chapter two.

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Erano le tre e dieci quando, di corsa, Mario arrivò all'asilo. Aveva fatto tardi al lavoro, essendo proprietario di un bar, e tra una pratica e l'altra non aveva visto l'orario. Prese i bambini e, come suo solito fare, si diresse verso il parco giochi. Amava anche quel periodo della giornata, quando staccava dal lavoro per qualche ora e portava i bambini a divertirsi all'aria aperta.

Parcheggiò la sua grande macchina nel parcheggio e, prendendo i bambini in braccio, entrò nel parco giochi. Era colmo di bambini che correvano a destra e a sinistra, bambini che volavano sull'altalena, che giocavano con la sabbia, con una casa di legno. Bambini felici, bambini sereni. Appena Eleonora e Matteo appoggiarono i piedi per terra corsero verso i giochi. Gli occhi di Mario si spalancarono paurosi e urlò un –Fate attenzione!-

Amava vedere i suoi bambini giocare insieme ad altre persone, ma aveva sempre quel panico che lo assaliva ogni volta che li lasciava liberi in un posto così aperto e in mezzo a tante persone. I suoi occhi continuavano a fissarli, passavano da Matteo a Eleonora, da Eleonora a Matteo, cercava di non perderli mai di vista. Era un papà ansioso, questo glielo dicevano tutti, ma lui era fatto così. Era ansioso se i suoi bimbi avevano la febbre, quando l'asilo lo chiamava, quando camminavano e i suoi bambini gli lasciavano la mano. Ha avuto anche l'ansia quando Eleonora dovette fare i primi passi, troppo spaventato nel vederla cadere.

Raggiunse una panchina e si sedette, l'aria calda lo colpiva dietro al collo dove era velato di sudore. Il piercing ancora visibile, il metallo raffreddava quel punto. Allungò le gambe davanti a lui mentre prese il cellulare che aveva iniziato a squillare. In quel periodo non poteva allontanarsi dalla sua attività che insorgevano problemi su problemi. Aveva deciso di aprire un bar l'anno precedente, era stanco di stare a casa a fare il mammo, voleva lavorare e non essere mantenuto. Così, grazie al supporto del suo compagno, aprì un bar in centro a Roma. L'attività fiorì subito, acquistò molti clienti e andava alla grande. C'erano però i soliti problemi, tra scartoffie da firmare e cose da approvare.

-Pronto?- disse con tono deciso Mario, gli occhi che fissavano ancora i suoi bambini –si Giulio, dimmi? Cosa? No, va bene fissa l'appuntamento per domani alle undici. No, il notaio. Okay, grazie a dopo- chiuse la telefonata e ripose il cellulare in tasca.

Era incredibile come Eleonora facesse amicizia così in fretta, attorno a lei, oltre ad avere Matteo attaccato alla maglietta, aveva una cerchia di bambine. Giocavano insieme, si divertivano, e questo colmava di gioia il cuore di Mario. Con una bambina in particolare era in sintonia. Era una bella bambina, furbetta, dagli splendidi capelli neri. Sorrise a quell'immagine, e decise di avvicinarsi per conoscerla meglio. Ma nell'istante in cui Mario si avvicinò, la bambina dai capelli neri corse via con le braccia alzate.

*

Claudio stava guardando sua figlia giocare con gli altri bambini e non poteva non sorridere. Amava guardare sua figlia rapportarsi con altre bambine, gli riempiva il cuore di gioia. Si era seduto su una panchina, il sole davanti ai suoi occhi gli costringeva a portare gli occhiali da sole. Si detestò quando, quella mattina, scelse di mettersi un paio di jeans neri e una maglia a maniche corte nere: il sole batteva ancora di più lasciandolo senza fiato e coprendolo con un velo di sudore. A Verona non faceva così caldo, aveva sentito Paolo qualche minuto prima e gli aveva detto che, a differenza di Roma, li stava diluviando. Quasi gli mancava quel tempo, ma poi alzando gli occhi e vedendo il sole splendere sopra il cielo di Roma si rimangiò quell'idea e si lasciò sconfiggere dal caldo afoso.

Sofia stava giocando con una bambina graziosissima, parlavano e questo faceva sempre di più sorridere Claudio. Quando sua figlia si comportava così, in lui si scatenava quella punta di orgoglio: quando l'aveva presa all'orfanotrofio, Sofia era molto timida. Ed era solo grazie a lui se adesso si comportava in questo modo: espansiva, giocherellona, e anche furbetta.

Sette anni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora