NOiRE - Capitolo 4

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Il corridoio era deserto, le aule chiuse e l'unico rumore che si sentiva era quello del vento che soffiava fuori. Mi diressi comunque verso l'aula di scienze, pur essendo ormai inevitabilmente in ritardo. Magari, a causa del mancamento di corrente il professore non si sarebbe accorto del mio ingresso e avrei potuto sedermi inosservato al mio posto e, perché no, anche schiacciare un pisolino. Ma non appena poggiai la mano sulla maniglia della porta, il mio sguardo cadde involontariamente sul muro dove era riflessa l'ombra di una bambina proiettata dalla finestra dietro di me. Questa volta volevo vederci chiaro. Feci un passo indietro per allontanarmi dalla porta e mi voltai lentamente. Ma non feci in tempo a farlo che l'ombra si era spostata dall'altro lato della porta.
"Ho capito, sono diventato pazzo" pensai. Continuai a seguire con lo sguardo l'ombra, cercando di trovare la persona che la rifletteva, ma inutilmente. Le luci del corridoio si accendevano e spegnevano in modo irregolare, e io mi sentivo la testa scoppiare. All'improvviso, l'ombra scomparve del tutto e, dopo qualche altro farfallio delle luci, questa tornò a funzionare regolarmente. Accadde tutto talmente tanto in fretta che non mi ero neanche accorto di essere finito a terra, stremato. Mi sentivo gli occhi pesanti, e l'ultima cosa che vidi prima di chiuderli furono la porta dell'aula di scienze che si apriva e le gambe del professore che mi raggiungevano. Probabilmente mi stava anche dicendo qualcosa, ma non la sentii perché a quel punto avevo completamente perso coscienza.

Quando fui di nuovo sveglio, mi ritrovai sdraiato su un letto. Capii immediatamente dove mi trovavo: quell'odore di igenizzante e quella calma quasi surreale non potevano che appartenere all'infermeria della scuola. Cavolo, chissà per quanto avevo dormito. Chissà che figura dovevo aver fatto. E chissà chi era stato a portarmi lì. Forse il professore di scienze, infondo è grande e grosso. Ad ogni modo, fui felice di trovarmi in quella stanza, lontano da ogni fastidio. E poi, l'infermiera è una donna molto carina e giovane, non mi dispiaceva affatto essere in sua compagnia. Naturalmente solo per fare quattro chiacchiere, il mio cuore appartiene solo a Janet.
Nonostante tutto, non riuscivo a non pensare a quello che era successo prima. Cosa voleva quella bambina da me? Cavolo, non ero neanche sicuro che esistesse veramente o se fosse solo frutto della mia immaginazione. Ma no, non poteva essere, era tutto troppo reale per essere solo la mia fantasia. Mi misi a sedere sul letto e feci per alzarmi, ma fui preso da un giramento di testa improvviso. "Pessima idea" pensai. Rimasi seduto sul bordo del letto e guardai l'orologio appeso al muro di fronte a me.

12:43

Cavolo, avevo perso due lezioni. Il giramento di testa era passato, ma adesso la sentivo martellare. Non potevo rimanere a scuola, dovevo tornare a casa.
Sentì la porta dell'infermeria aprirsi, e vidi l'infermiera entrare. Sembrava sorpresa di vedermi sveglio, e subito mi si avvicinò.
"Vedo che ti sei svegliato," disse piano, quasi sussurrando, "come ti senti?"
"Non molto bene, ho ancora un forte mal di testa e quando provo ad alzarmi ho il capogiro", l'ultima non era vera, i giramenti di testa mi erano passati, ma magari in questo modo sarei riuscito a convincerla a firmarmi un permesso per andare via prima.
"Capisco... Sarà meglio che ti faccia venire a prendere da un genitore e torni a casa, allora. Non sei nelle condizioni di rimanere né di andare via da solo."
Non era esattamente ciò che speravo, ma sempre meglio di niente. L'infermiera mi lasciò solo per telefonare ai miei genitori. Chiamai mio padre, visto che a quest'ora mia madre era ancora in ufficio. Gli spiegai di non essermi sentito bene e che ero andato in infermeria per riprendermi, ma che continuavo a stare male e avrei voluto che venisse a prendermi. Mio padre capì, e mi disse che sarebbe arrivato fra qualche minuto. Chiusi la chiamata e mi sdraiai nuovamente sul letto, aspettando l'arrivo di mio padre. Una volta a casa, avrei potuto riflettere quanto volevo sull'accaduto, ma ora volevo solo stare tranquillo, e quel mal di testa martellante non me lo voleva proprio permettere.

Dopo circa dieci minuti, l'infermiera rientrò per venirmi a chiamare, dicendomi che mio padre era fuori che mi aspettava. Mi alzai un po' barcollante, raccolsi tutte le mie cose e uscii dalla stanza, ringraziando l'infermiera. Lei mi sorrise, e mi raccomandò di rimettermi presto. "È proprio una donna dolce" pensai.
Fuori dalla scuola vidi l'auto di mio padre, il quale era ancora dentro la vettura con il cellulare in mano. Probabilmente stava giocando con qualche applicazione, da quando aveva comprato un nuovo smartphone lo aveva riempito di giochini, applicazioni inutili e di chissà quanti virus. Mi incamminai verso di lui, ma nel corridoio incrociai lo sguardo di una ragazza, l'unica lì presente, oltre a me. Era Meredith Foster.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 04, 2017 ⏰

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