2 .Night

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Mi osservai, provai quasi pena per la ragazza riflessa allo specchio, quasi. La sua fronte era imperlata da goccioline di sudore e le lacrime continuavano a cadere bagnando le sue gote, che, rosse, si distinguevano con chiarezza nonostante il buio nella stanza.
Sbuffai annoiata.
L'ennesimo incubo, l'ennesima storiella strana pescata dal cesto delle storielle strane create dalla mia mente contorta.
Mi lasciai cadere sul letto con un tonfo sordo e presi con avidità il telefono controllando l'ora, erano appena le quattro di mattina, mancavano precisamente tre ore al suono ormai familiare di quell'odiosa sveglia, tre maledette ore. Troppo poco.
Per la prima volta dalla morte dei miei genitori, non mi sentivo pronta, delle urla, dei lividi, delle percosse, delle risatine codarde e di sentire con orrore la loro pelle disgustosa a contatto con la mia, desiderando con tutta me stessa di morire una volta e per sempre così da non soffrire ancora.
Guardai malinconica il cielo buio, oltre le sbarre di metallo fissate dietro i vetri rigati della mia finestra, erano state messe affinché non potessi scappare, cosa che avevo anche provato a fare ma senza successo.
Ero in gabbia, oppressa e impotente contro il volere delle persone intorno a me.
Per la prima volta mi posi una domanda precisa:
Cosa avevo fatto di male?
Avevo sempre svolto tutto quello che mi chiedevano gli altri, non avevo infastidito o fatto del male a nessuno, in passato cercavo di essere la ragazza più educata esistente, preferivo essere sottomessa che reagire siccome non volevo scatenare antipatie inutili.
Decisi di mettere da parte la maschera di orgoglio sempre indossata fino ad allora, uscii dalla mia stanza e mi avvicinai tentennante alla stanza buia e spettrale dei miei "genitori", era una camera molto grande, con le pareti spoglie teoricamente bianche ma, talmente sporche, da assumere un vago color grigio topo e, con il pavimento in legno che strideva ad ogni passo.
Sbirciai all'interno, notando che la mia "mamma" non stava dormendo, quindi conclusi con ovvietà che fosse in cucina per la sua bevuta notturna.
Scesi in cucina dove trovai la "mamma" che beveva le sue amate lattine di birra come previsto.
-Zia...- sossurrai senza rendermene conto, maledissi la mia stupidità sul momento avvertendo un brivido familiare causato dallo sguardo infuocato della "mamma"
-Piccola ragazzina stupida, quante volte ti ho detto di chiamarmi mamma?- disse strascicando e sbattendo la lattina sul tavolo, ormai ubriaca fradicia.
Ricordai chiaramente la prima volta che la incontrai, al funerale dei miei genitori. L'avevo subito notata, era alta, con un fisico imponente che avrebbe intimorito chiunque, i capelli color rame raccolti in uno chignon disordinato e gli occhietti da vipera verdi che guardavano chiunque con diffidia, nonostante il sorriso apparentemente gentile che mi rivolse quando ci presentammo ufficialmente, avevo subito intuito che sotto, nascondeva qualcosa.
Un bruciore alla guancia mi distolse dai miei ricordi e un suono assordante giunse ai miei timpani.
Mi massaggiai la guancia arrossata per via dello schiaffo subito.
-S-scusa, non volevo, avevo solo intenzione di chiederti qualcosa...- dissi titubante apparendo impaurita come non lo ero mai stata, così da avere il permesso di fare la mia domanda,
-Piccola cagna, ci credo che tua madre è morta, anche io sarei scappata via da una figlia viziata e ingrata come te, sempre a chiedere e a fare la sottomessa del cazzo. - sputò con perfidia.
Una rabbia cieca sorse all'interno del mio cuore, ma cercai di tenerla repressa per soddisfare la mia curiosità.
-Cosa ho fatto di male per essere odiata? Da quando sono entrata a far parte di questa famiglia mi avete odiato da subito e picchiato più volte, come mai? Non capisco, era la prima volta che vi vedevo, non vi ho fatto mai nulla di male...-
-Stupida ragazzina- mi interruppe sorridendo sorniona -Probabilmente l'unico sbaglio che hai fatto è stato nascere. Sai, probabilmente nell'incidente in cui è morta la mia amata sorella dovevi morire tu, non la tua famiglia, per colpa tua, di uno dei tanti sbagli compiuti dall'umanità sono morte delle persone, dovresti vergognarti per questo. Assassina.-
La rabbia nel mio cuore cedette posto al dolore, un dolore così profondo e così assordante da mozzarmi il fiato, sentii le mie gambe cedere e nuove lacrime bagnarmi le guance, ero consapevole che non dovevo credere a quelle parole, mirate solo a ferirmi, ma, sentivo che, una parte di me voleva crederci, voleva avere una scusa per proclamare la mia esistenza, un motivo che non avevo mai concepito e che non avevo mai trovato.
Sorrisi alla zia, decisi di smettere di mentire a me stessa, quella donna era mia zia, la zia che mi provocava i lividi sul corpo, la zia che non mi faceva mangiare per giorni se sorridevo in sua presenza, la mia crudele zia.
Non potevo di certo compararla alla donna fantastica e gentile che era mia madre, alla donna che mi faceva sorridere, alla donna che mi abbracciava se avevo fatto uno sbaglio, consolandomi e che si preoccupava al minimo starnuto. Alla mia mamma.
Volevo con tutta me stessa che l'unico ricordo legato alla parola "mamma" fosse quello.
Mi avvicinai, trascinandomi, al lavello della cucina, ero emotivamente distrutta, senza neanche accorgermene e con le urla della zia di sottofondo cominciai a bere avidamente il detersivo che usavo per lavare i piatti sporchi così da raggiungere una volta per tutta la mia amata mamma.
Il detersivo era alla menta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 17, 2017 ⏰

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