Capitolo 1

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Ce la potrò fare? La domanda che da anni mi perseguita. In tutta la mia vita non sono mai riuscita ad essere felice in un breve d'arco di tempo continuo. Puntualmente qualcosa di brutto accadeva, e il terreno mi accoglieva pronto, pronto a sostenere una caduta. Il mio angoletto buio mi aspetta ogni notte. E mio fratello tutta la vita. Nella mia breve vita ho affrontato cose inimmaginabili. Mio padre è morto quando avevo sette anni. Mia madre è stata obbligata ad abbandonarci. Mio padre non voleva che lei ci crescesse. Quell'uomo non ci voleva bene, ne a me, ne a mio fratello, e di certo non amava mia madre. Quando però anche lui ci lasciò restammo soli, non potevamo contare su niente e nessuno tranne una persona. Nostro nonno. È solo grazie a lui che ora siamo diventati  quello che siamo. Ci ha cresciuti come fossimo diamanti preziosi. Mi ha salvato la vita e non potrei mai ringraziarlo abbastanza. Viviamo in un piccolo quartiere malfamato di New York, la grande mela. Conosco questo posto come il palmo della mia mano. Passavano giorni interi ad osservarlo in ogni suo piccolo particolare. Ogni due metri trovi una nuova emozione, nuovi colori buttati accuratamente su di una parete.

"Elisabeth!" una voce maschile mi distoglie dai miei pensieri e lo scuotere la mia spalla sinistra con la sua mano mi fa allontanare provocandomi leggeri brividi, al ricordo di quegli anni. Alzo lo sguardo dal pavimento con la paura costante di incontrare quegli occhi tanto scuri come i miei. Pochi secondi dopo mi accorgo che è semplicemente mio fratello.
"Ei Nathan." Rispondo con la più calma che ho in corpo. "So cosa è successo pochi secondi fa, puoi parlarmene, lo sai." "Tranquillo, non serve..." mento. "Sai che con me non puoi dire cazzate sorellina" "Comunque ero venuto a dirti se sta sera ti andava ti uscire, non esci mai, solo per andare a scuola o in biblioteca. Ci saranno un po' di miei amici fidati." "Oh si, fidati." Rispondo con tono ironico. Accenna ad una risata e aggiunge "Ti aspetto tra 20 minuti in sala, copriti che è freddo!" Mi dice lasciandomi un bacio fuggente sulla guancia sinistra.

Mio fratello è davvero una persona importante. È l'uomo della mia vita, è l'unico che mi ha fatta sentire una donna, l'unico che con le sole parole, è riuscito a farmi sentire pura, nonostante le numerose violenze di quell'uomo. Raramente parlo di lui come un padre, perché l'unica cosa vera che ha fatto da "padre" è stata donare alcuni spermatozoi, e forse era meglio se fosse stato buono. Nathan è l'unico con il quale sto bene. Mi sento sempre in più, e per quanto ci provi con gli altri, solo con lui so essere me stessa.

Con i miei soliti jeans strappati e una solita maglietta nera, di mio fratello, mi dirigo in bagno, per darmi una lavata alla faccia. Giusto per rendermi un poco presentabile. Mi fermo davanti allo specchio e non posso fare a meno di notare le cicatrici ancora evidenti. Quel bastardo ha fatto di me uno scarico. I capelli scuri ricadono lisci sui miei fianchi. Sono piuttosto lunghi ma non ho ne l'intenzione ne la voglia di tagliarli. I miei occhi azzuri, non riescono più a splendere. Da piccola tutti mi dicevano che facevano di me un vero faro. Ora sono dei semplici cerchi di un celeste vetrato, freddo ed impassibile.

Con tutta la forza che ho convinco i miei occhi a distogliere lo sguardo dallo specchio, per evitare le lacrime, alla vista del mio fallimento, almeno questa volta. Con l'acqua gelata mando via tutti questi pensieri e subito mi rilasso un poco. Torno in salone dove trovo il mio cappotto blu. Lo indosso e aspetto che mio fratello esca dalla camera. Qui abitavamo da soli, ma nostro nonno, riusciva a pagarci il minimo indispensabile. Frequento l'ultimo anno di superiori, ciò significa che dall'anno prossimo sia io che mio fratello avremo la possibilità di andate ad abitare nel college. Lui lo frequenta di già, ma è rimasto qui per non lasciarmi da sola.

"Forza andiamo." La sua voce mi distoglie dai pensieri. "Si certo" dico distrattamente chiudendo la porta a chiave.

Le strade sono vuote e buie. Strano, di solito, è sempre abbastanza pieno di vita a quest'ora. Ma meglio così.

Vedo un gruppo di ragazzi, accanto ad un muretto. Alcuni stanno fumando, altri stanno ballando, e altri due vanno su di uni skateboard. Molto probabilmente sono loro gli amici di mio fratello. Ci sono anche due ragazze, una di loro ha dei capelli che sembrano un semaforo, sono di un fuxia acceso che si riconoscerebbe anche a 10 metri di distanza.

"We Rush" dice uno di loro accenando con la testa verso mio fratello. "Bella" risponde lui ricambiando il cenno. Appena avvicinati di un altro metro tutti spostano lo sguardo su di me.

"Ho portato mia sorella, spero non vi dispiacaccia." Dice Nathan avvicinandosi ad una delle due ragazze.
"No, affatto" dice uno di loro squadrandomi dalla testa ai piedi, cosa che fecero quasi tutti gli altri, e che per altro mi diede molto fastidio.

Un ragazzo dai capelli neri come la pece e gli occhi azzuri come il mare mi si avvicinò. "Piacere, mi chiamo Nash, Nash Grier." "Piacere, Elisabeth." Rispondo stringendogli la mano che poco prima mi aveva porso. Si voltò e indicò un ragazzo, particolare oserei dire. Capelli rossi e due occhi che si confondono con l'oscuro paesaggio. "Lui è Rube" "Ciao" mi disse quest'ultimo, senza muoversi. "Ciao" risposi accennando un sorriso. Uno ad uno poi si presentarono. C'era Steven, piuttosto basso e biondo. Aiden, alto, capelli scuri, che arrivavano fino alle spalle. Chaz, anche lui moro con gli occhi azzurri. Zed, molto alto, capelli marroni con meshes bionde e una voce polto profonda. E infine Evan. Mi aveva attratta da subito. Era sempre rimasto in silenzio, infatti me lo aveva presentato Nash. Aveva due occhi marroni, profondi come un buco nero, li ho notati subito, e dei soffici, o almeno così sembravano capelli biondi, piuttosto lunghi. Era un bel ragazzo, e soprattutto misterioso, e fu quello che mi attirò più di tutto.

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