2° prova

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A Natale siamo tutti più buoni, a Natale siamo tutti più buoni ripeto il mio mantra avvicinandomi alla porta di casa Melloni.

Devo sorridere, fingere, la giornata passerà in un baleno.

I tacchi echeggiano nel viale ciottolato, pochi metri mi separano dalla porta di casa.

Sorridi.

Dovevo dare retta a Claudio con le sue idee bislacche: "ti accompagno io, facciamo finta di stare assieme.", insiste da mesi.

Sono davvero una gran cocciuta, una piccola bugia poteva essere tanto malefica?
Le bugie bianche fanno solo del bene.

Alla porta mi apre una stravagante zia Anna, ha gli occhi immobili, fissa un punto impreciso: è ubriaca. Il vestito anni '50 molto scollato, il trucco troppo marcato, la cornice di capelli neri, gli orecchini a cerchietto la fanno sembrare la caricatura di Betty Boop.

Mi abbraccia con forza.

Forza, coraggio.

La capisco, per due zitelle incallite superare indenni il Natale in casa Melloni è una prova ardua alla Takeshi Castle*.

Supero zia Anna facendomi spazio nel salone, vengo letteralmente aggredita da mia madre, dal suo gesticolare. Una donnetta meridionale dalle tipiche forme latine con lunghi capelli corvini legati elegantemente.

Riesco a sentire poche frasi sconnesse

"Dimagrita" "bella" "fidanzato" "studi"
"vestita"

La solita solfa...

Manca a me il respiro ad ascoltare la miriade di parole vomitate alla velocità degna di un pezzo Trap Rap.

Mi sento soffocare.

Lento, quasi silenzioso, si avvicina mio padre, i suoi occhi azzurri esprimono tutta la sua pazienza. Un uomo alto, possente, i capelli brizzolati gli donano quel fascino immortale alla Richard Gere.

Se avessi avuto Giulia Roberts come madre non avrei problemi di statura: la mia avversione per la geometria unita a una scarsa propensione genetica hanno fatto questo scempio relegandomi sotto al metro e sessanta.

Mi stringe a sé con pacatezza.

Mi permette di respirare.

Profuma di casa.

Guarda mia madre con lo stesso amore da 25 anni.

Con pazienza guarda noi: la sua famiglia.

Al tavolo è seduto zio Giulio, il marito di zia Giulia, un ometto nervoso, aggressivo, sembra uno Yorkshire. Al suo fianco zio Fede, sempre più stempiato, è il solito bonaccione, ha il bicchiere pieno di lambrusco, incita zia Je a 'buttare' i cappelletti, piatto tipico emiliano, ridendo fragorosamente.

Mi salutano entrambi con un gesto della mano mentre cerco di liberarmi dalla zia ficcanaso Giulia.

Si vede che ci gode a mettere in naso nella mia vita, paragonandomi alla figlia, Tiziana, girando il dito nella piaga per i miei insuccessi.

Odiosa.

Zia Giulia è tutta uguale a mamma, persino nel ritmo di parlata. Per fortuna le due cominciano a battibeccare tra loro, mi posso ritenere salva per il momento.

Sguscio via raggiungendo finalmente un bicchiere di vino, lo bevo tutto in un sorso.

A Natale sono tutti più buoni.

È tempo di bere.

Da lontano zia Anna mi fa il caratteristico segno del 'cin cin'  ingollado il suo, di bicchiere di vino.

Difficile sopravvivenza di due zitelle alla cena natalizia di famiglia.

Ricambio riempiendo un secondo bicchiere.

All'appello manca tutta la mia generazione: mia sorella Ramona, la cugina Tiziana, il cuginetto Matteo.

Ramona entra trionfante nel salone, tiene il braccio al moroso di turno, questo si chiama Carlos, è spagnolo.

Davvero un bel ragazzo, moro, alto.

Lei si sente molto internazionale a tenere rapporti 'diplomatici' con culture straniere. Sfoggia la sua linea perfetta racchiusa in un vestito rosso Valentino. Posso solo invidiarla un pochino per la sua forma fisica: quello che il Signore le ha dato nel fisico a me lo ha dato nel cervello.

Sono la secchiona della famiglia.

Velocemente ci raggiunge anche Matteo, il mio cuginetto preferito è diventato un ventenne sciupa femmine, amante latino.
Lo preferivo quando era con la testa nel pallone, letteralmente.

Tiziana, la mia antagonista femminile in famiglia, arriva trafelata, sembra appena uscita dal letto: capelli spettinati, vestita alla bene meglio.

È la mia fortuna, attirerà tutta l'attenzione negativa su di sé.

Respiro sentore di libertà.

Sarà così facile?

Il tintinnio del coltello sul bicchiere ci avvisa dell'imminente pranzo. Ognuno al proprio posto pronto per consumare un pasto di almeno quindici portate, tradizione della famiglia di mia madre di origini meridionali con qualche richiamo alla cucina emiliana, per non scontentare nessuno, soprattutto gli zii.

Tre tipi di antipasti di mare, due di terra, tris di primi, tris di secondi, contorno e tre tipi di dolce il tutto innaffiato da abbondante vino.

Dall'alto del muro dei ricordi nonno Tony e nonna Carmelina ci guardano severi.

Spiegatemi la necessità di tenere un muro pieno di fotografia di morti di ogni generazione passata: persone sconosciute ai più.

Nonni, bisnonni, trisavoli ci fissano rigidi in pose statiche, inespressivi, da quella parete dal colore grigiastro.

Agghiacciante.

Sono lì a giudicare, loro. Hanno già dato alla vita: errori, buone azioni; ora possono giudicare noi.

Distolgo l'attenzione dal muro degli orrori concentrandomi sulle chiacchiere della tavolata: tutti si raccontano come degli estranei.

È triste pensare che siamo una famiglia ma in realtà siamo degli sconosciuti.

Il vino scioglie le lingue rilassando gli spiriti.

Il momento dell'apertura dei regali è quello che bramo maggiormente: mi sembra di tornare bambina, sono eccitata.

La giornata trascorre tra calze, pantofole, profumi che nessuno mai avrà il coraggio di indossare, finti sorrisi di ringraziamento, reazioni stupite.

Quanta ipocrisia in un giorno tanto puro.

A pranzo finito mi alzo con borse di ogni tipo alle mani, piene di doni, pronta a darmi alla fuga.

Lancio un'occhiata alla tavolata guardando la mia famiglia: mamma sorride alle sue sorelle, papà chiacchiera amabilmente con gli zii di calcio, un Matteo infervorato scalda l'atmosfera, Ramona guarda Carlos con gli occhi a forma di cuore, almeno per il momento, zia Giulia pettina dolcemente con le dita i capelli di Tiziana, sua figlia.

Per un momento mi si stringe il cuore...
Nulla è come la propria famiglia.

Per fortuna è un attimo: torno velocemente in me avviandomi alla porta.

Con il cuore leggero esco da casa Melloni.

Domani è un altro giorno, ci vorranno altri 364 giorni perché torni Natale.

Grazie a Dio.

*****

*nella versione italiana il programma si chiamava "Mai dire Banzai"

The Best of Trap- Im In a Trap contest by ManyLightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora