È giusto sterminare piccioni per tre gradi kelvin?

109 12 6
                                    


Il professore di scienze era abbastanza giovane, aveva una testa di riccioli scuri e gli occhi chiari, il fisico snello e una voce calda e avvolgente. Stava appoggiato alla cattedra con le braccia conserte, il volto rilassato e le maniche della camicia arrotolate. Il sole di marzo lo illuminava e Serena, in prima fila, deve ammettere che sembra un dio greco e poggia la testa sui palmi delle mani per ascoltare cos'ha di interessante da dire. È sua abitudine infatti raccontare un aneddoto agli studenti quando non ha più nulla di ordinario da spiegare. Solo Serena e pochi altri ragazzi però lo trovano un momento interessante: molti finiscono per prepararsi alla ricreazione, quel piccolo momento di falsa e limitata libertà tra una lezione e l'altra.

"Secondo voi" esordisce l'insegnante "è giusto sterminare dei piccioni per tre gradi kelvin?".

La domanda lascia tutti perplessi, anche quelli che avevano già posizionato sul banco il loro panino al salame o le monetine tintinnanti con cui avrebbero giochicchiato facendo la fila per un caffè.

Alberto, in terza fila, vicino alla finestra, ama leggere libri di fantascienza, adora Isaac Asimov e la sua materia preferita è, ovviamente, scienze. Segue sempre con diligenza le lezioni ma ha un'immaginazione così fervida che spesso le parole pronunciate dal professore lo fanno immergere in mondi tutti suoi. Infatti in questo momento nella sua mente, che lavora veloce, scorrono frammenti di piccioni, astronavi e gradi kelvin.

‹‹Fa un freddo glaciale.

Non so se glaciale è la parola giusta.

Fa un freddo siderale.

Già meglio.

"Quanti gradi ci sono qui, esattamente?" mi chiede il giovane assistente all'interno della tuta termica che lo fa sembrare un palombaro.

"120 gradi" dico fiero. Voglio mostrarmi un veterano, uno che in queste situazioni sa cosa fare. E in effetti questo era ciò che ho dimostrato a quelli del comitato che mi ha scelto. Solo due selezionati, tra oltre cinquemila candidati. Io e questo tipetto. La pratica e la teoria più moderna. Il passato e il presente, insieme al freddo.

Il ragazzo mi guarda dubbioso.

"Wilson, idiota, non sai che si misura tutto in kelvin su questa nave? Da dove ti hanno pescato, da un sacchetto di patatine? Cielo, come si fa rimanere alle misurazioni in Celsius con una laurea in astrofisica?".

Il giovanotto ammutolisce. Non si merita tutte queste sgridate, ma nemmeno io quando ero giovane allora, però ne ho prese lo stesso. Alla fine succede in tutti i mestieri, no? I più piccoli e inesperti sono sempre presi di mira e così da grandi si prenderanno gioco a loro volta dei loro allievi, che di nuovo sfogheranno le loro frustrazioni sui loro allievi e così via.

Mi mancano le patatine fritte, così unticce e caloriche. Chi me l'ha fatto fare? Partire in esplorazione su un pianeta così distante, rinunciando al mio divano, ai miei salatini pieni di grassi, alla mia birra, per stare con un ragazzo appena laureato senza neanche un po' di esperienza pratica, per dei miseri milioni di euro. Chi me l'ha fatto fare? Quando ho accettato il posto probabilmente ero ubriaco.

"Sono 54 gradi Kelvin, signore".

Grugnisco.

"Accendi il sistema di riscaldamento".

Ci pensa un po' ma poi obbedisce, uscendo dalla saletta di comando centrale.

Il mio stomaco brontola: ho fame, ma non ho intenzione di nutrirmi anche oggi con quello schifo di cibo liofilizzato. Sa di cartone. Dio, sto parlando come una matricola. Com'ero eccitato la prima volta che mi sono lanciato in orbita. Sembrava tutto perfetto, tranne il cibo. Sapeva di cartone. E adesso? È tutto noioso e scontato: le stelle dopo un po' perdono il loro fascino, la navicella diventa una prigione troppo stretta, i compagni di avventura ripetitivi. Mai che succeda qualcosa di interessante! E il cibo sa ancora di cartone – evidentemente nessuno ha avuto la brillante idea di assumere uno chef. Mi toccherà mangiarlo anche oggi.

Racconti smarritiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora