Era finalmente sabato.
Mi diressi a scuola, questa volta feci in tempo a prendere l'autobus. Non dimenticai di passare da Paolo per il mio caffè speziato, che era già pronto ad aspettarmi. Emma mi aspettava davanti al cancello principale del liceo.
"Puntuale, che bello. Nevica?" ironizzò.
Risposi con una smorfia ed un sorriso. In quell'istante Adam mi passò affianco, sorrisi. La felicità sul mio voltò sparì quando mi accorsi che ormai mi aveva superata senza neanche un saluto. Come fossi una qualunque, neanche la sua ragazza.
"Uau, ti sei trovata un bel tipo devo dire." commentò Emma facendo una faccia buffa, tra la preoccupazione e la rabbia.
Quando si arrabbiava il suo naso si arricciava sempre un po', rendendo le lentiggini ancora più evidenti. Portava un berretto grigio che le copriva i lunghi capelli biondi, aveva una sciarpa attorno al collo che quasi la faceva scomparire. I nostri respiri erano visibili nell'aria, ma quando lui mi passò accanto non si vide più il mio di respiro. Non sapevo cosa dire, ne cosa fare. Poi, accecata dalla rabbia lo raggiunsi dentro l'istituto. Stava poggiando lo zaino marrone sul banco quando mi piazzai proprio davanti a lui. Sobbalzò.
"Mi hai fatto prendere un colpo" sospirò.
"Non sa quanti te ne darei di colpi!"
Non disse nulla.
"Con che coraggio mi passi accanto senza dire una parola?" gli chiesi, temevo la risposta.
"Smettila di fare la bambina, non è la fine del mondo" la sua voce era piatta.
Era sempre così, ogni dannata volta. Riusciva a trovare il modo di ferirmi e farmi sentire inappropriata. Stavo per rispondergli quando la porta della classe si aprì dietro le mie spalle. Un ragazzo castano con la testa bassa e le cuffiette entrò senza fare tanto caso a noi. Quando finalmente si accorse della mia presenza fece una faccia stupita, non ne capì il perché.
"Cosa hai fatto Adam?" ridacchiò, pur avendo un tono serio, quasi preoccupato.
Non lo conoscevo molto, ma sapevo abbastanza di lui. Faceva parte della compagnia di Adam, per questo non mi piaceva tanto. I suoi amici non erano gran chè raccomandabili.
"Dalla faccia di Eva sembra che tu le abbia appena chiesto di abortire" continuò.
Pessimo umorismo, direi. Davvero pessimo. Non risi, giustamente, ma non potei fare a meno di notare che sapeva il mio nome e sentirglielo dire lì, per la prima volta, era strano. Afferrai lo zaino che avevo mollato a terra e senza esitazione lasciai la classe sbattendomi dietro la porta.
Buongiorno a me, insomma.Sospirai mentre dallo zaino tiravo fuori astuccio, diario e quaderno di Spagnolo. Mi alzai e posai il testo per casa sulla cattedra. Non sia mai che a quella venga in mente di mettermi un meno per i compiti non fatti. Ammetto però che le sue lezioni non erano spiacevoli e, udite udite, ero propensa a studiare spagnolo all'università. Non lo avevo ancora detto a mamma, per lei sarebbe stata una novità. Io e lo spagnolo non andavamo tanto d'accordo l'anno prima. Quella fu l'unica lezione che passò senza ricordarmi quanto schifo faceva quella giornata. Matematica, chimica, tedesco. Una palla, seriamente.
Finalmente l'intervallo, Emma mi trascino come al solito alle macchinette. Questa volta per sua fortuna la merenda le rimase incastrata dentro e ovviamente il suo uomo merendina era lì. Scosse la macchinetta con forza facendo cadere giù la merenda di Emma, ma anche questa volta se ne andò senza dire niente, non rispose neanche al 'grazie'. Probabilmente perchè la voce della mia amica era così bassa che non l'aveva sentita.
"Penso ancora che dovresti parlargli, hai sprecato un'altra occasione!" la rimproverai.
Lei sbuffò, sconsolata. Trascinò i piedi in direzione della classe e io la seguì ridacchiando. Era proprio sciocca, con lei non ci si annoiava mai. Guardavo fuori dalla finestra, alcune classi stavano uscendo. Tra di loro riconobbi quello che si diceva era il mio ragazzo. Immancabile la sigaretta in mano e un ghigno in volto. Parlava con il ragazzo di questa mattina, che però non sembrava divertirsi. Gesticolava con le mani, che brutta abitudine. L'espressione sul volto di Adam cambiò, era arrabbiato, forse infastidito. L'altro ragazzo iniziò a spintonarlo, all'inizio piano, poi un po' più forte.
Emma si era fermata, ma io non ci feci caso, quindi andai a sbatterle contro.
"Che guardi?" chiese guardando fuori dalla finestra.
Indicai Adam e la sua classe, dove sembrava essere scoppiata un piccola lite. Sembrava che quel ragazzo lo stesso rimproverando, ma lui non fece nulla, fino a quando cercò di tirargli un pugno. L'altro lo schivò velocemente e senza dire o fare altre, se ne andò.
Che diavolo era appena successo? Corsi giù per le scale principali, facendo lo slalom tra tutte quelle persone che stavano salendo. Quando arrivai alla porta il vicepreside mi fermò.
"Non puoi uscire" mi disse.
"Solo un secondo.." implorai.
Mi conosceva bene, era 'amico' di mia madre.
"Mi dispiace, Eva. Adesso suona, torna in classe"
Imprecai tra me e me. Che diamine!
Aspettai ansiosamente che finissero le lezioni, il mio ginocchio faceva su e giù, su e giù.
Preparai lo zaino e mi misi ad aspettare che suonasse, per poi fiondarmi fuori dalla mia classe e poi dalla scuola. Adam era lì, poggiato alla sua macchina. Aspettava me. Feci un respiro profondo e lo raggiunsi.
"Cos'è successo?" gli chiesi.
Sgranò gli occhi.
"Dimmelo tu, non so di che parli"
"Quel ragazzo, stavate litigando!" cercai di tenere un tono basso, ma mi costava fatica.
Lui sorrise.
"Certo che non ti sfugge proprio niente" scherzò.
Mi guardò e capì che ero seria, non era il momento di scherzare.
"Okay, okay.. mi stava facendo la ramanzina su come tratto la mia ragazza, non è assurdo?" iniziò.
Questa non me la aspettavo. Lui lo capì dalla mia espressione confusa.
"Eh? Cosa.." balbettai.
"Assurdo vero?" mi afferrò i polsi e mi avvicinò a lui "io la mia ragazza la tratto bene" mi diede un bacio sul collo, soffermandosi un po' troppo. Cercai di allontanarmi, ma mi teneva stretta. Certi giorni non riuscivo proprio a tollerarlo. Era uno di quelli.
"Ti accompagno a casa?" mi chiese poi. Colsi in lui la dolcezza che raramente c'era tra noi.
Il suo umore cambiava con la stessa frequenza con cui Coco Chanel cambiava scarpe.
"Non ti capisco proprio" sbottai.
Mi diede un passaggio, una volta davanti casa mi lasciò un bacio sulle labbra. La prima cosa che feci appena entrata a casa è stata togliermi tutto di dosso. Faceva freddo, ma mi sentivo pesante e stanca. Mi buttai sul divano in attesa che mamma tornasse a casa con il pranzo.
Controllai i social network, su Facebook mi era arrivato un invito dal uomo merendina per una festa di Halloween a casa sua. Il che era abbastanza strano, non ci avevo mai parlato. Non feci in tempo a pensarci che mi arrivò una telefonata da Emma, strillava contenta, non poteva contenersi. Ovviamente non si poteva discutere, ci dovevamo andare. Aveva già deciso.****
Ciao a tutti, spero che la storia vi intrighi un pochino. Deve essere così, altrimenti non sareste arrivati a fine capitolo, no?
Se vi è piaciuto lasciate una stellina e se avete consigli o qualcosa da dirmi commentate.
Ci vediamo alla festa di Halloween!
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Febelius
RomanceEva ha 17 anni, frequenta il liceo linguistico a Verona dove vive con sua madre. Da qualche mese sta con il ragazzo più desiderato della scuola: Adam. Il destino però le riserva molte sorprese, che potrebbero far vacillare tutte le sue sicurezze.