Capitolo 3

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Capitolo 3

Avete presente la sensazione di avere il cuore in gola? Di aver fatto qualcosa di sbagliato e di essere quasi scoperti?

Avete presente quando tutto rallenta e l’unica cosa che senti è il battito del tuo cuore?

Avete presente quando ti senti morire perché la parte più intima di te stesso viene scoperta?

Perché tutto in un secondo può cambiare.

Mi sentii così quando aprii gli occhi.

«Cosa stai facendo?!» esclamai alzandomi di botto dal letto facendomi venire un terribile mal di testa. Probabilmente lo avevo già da prima e rendermene conto in quel modo peggiorò solo la situazione. Mi premetti le mani sulla testa, ero sicuro che fosse colpa della sbronza ed iniziavo ad avere anche le vertigini. Dianna era china a fianco a me dove c’era il mio diario segreto aperto.

Merda.

Merda, decisamente merda.

«Stenditi o inizierai a star male davvero» disse lei con dolcezza accarezzandomi i capelli. Mi trasmetteva tranquillità con quei suoi occhi profondo come l’oceano.

Stavo sognando.

Stavo decisamente sognando.

«Tranquillo Harry, lo stavo solo mettendo via» continuò abbassando lo sguardo e chiudendo il diario, mettendolo nel cassetto. L’avevo forse ferita in qualche modo?

«Eri ubriaco marcio ieri, eh?» si sedette a fianco a me mentre io ero ancora sotto uno stato di confusione. Feci segno di sdraiarsi accanto e lei lo fece senza battere ciglio.

Aveva letto il mio diario?

Non era un sogno?

Come faceva sapere della mia sbronza?

Dio che mal di testa.

«Sai, ieri sera, o meglio, questa mattina all’alba mi hanno chiamato i tuoi vicini» parlava come si fa solitamente con un bambino piccolo, con dolcezza e con calma. «Ti hanno sentito urlare cose senza senso e si sono preoccupati. Ad essere sincera lo ero anch’io dopo la loro chiamata. Sono entrata con le chiavi e ho aspettato che ti svegliassi. Spero sia importante perché sto perdendo due ore di letteratura inglese e una di Shakespeare e tu sai quanto lo ami» continuò mentre mi accarezzava i capelli.

Io l’avevo detto che era un angelo.

«Hai viaggiato alle quattro di mattina per venire qui? Dianna, ero soltanto ubriaco…» sussurrai tenendo gli occhi socchiusi. Il suo respiro era così impercettibile.

«Harry, non reggo più questo gioco. Parlami.» ora era seria, dannatamente seria. Aveva la voce ferma, esigeva delle spiegazioni.

Silenzio.

«Non smettere di accarezzarmi i capelli, mi rilassa» piagnucolai avvicinando il mio viso a quello di lei. Ancora pochi centimetri e l’avrei baciata.

L’avrei fatta mia.

Per sempre.

Dannazione.

Dannata lei e l’amore.

«Mi mancavi, tutto qui. Ho alzato un po’ di più il gomito perché ho avuto una brutta sfuriata con i manager, okay?» mentii guardandola negli occhi. C’ero riuscito, contro ogni probabilità ero riuscito a mentirle.

Un verme, ecco cos’ero.

«Ora dormi» concluse lei dandomi un bacio sulla fronte.

Impazzii. Forse era per il suo profumo oppure la situazione in sé, ma diedi di matto. Era un istinto primitivo, un bisogno, un’ inspiegabile necessità.

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