chapter six.

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                                                                                                NB: Leggete tutto fino alla fine, grazie mille!



L'orologio segnava le 7:00 del mattino, il sole stava incominciando a salire in alto nel cielo facendosi spazio tra le nuvole bianche che davano un po' di luce in quell'azzurro ancora scuro. Mario era davanti al tabellone, e lo fissava.

"Verona P.ta Nuova – binario 6 – partito"

Sentiva le sue gambe tremare, gli arti indolenziti, non riusciva nemmeno ad alzare un braccio. Era partito, e lui era arrivato in ritardo. In quel momento non riusciva nemmeno a prendersi a parole da solo, continuava a guardare inerme il tabellone sperando in qualche segno divino, di qualche errore di battitura. Ma nulla, continuava ad esserci scritta la stessa cosa: "Verona P.ta Nuova – binario 6 – partito".

Mario riuscì a tornare in se grazie ad un signore che per sbaglio urtò la sua gamba con l'enorme valigia, gli parlò in inglese e ipotizzò che fosse un turista. Si girò nel suo piccolo cerchio, forse in cerca di qualcosa o qualcuno, ma trovò solo una sedia vuota proprio difronte al tabellone. La raggiunse con passo lento, il viso bianco come la cera, gli occhiali neri sempre sopra al naso a coprire le occhiaie violacee sotto ai suoi occhi a causa del sonno perduto di quella notte.

"Verona P.ta Nuova – binario 6 – partito"

Eppure più lo guardava più sperava in qualche cambiamento. Più osservava quelle parole più sperava che Claudio non fosse su quel treno, che anche lui fosse nel bel mezzo del traffico. Ma i minuti passavano, e alle 7:20 era ancora seduto su quella fredda e scomoda sedia grigia, e le parole davanti al tabellone erano sempre le stesse.

"Verona P.ta Nuova – binario 6 – partito"

Man mano che fissava quelle parole, dentro di se Mario iniziò la fase dell'accettazione: Claudio era partito e non l'avrebbe mai più rivisto. Forse era destino, si forse era veramente così. Appoggiò la schiena al muro mentre nella sua testa passavano a raffica tutti i momenti in cui Claudio cercava in tutti i modi di farsi perdonare, o di riprovarci o di trovare un semplice contatto con lui. Coperto dagli occhiali neri, Mario chiuse gli occhi evitando che qualche lacrima fugace scendesse a rigare il suo volto, e iniziò a pensare a tutti i momenti in cui poteva fare qualcosa ma non l'ha fatta.

Come quella volta, il giorno dopo l'accaduto, che Claudio lo chiamò no-stop tutto il giorno, bombardandolo di messaggi: "Ti prego richiamami", "Mario non ignorarmi", "Ho bisogno di sentire la tua voce", "Cazzo Mario rispondimi, ho bisogno di te".

O come quella volta in cui Claudio gli scrisse letteralmente un messaggio lunghissimo dove non faceva altro che scusarsi, e chiedergli di incontrarsi per un caffè e per risolvere la situazione.

Oppure quando, tramite la sua amica Valentina, si era accertato che stesse bene dopo aver saputo del piccolo incidente domestico con la teglia da forno.

Ma soprattutto, ripensò a quella volta in cui era stato in silenzio ad ascoltare quell'audio lungo tre minuti dove, probabilmente spinto dall'alcool, non faceva altro se non dirgli che lo amava e che senza di lui si sentiva completamente solo. E gli credeva, perché Claudio sotto alcool non sa dire le bugie.

"Ora sono qui, in riva al lago, da come senti c'è la musica a palla e tutti si divertono ma io non riesco a fingere un sorriso. Così me ne sono andato e ho deciso di farti questo audio che probabilmente non sentirai e probabilmente non ha nemmeno senso perché non so quanti bicchieri di vodka lemon mi sono scolato. Ma ho dovuto, e dovevo. Forse per prendere coraggio e fare questo audio e dirti ciò che il mio cuore continua a urlare. Io ti amo Mario, in una maniera anormale, incredibile, lacerante, inebriante e non mi sono mai sentito così con nessuno. Percepisco più che sentire, il mio cuore sgretolarsi al solo tuo pensiero, e non succederebbe se tu fossi qui con me. Ho un peso allo stomaco che mi vieta di mangiare da giorni, e non riesco a sforzarmi più di tanto. Ma ciò che riesco a fare è bere, forse così riuscirò ad alleviare la sofferenza che provo. Ogni mattina quando mi alzo provo un senso di vuoto perché mi giro e non ci sei" poi si era fermato per qualche secondo e con voce rotta disse "Io mi giro a cercarti e tu non ci sei, e questa cosa fa tremendamente male" tirò su col naso, e probabilmente tra le lacrime, continuò "io ti cerco ma tu non ci sei, questa casa è vuota senza di te, non c'è allegria e non c'è amore. E mi manchi, e ti amo, e questo devi saperlo."

Sette anni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora