1.Mobile

15 4 0
                                    

Le gocce di pioggia scivolavano lentamente sul finestrino seguendo un percorso irregolare fino a scomparire dalla mia vista, sembravano lacrime, delle lacrime che piangevano per qualcuno, lacrime d'amore, un sentimento tanto bello quanto inutile, creato da una folle illusione dell'uomo e dalla paura di restare soli.
Amavo la solitudine perché non dovevo sembrare un'altra persona per piacere a qualcuno, non dovevo indossare una maschera di bugie e non dovevo sempre cercare le parole adatte per essere accettata.
Ero semplicemente me stessa.
Io e basta.
L'autobus si fermò, presi meccanicamente il mio zaino mettendomelo in spalla, aggiustai le cuffiette premendomele nelle orecchie e con passo veloce scesi dal mezzo evitando le palline di carta lanciate senza un obbiettivo preciso dai miei compagni di scuola.
Alle medie pensavo che il Liceo fosse una via di fuga dove cominciare una nuova vita.
Cazzate.
Il bullismo era solo che aumentato e le persone a me vicine se n'erano andate lasciandomi completamente sola.
Cercai di reprimere i miei pensieri scuotendo leggermente la testa, non volevo soffrire, non volevo ripiombare nelle mie crisi di depressione.
Aumentai il passo, la pioggia scendeva copiosamente bagnandomi i vestiti che, ormai, aderivano alla mia pelle ostacolandomi i movimenti.
Finalmente raggiunsi la porta di casa, strinsi tra le dita gli orli delle maniche appartenenti alla felpa di cotone che indossavo, troppo larga per essere mia, e feci un profondo respiro, con mani tremanti presi le chiavi della porta di quella struttura che dovrei definire casa e una volta fatta scattare la serratura entrai.
Corsi veloce in camera ignorando le urla dei miei "genitori" e una volta entrata nel mio piccolo rifugio chiusi a chiave la porta.
Buttai sfinita il mio zaino per terra, mi lasciai cadere sul letto e presi il mio amato cellulare tra le mani.
Lo osservai, era incredibile come questi strumenti ormai rappresentavano i propri possessori, il mio era nero, lo avevo acquistato all'inizio del Liceo con i miei genitori biologici, uno degli ultimi ricordi belli che avevo insieme a loro, era molto importante per me siccome ormai racchiudeva la mia vita o, meglio, la rappresentava.
Digitai la password e lo sbloccai, meccanicamente aprii Facebook, ne ero ossessionata, non pubblicavo mai niente da anni ma amavo scorrere la home e leggere i post divertenti e coloratissimi riguardanti i miei attori o gruppi preferiti, dai Linkin Park ai Bangtan Boys, uno dei gruppi coreani che seguivo ormai da tempo e che con i loro testi e la loro musica mi facevano sentire meglio, come se qualcuno, per una volta, mi potesse capire davvero.
Avevo sempre desiderato creare un profilo di quel genere ma la mia insicurezza mi frenava, avevo paura di sembrare noiosa o, addirittura antipatica come mi avevano sempre definito i miei familiari.
Decisi di non pensarci, andai tra le mie canzoni preferite.
Schiacciai delicatamente sullo schermo.
Le note di "Numb" dei Linkin Park cominciarono a risuonarmi in testa, reprimendo i sentimenti d'angoscia che occupavano con insistenza il mio cuore.
La giornata era finalmente finita.

Patata Girl ||South Korea||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora