22. Anno nuovo

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«Hai la faccia gonfia.» affermò Tony guardando divertito Xavier.
«No! Davvero? Non me n'ero accorto!» esclamò sarcastico il ragazzo alzando gli occhi al cielo.
«La tua faccia è una Pluffa» intervenne Lance portandoci alcune scatole di fiammiferi. «Come sono metaforico.» aggiunse notando le sopracciglia alzate dei due ragazzi che lo fissavano straniti.
«Cos'è una Pluffa?» chiesi raggiungendo i ragazzi portando l'orologio del salotto.
Quella notte l'aria era gelida e non avevamo nemmeno acceso le stufe e il falò per poter veder meglio le stelle filanti o i fuochi d'artificio.
«Cosa? Non lo sai?» esclamò Lance con finto stupore di disappunto.
«È una palla del Quidditch, non puoi non conoscere il Quidditch!» esclamò.
«Mmm, ne ho una vaga idea... È quel gioco di Harry Potter?» chiesi scavando nelle riserve della mia memoria.
«Bingo! Allora non sei così mal informata come credevo!» disse tutto contento.
«Ma sarà sicuro fare i fuochi d'artificio qui? Cioè, non rischiamo di incendiare la foresta?» esclamò ad un tratto Frannie strofinandosi le mani non appena posizionò i primi fuochi da accendere.
«Quando sei un riccone come Xavier Bellson, non ti devi preoccupare di nulla! Probabilmente se appiccassimo fuoco per sbaglio, nel giro di due secondi arriverebbero dei pompieri dal cielo, grazie ad una sua pronta chiamata.» le rispose Tyler.
Frannie non fu per niente tranquillizzata.

Quando i preparativi furono terminati ci sedemmo tutti quanti attorno al falò spento con le stelle filanti in mano a ridacchiare e chiacchierare, in attesa dell'ora tanto attesa.
«Manca ancora un'ora a mezzanotte, sfruttiamolo per confessare qualcosa che non abbiamo mai detto a nessuno.» propose allegramente Frannie.
«Perché lo dovremmo fare?» chiese Hebe contrariata.
«Perché sarà divertente! Confessarsi l'ultimo dell'anno! È simbolico! Dai ragazzi!» insistette la ragazza.
Alcuni sospirarono, altri sbuffarono e pochi annuirono. Strano, sembravano tutti più arrendevoli quel giorno.
«Inizio io. Mi chiamo Frannie Pierce e il mio primo bacio è stato quando avevo undici anni, in un bagno chimico con un ragazzino che avevo conosciuto al mare.» rivelò. «Ha fatto schifo, ma è stato indimenticabile.» disse facendo ridere tutti. «Il prossimo è Matthew!» disse la ragazza puntando l'indice verso il ragazzo.
Lui sospirò e ci pensò sù.
«Ho una cotta per una ragazza.» disse stupendo tutti.
«Cosa? Tutto qui?» chiese Xavier scandalizzato. «E non me l'hai mai detto?» continuò contrariato.
Frannie era rimasta senza parole e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Come ha potuto sganciare una bomba in quel modo?
«Zitto, Bellson. Tocca a te.» disse impassibile Matthew.
Xavier si schiarì la gola.
«Possiedo un pigiama tutto pieno di palle da basket con il cappuccio a forma di cagnolino.» rivelò. I ragazzi dell'Accademia dell'arte e Hebe scoppiarono a ridere.
«Questo lo sanno tutti» rivelò Tyler divertito.
«Cosa? Com'è possibile?» esclamò Xavier sconvolto.
«Una volta l'ho trovato in una delle lavatrici della lavanderia e Hellman mi aveva detto che era tuo.» rivelò Cammie. «Poi Hebe mi ha convinta a sfoggiarlo a tutti per poi rimetterlo dov'era. E tu non ti sei accorto di nulla.» rise.
«Maledetti! Per questo mi ridevano tutti dietro!» esclamò balzando in piedi.
«Suvvia, Bellson, non ti scaldare tanto. Comunque sia non vale quello che hai detto, dato che lo sapevano tutti.» disse Wren divertita.
Xavier ritornò a sedersi. Ci pensò sù.
«Non ho mai avuto una vera ragazza.» disse ad un tratto.
«Anche questo si sapeva, le tue sono sempre state solo avventure.» ridacchiò Hebe. «Quanto sei noioso, Bellson.» aggiunse incrociando le gambe con sguardo di sufficienza e un ghigno sul volto.
A quel punto comparve un ghigno sul volto del ragazzo e disse:« Sono stato la prima volta di Hebe Daniels.»
L'amica al mio fianco balzò in piedi e saltò addosso al ragazzo, buttandolo giù dal suo tronco e stringendogli le dita attorno al collo.
Cacciai uno strillo mentre Lance e Gryf si precipitavano verso di loro per fermarla e staccarla dal ragazzo a forza. Tyler si affrettò a tirar sù l'amico.
«È così che ripagate chi vi ospita per le vacanze? Con un calcio in faccia e un tentato omicidio?» chiese tossendo e massaggiandosi il torace.
«Sei un bastardo!» esclamò Hebe.
«Quindi è vero?» chiesi stupita.
Hebe mi guardò ad occhi sgranati.
«No!» esclamò arrossendo.
«No?» chiese Lance inarcando un sopracciglio, anche se sembrava parecchio divertito.
Tutti gli occhi erano puntati sulla ragazza che si scrollò di dosso la presa dei due ragazzi che l'avevano fermata.
Hebe strinse le labbra e tornò a sedersi.
«Sì, ma non me lo ricordo.» affermò stizzita senza guardare nessuno.
Ero sorpresa e incuriosita da quella rivelazione, ma cercai di soffocare le sensazioni per evitare di sembrare un'impicciona. Ma qualcuno non ci riuscì bene tanto quanto me.
«Come sarebbe a dire che non te lo ricordi?» chiese Tony.
«Non sono affari vostri, la mia confessione l'ho fatta, ora tocca a...» ci pensò, poi puntò lo sguardo su di me. «A te.» mi disse.
«A me?» chiesi retoricamente, improvvisamente spaventata dalla situazione.
Hebe voleva chiaramente spostare l'attenzione da lei, perché sembravano tutti troppo curiosi su quella succulenta dichiarazione di Xavier.
Forse dovevo rivelare qualcosa di abbastanza interessante da distogliere l'attenzione degli altri da lei. Sembrava a disagio e nervosa.
Scoccai uno sguardo a Xavier che era quello più tranquillo e spensierato di tutti, nonostante l'attentato di Hebe.
«Quella che consideravo la mia migliore amica ha sparso la voce che io sia lesbica e ci abbia provato con lei. E tutta la scuola ci crede. Ricevo lettere minatorie o messaggi in cui si burlano di me tutti giorni.» rivelai improvvisamente. Appena dissi quelle parole desiderai sotterrarmi. Perché diavolo l'avevo fatto? Cosa poteva fregare a loro della mia situazione? Volevo essere compatita?
«Che bastarda! Ma sono tutti scemi quelli della tua scuola?» chiese Wren.
«Cercherò di non offendermi.» disse Lance.
«Appunto! Deficienti che non sono altro!» concordò Frannie.
«Sul serio ragazze, quanto amore!» proseguì Lance, ma venne ignorato nuovamente.
«Beh, perché lei è una leader. È la più popolare di tutti e può farlo.» spiegai. Ma improvvisamente la mia voce di spezzò e delle lacrime solcarono le mie guance.
Cercai di cancellare quelle maledette traditrici dal mio volto, tentando invano di recuperare la mia compostezza. Ma era troppo tardi, era crepata la diga in me, e ora, un fiume di emozioni represse si stava riversando fuori senza controllo. Iniziai a singhiozzare senza controllo mentre prepotenti immagini della sofferenza subita mi tornavano in mente. Una somma di tutto ciò che avevo sopportato.
L'essere rifiutati, il non essere all'altezza, il non essere apprezzati, l'essere insultati di continuo, essere i bersaglio di tutti... L'essere meno di nessuno.
Qualcuno mi abbracciò senza che me ne rendessi conto, poi qualcun altro si avvicinò. Non mi sentivo confortata, ero troppo persa dalla mia testa e dall'umiliazione di piangere davanti a persone che non conoscevo, da riuscire a ricavare conforto da quegli abbracci. Sentivo che niente mi avrebbe fatto sentire meglio.
«Azura Clayton.» annunciò qualcuno nel torpore delle mie lacrime.
Alzai appena lo sguardo dalle mie mani bagnate, guardando la figura sfocata di Xavier Bellson illuminato dalla luna attraverso le mie lacrime. Si ergeva in piedi, su uno dei tronchi, davanti a me e mi indicava con un indice.
A malapena mi accorsi delle pacche confrontanti di Frannie e Cammie accanto a me.
«Io, Xavier Bellson, erede della Bellson enterpise, ti prometto che ti farò riscattare il tuo nome nella scuola.» disse.
«Brutto idiota, sono i suoi compagni che dovrebbero cambiare atteggiamento e diventare più maturi, in modo che...» iniziò Wren.
«Ma non accadrà.» disse Xavier seriamente mentre scendeva dal tronco. «Non puoi cambiare la mente delle persone, Wren. Non siamo nessuno per cambiare la loro passione nel giudicare gente meno fortunata.» continuò avanzando verso di me. «Le lotte contro il bullismo non hanno mai funzionato, entrano da un orecchio ed escono dall'altro. È un problema più radicale e forse serve solamente più tempo per far capire alla gente che sta sbagliando. Ma fino ad allora, quante persone avranno già sofferto?» chiese allungando la mano sotto il mio mento e alzandolo verso di lui. «Come possiamo essere degli eroi immediatamente?» sussurrò cancellandomi le lacrime dal volto. Un leggero sorriso comparve sul suo volto, facendo splendere le sue iridi d'argento. In quel momento mi sembrò bellissimo nonostante la guancia livida.
Una sveglia interruppe quel momento.
«Wow! Mancano dieci minuti a mezzanotte! Prepariamoci!» esclamò il ragazzo voltandosi verso gli altri e allargando le braccia come se niente fosse.
Quel momento venne dimenticato, poiché tutti eccitati a far esplodere i primi fuochi verso il cielo.
I botti partirono e fecero tremare le mie ossa. Il cielo si illuminò di colori splendenti e magnifici. Ogni botto era un addio al vecchio anno e un saluto a quello nuovo.
Mi avvicinai a Xavier non appena smise di gridare euforico.
«Cosa intendevi con il "riscattare il mio nome"?» gli chiesi titubante. Lui sorrise.
«È un segreto.» disse.
«Dieci!» gridarono tutti attorno.
«Nove!» le bottiglie di champagne pronte per essere aperte.
«Otto!» un forte botto sentito dai miei denti.
«Sette!» un fuoco d'artificio illuminò il volto dei presenti.
«Sei!» sorrisi, risa, suoni spensierati.
«Cinque!» mi unii alla conta.
«Quattro!» mi voltai e vidi uno sguardo che ricambiava il mio.
«Tre!» le mie mani si alzarono come quelle dei presenti.
«Due!» le fiammelle toccarono il centro.
«Uno!» esplosioni e urla ripetute, come una sparatoria di gioia.
«BUON ANNO NUOVO!»

I festeggiamenti durarono solamente fino alle tre e mezza, dopodiché andammo tutti a dormire, avendo terminato le bottiglie e i fuochi.
Era stato divertente e spensierato e mi sentivo meglio, nonostante la mia confessione.
Non mi ero resa conto di star così male finché non l'avevo espresso ad alta voce. Avevo cercato di soffocarlo perché temevo cosa Hebe e Lance pensassero di me. Ancora una volta. Ho avuto paura dell'opinione degli altri che della mia. Era davvero più forte di me?
«Comunque...» iniziò Hebe non appena si fu coricata.
«Comunque cosa?» chiesi.
«No, niente.» cambiò idea tirandosi le coperte sù fino al mento.
«Ora me lo dici!» esclamai. Mi innervosivano le persone che lanciavano la pietra per poi ritirare la mano.
«Volevo dirti che ci sono, in caso tu voglia... Cioè, puoi dirmi tutto, okay?» sussurrò.
Sorrisi e spensi la lampada sul comodino.
«Grazie, Hebe.» le dissi nel buio della stanza.
«Di niente. Domani si ritorna a casa. Tranquilla, per quanto Xavier sia un imbecille, mantiene sempre le promesse.»
«Gli credo.» mormorai prima di addormentarmi, rievocando l'immagine del ragazzo alla luce della luna.

La mattina seguente pensai che quel luogo mi sarebbe mancato, e che non sapevo nemmeno se ci sarei tornata un giorno.
Senza ripensamenti seguii gli altri ragazzi che chiacchieravano animatamente.
Il gruppo della Band tornò al loro hotel mentre noi ci dirigemmo verso i pulmini che erano venuti a prenderci.
In viaggio, nonostante ci fossimo appena svegliati, si addormentarono tutti per gran parte del percorso.
«Non dormi?» sussurrò Lance seduto sul sedile dietro al mio.
«Non ho sonno» replicai abbassa voce di rimando, in modo che l'autista non ci sentisse.
«In questi giorni mi è sembrato di allontanarmi dalla realtà... Ma ora si torna veramente a casa, eh?» si chinò in avanti. Appoggiai la testa allo schienale, in modo che i nostri volti si trovassero più vicini e potessimo parlare un po' più liberamente.
«Hai ragione, mi sono divertita troppo.» guardai Lance negli occhi.
«Ma tu? Come mai non hai passato le vacanze dove abitavi prima? Con i tuoi vecchi amici e la tua ragazza?» sussurrai.
«Forse perché non mi andava di vederli.» replicò appoggiando la guancia sulla parte morbida del sedile.
«Hai litigato con loro?»
«O forse non sono mai stati veri amici...» mi disse. Non risposi.
«La lontananza crea problemi.» mi disse.
«Hai problemi con la tua ragazza?» chiesi, ben consapevole di sembrare impicciona.
«Forse non siamo fatti per stare insieme. Io non...» strinse le labbra.
«Se la ami dovresti lottare per lei.» mi ritrovai a dire.
«Ma è giusto così? È giusto che sia l'unico a farlo? È giusto che non senta niente da parte sua?» mi chiese, con uno sguardo quasi disperato nei suoi occhi.
«Forse sto ancora con lei perché è l'unica costante della mia vita stravolta.» sospirò. «Non riesco a voltare pagina.»
«Magari non lo devi fare.» gli suggerii.
«Devi solo rileggere i capitoli precedenti.» affermai cercando di essere cortese e dire ciò che direbbe una vera amica.
Lance rimase in silenzio. Poi ad un tratto si raddrizzò.
«Bazinga!» esclamò ad alta voce.
Gli altri si svegliarono di soprassalto dal loro pisolino e non appena iniziarono a capire dove si trovavano e come si chiamavano, si misero ad imprecare in un modo molto colorito.
L'autista accese la radio per calmare i presenti e il resto del viaggio si continuò tra le note di dolci canzoni.

Angolo Autrice

Capitolo breve e ritardo di 24 h! Come posso farmi perdonare, miei cari?
Spero che gli avvenimenti si capiscano e vi siano chiari. Chissà cosa succederà, gente! Secondo voi?
Comunque sia, alla prossima!

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora