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Mia madre e mio padre stanno litigando, ma che hanno ultimamente?
Fanno stare male mia sorella, lei è piccola, non capisce.
Anche io e Rachel ogni tanto litighiamo ma alla fine facciamo sempre pace, lei è speciale.
Metto la musica ad alto volume per non sentirli ma la loro voce é troppo alta.
"È colpa mia se abbiamo fatto un figlio muto eh?!" Sbraita mia madre, poi cala un silenzio assordante.
Esco dalla stanza e scendo le scale.
Mi appoggio al muro e li guardo, potrei ucciderli. Sono così arrabbiato adesso.
"Hai sentito?" Chiede mio padre.
Non è mai a casa, torna dov'eri.
Annuisco in risposta.
Mia madre prova a parlare ma ogni cosa che dice non è vera, non mi piacciono le bugie, le odio.
"Siete così immaturi e insensibili, Gesù. Non sono Michael, lo capisco, ma non sono uno schifo, e ricordatevi che quando avrò diciott'anni io mi farò quel fottuto intervento e poi, a diciannove anni, me ne andrò." Scrivo con un cattiveria che non sapevo nemmeno io di avere. Fa male sentirselo dire.
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Non sento Rachel da qualche giorno, che le succede?
Sascha dice che non vuole vedermi, però io non ho fatto nulla. Cos'ho di tanto sbagliato? Siamo stati da poco in vacanza insieme...
Sono triste, io non sono mai stato realmente felice, perché gli altri ci riescono? Quando ero piccolo mi dicevano che avrei sempre avuto amici, che sarei stato come gli altri, che io ero come tutti, mi mentivano. Io ci credevo, ero felice. Ero piccolo, facevo pena, non riuscivo ad esprimermi.
Mi lancio sul letto.
Prendo il computer, devo iniziare a guardare una serie TV, mi distraggo così.
Che serie guardo? Uh, bella domanda.
Pretty little liars? Mi sembra una serie per ragazza, ma la guarderò lo stesso.

Sono già al decimo episodio? Ma come è possibile?
Sento dal piano di sotto una voce, la sua calma voce.
Poi dei passi, e la mia porta aprirsi. Rachel. Ci avrei scommesso.
"Dobbiamo parlare." Afferma.
Ciao anche a te eh...
Afferro il mio quaderno e la penna.
"Parla allora." Scrivo.
"Cos'è successo tra noi?" Mi chiede.
"Ti ho chiamato, ti ho scritto, ti ho suonato a casa, ho chiesto a Sascha cos'hai, e mi viene a chiedere cos'è successo?! Questo dovresti saperlo tu!" Le rispondo, penso di aver schiacciato troppo la penna sul foglio, ops.
"Mi serviva del tempo." Si risponde da sola.
"Per cosa?"
"Pensare."
"A che cosa?"
"A quello che sto facendo."
"E che cosa stai facendo di tanto stressante?"
"Ti sembra facile stare con te? Tu mi piaci un sacco, non fraintendermi, ma sei un po' impegnativo."
"Ma io un giorno sarò normale, io parlerò."
"Un giorno, Stefano, e questo quando accadrà?"
"Mi stai lasciando?"
"Io penso di no."
"Pensi?"
"Penso."
"Dato che sono un peso, lasciami."
"Non posso."
"Perché?"
"Mi piaci."
"Non me lo dimostri mai."
"Non ho il coraggio."
"Rachel, va via."
"Stefano."
"Va via."
"Mi piaci cazzo, mi piacerebbe lasciare tutto alle spalle, lo sai che mi piacerebbe dimenticarti, ma sei nella mia testa ventiquattro ore su ventiquattro. Come faccio eh?"
"Ti piacerebbe dimenticarmi."
Mi bacia. Ecco come funziona per lei. Basta un bacio, ma questa volta no.

Mute// Stefano LepriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora