Peter
Dopo una doccia veloce, ritorno nella stanza con una tovaglia legata alla vita. Becco Estefano con uno dei miei fazzoletti stile bandana sulla testa e mi si forma un nodo nello stomaco. Glielo tolgo e lo avverto - Non toccare di nuovo questo Estefano.
-Perché no? - Chiede con i suoi occhi innocenti.
Per Estefano, è solo una bandana, per me è il simbolo del presente e di quello che il futuro non sarà mai. Come si suppone che lo spieghi ad un bambino di 11 anni? Lui sa quello che sono, la sete di vendetta e la rappresaglia mi spinsero ad entrare in questo circolo, e adesso non c'è modo di uscire da esso. Ma sarei morto prima che uno dei miei fratelli si lasci ingannare.
Stringo la stoffa nel pugno.
-Estefano, non toccare le mie cose. Soprattutto se sono dei "Latinos blood".
-Mi piacciono il rosso ed il nero.
-Se ti becco di nuovo con questo addosso, porterai il nero ed il viola, ma sulla tua faccia. - lo avverto - Hai capito nano?
-Si, capisco. - risponde scrollando le spalle.
Mi chiedo se realmente lo ha capito vedendolo andarsene dalla stanza saltellando, provo a non pensare troppo a quello mentre prendo la maglietta nera ed i jeans scoloriti dall'armadio. Quando mi lego la bandana in testa, sento mia madre che mi grida dalla cucina: -Juan, vieni a fare colazione prima che si freddi il cibo. Dai, sbrigati.
-Arrivo. - rispondo.
I miei fratelli stanno già mettendo dente nella colazione quando entro in cucina. Apro il frigorifero per dare un'occhiata e vedere cosa c'è dentro.
-Siediti.
-Mamma devo solo prendere...
-Non prenderai niente, Juan, siediti. Siamo una famiglia e facciamo colazione come tale.
Lascio scappare un sospiro, chiudo la porta del frigorifero e prendo posto vicino a Vico. Essre membro di una famiglia unita ha spesso i suoi svantaggi. Mia madre colloca davanti a me un piatto pieno di uova e frittata di mais.
-Perché non mi chiami Peter? - Le chiedo abbassando la vista sul cibo che ho davanti.
-Se volessi chiamarti Peter, non mi sarei disturbata a chiamarti Juan. Non ti piace il tuo nome?
Mi faccio teso, ho ereditato il nome di mio padre, che morendo mi ha lasciato la responsabilità che tocca assumere all'uomo di casa. Juan, Juan junior, junior... A me non importa.
-Peter vuol far sembrare di essere bianco. - Interviene Victorio - Cambia il nome se vuoi, fratello, ma tutti vedranno da miglia che non sei altro che un ragazzo messicano.
-Victorio chiudi la bocca. - lo avviso - Non voglio essere bianco. Ma non voglio nemmeno che mi comparino a mio padre.
-Per favore, ragazzi. - prega mia madre - Basta discussioni per oggi.
-Sei una spalla bagnata. - Canticchia Victorio provocandomi di nuovo.
Ormai ne ho più che sufficiente. Victorio ha esagerato. La sedia striscia contro il suolo quando mi metto in piedi. Mio fratello imita i miei movimenti e si colloca di fronte a me accorciando la distanza che ci separa. Sa che potrebbe prendersi un cazzotto, ma è troppo orgoglioso. Uno di questi giorni litigherà con la persona sbagliata e si metterà in un bel casino.
-Victorio siediti. - gli ordina mia madre.
-Porco messicano. - mi dice strisciando le parole con falso accento forzato - Meglio, sei ancora un immigrante.