento stesso in cui la porta del mio ufficio venne aperta dal sottoscritto. La giornata era stata pesante e l'ultima cosa che volevo fare era parlare con qualcuno.

Mi voltai e Incrociai gli occhi di una ragazza, colei che mi aveva chiamato. Gli occhi verdi mi avevano subito impressionato. Restai a fissarli a lungo tanto da non essermi reso conto che sventolava la sua mano davanti ai miei occhi. 

"Mi dica..."mi ripresi dal mio stato di trance

"Dovrei fare una denuncia. Mi hanno detto di parlare con lei"disse con un tono preoccupato

"Certo. Ehm... entriamo nel mio ufficio"

Letters #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora