Capitolo 1

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I miei non sono mai stati ricchi. Non avevano un motivo preciso per esserlo. A volte era per mio padre che si ubriacava troppo e scommetteva anche i suoi organi nel gioco d'azzardo, altre volte era mia madre che non veniva pagata per i suoi servizi. Eravamo pieni di debiti. Dovevamo una somma pari al costo di una nuova casa. Non saremmo mai riusciti a disfarcene di quei debiti. Io, dal mio canto, lavoravo in un bar, l'unico posto in cui uno come me è stato accettato. Mamma tornava a casa alle nove di sera, stanca e con la camminata di chi ha lavorato troppo in un campo come il suo. Papà lo accettava senza discutere, lo doveva fare. Era colpa sua se lei si riduceva a farlo con completi estranei. Io non la capivo. Non capivo come potesse accettare una situazione simile. Non lo concepivo. Finché non sono stato costretto ad accettarlo. Finché non sono stato costretto a provarlo sulla mia pelle.

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Sto camminando di nuovo verso casa, dopo una lunga giornata di scuola. È difficile andarci quando sai di avere debiti anche con questa, ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Lì nessuno mi parla, tranne Baek Hyun e Chan Yeol. Loro sono gli unici a degnarmi di una parola. Ormai li posso chiamare amici, anche se nel mio canto è difficile dirlo. Baek Hyun viene a scuola con me, mentre Chan Yeol, dato che è di famiglia ricca, va in un'altra. Ma a volte ci incontriamo e mi riesco a sentire quasi un ragazzo normale.
-Avanti, Lu Han!!! Tirati su di morale!-mi diceva sempre Chan Yeol quando mi vedeva triste-A diciott'anni te ne vai e addio mammina e papino alcolizzato!-continuava cercando di farmi sorridere.
In effetti è proprio così. Un altro anno e posso andarmene da quella casa e vivere felice e senza la paura che uno dei debitori ti voglia uccidere. Ecco come vivo. Una persona che sopravvive alla pazienza di gente a cui hai mangiato una marea di denaro. Arrivai davanti a casa mia. Quella casa era come me, uno schifo sia fuori che dentro, distrutta da anni e anni di disinteresse. Piena di rifiuti, con la paura che da un momento all'altro ti crolli addosso qualcosa. Faccio per suonare al campanello, quando mi do dell'idiota da solo. Da quando noi abbiamo un campanello? È già tanto se abbiamo una porta. Ed è pure rotta. Infatti, non ha neanche la serratura.
-I ladri sono più ricchi di noi-dice sempre mio padre quando glielo faccio notare, poi ride e si scola nuovamente una lattina di birra scaduta dal gennaio dell'anno prima.
La apro e mi ritrovo la solita stanza con dentro una cucina che fa schifo anche alle blatte, infatti non ne abbiamo mai avute. Per cucina, a casa mia, si intende un tavolo di legno che si tiene su solo grazie a del nastro adesivo e un fornello da campeggio. Dio...quanto fa schifo la mia vita.
-Mamma! Papà! Sono a casa!-urlo mentre appoggio lo zaino per terra.
Beh, zaino...ora non esageriamo. È una sacca con delle pezze a ricoprirla tutta, ma dettagli. Li vedo uscire dalla loro camera da letto. Hanno gli occhi tristi. E sono seri. Fin troppo seri. È successo qualcosa. Anche perché si stanno tenendo per mano, cosa che non gli ho mai visto fare.
-Tesoro...siediti. Dobbiamo parlarti.-mi ordina mio padre.
Mi avvicino titubante e mi siedo per terra, come ogni sacrosanto giorno. Il tavolo, per fortuna, è stato tagliato e noi mangiamo praticamente come i giapponesi. Li vedo guardarsi e noto che mamma ha gli occhi lucidi. Mi ricorda tanto quella volta che mi hanno portato in Corea perché in Cina avevano troppi debiti, solo che questa situazione sembra peggiore. Inizia a salirmi il panico. Il papà la aiuta a sedersi e poi si accomoda affianco a lei. Dopo vari minuti di silenzio, decidono di parlare.
-Tesoro-inizia mamma-Lo sai che noi ti vogliamo bene, vero?-
-Ehm...devo rispondere?-commento cercando di sdrammatizzare.
Lei scoppia subito a piangere ed io inizio a sentirmi davvero in colpa. Oddio...forse non dovevo fare una battuta simile.
-Scusa, mamma! Intendevo che...-cerco di parlare per farla smettere di piangere, ma papà mi blocca.
-Sai che siamo pieni di debiti, non è vero?-annuisco non molto convinto sul dove vuole andare a parare-Un nostro debitore ci ha contattati e vuole che tu vada a casa di suo figlio, vuole che tu sia il suo...-non riesce a continuare, la voce rotta dal senso di colpa-...vuole che tu sia il suo giocattolo. In questo modo ci darà anche dei soldi per gli altri debiti-finisce con la mamma che inizia a piangere ancora più forte.
Guardo a terra assente. Non ha senso. Tutto questo non ha un cazzo di senso. Il suo giocattolo? Perché dovrei farlo?! Perché?! Io non voglio vivere con lui! Non voglio essere venduto come una merce! Io non sono in vendita, cazzo! Mi alzo piano e, a passo lento e sconnesso, entro in camera mia, in silenzio. Afferro il telefono con le lacrime agli occhi. Non posso. Non voglio. Io non sono gay, non posso fare ciò che fa mia madre con un uomo! Non sono una fottuttissima prostituta! Chiamo l'unico numero che mi viene in mente. L'unico che potrebbe aiutarmi davvero.

Only fools  [HunHan]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora