L'inizio della fine

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Era una giornata d'autunno, le gocce di pioggia che scivolavano sul vetro della finestra della stanza di Alexandra accompagnavano il suo pianto, che durava ormai da due lunghe ore. Le lacrime le avevano inzuppato il lungo ciuffo nero che portava davanti all'occhio destro, mentre dell'eyeliner non era rimasta più traccia; i suoi grandi occhi marroni assunsero un colore rossastro, la bocca le tremava, singhiozzava, non riusciva a parlare se non emettere leggeri gemiti. Era raggomitolata sul suo letto, avvolta da una grande e morbida coperta nera, le mani le passava in continuazione sugli occhi nel tentativo di asciugarsi il volto, ma le lacrime non si fermavano ed il suo viso rimaneva bagnato.

Nella sua stanza a farle compagnia si trovavano anche due gattine di sette anni ciascuna: Angel e Tiger.
Angel era bianca come la neve, le venne assegnato questo nome perché nacque prematuramente per cui si trovava sul filo tra la vita e la morte, fortunatamente venne portata da un bravo veterinario che la aiutò ed in pochi giorni la piccola divenne parte della famiglia Denniston.
Tiger era la gemella di Angel, ma al contrario di essa era ricca di colori: una gatta dal pelo tigrato grigio con il musetto bianco e l'estremità della coda e delle zampe marroncine.

Alexandra sentì qualcosa tirarle i capelli e si voltò di scatto facendo un veloce ed impaurito sospiro. A giocare con la sua lunga chioma nera con qualche ciocca blu e viola era stata Tiger, la quale era sempre stata molto giocherellona e trovava sempre qualcosa con cui giocare in ogni situazione. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, sorrise e accarezzò la micia che iniziò immediatamente a fare fusa e rotolarsi sul letto.
La padroncina cominciò a giocare con lei e a divertirsi al punto di aver placato il pianto.

«Tiger, perché non posso essere come te?»    
Sussurra Alexandra
«Tu sei bellissima, vivi di coccole, immersa tra cibo e persone che ti amano, le cose fondamentali per vivere bene le hai, difatti sei sempre felice, sempre allegra e soprattutto sai sempre come tirarmi su il morale...E mi stupisco di come tu ci riesca, al contrario di tutte le altre persone che ci provano».

Lentamente si diresse verso il comodino bianco che affiancava il letto ed afferrò il cellulare. Era un Asus nero, e sulla cover di gomma erano raffigurati Jack Skeleton e Sally che si tenevano per mano, e dietro di loro una grande luna ad illuminarli. Scorse un po' le notifiche dei vari social, aprì Instagram ed osservò gli ultimi caricamenti degli utenti che seguiva.

«Oh, Sara e Luca si sono fidanzati... Antonio e Kevin giocano insieme da dieci anni... Maddalena, Dalila e Francesca non si separano mai...»    
Alzò gli occhi e fissò Tiger, il suo sorriso mostrava felicità, mentre il suo sguardo colmava di gelosia.
«Q-quanto mi piacerebbe avere qualcuno con cui essere me stessa, qualcuno con cui passare le giornate e divertirmi, qualcuno a cui poter confidare i miei segreti, qualcuno da abbracciare e magari poter consolare»    
Era felice di sapere che al mondo esistevano persone felici, che non tutti soffrivano di solitudine, ma allo stesso tempo moriva dentro per il fatto che lei non era così, lei non aveva nessuno se non due dolci e tenere gattine.
Selezionò l'applicazione "Musica" e scorse alcuni brani prima di selezionare "Pittsburgh" dei "The Amity Affliction". Era la sua canzone preferita, adorava lo scream, il melodic metalcore e soprattutto quel genere di testi.

«I've been searching for an exit, but I'm lost inside my head;
Where I spend every waking moment wishing I was dead. 
[...]
I can't take another breath,
Please tell me I am not undone.» 

La cantò tutta. Aveva una voce candida e chiara, sicuramente se avesse pubblicato qualche cover avrebbe avuto in breve tempo molta fama, ma la sua voce non le piaceva affatto, lei cantava per il gusto di farlo, il canto le dava sollievo, ma non avrebbe mai immaginato di far ascoltare a qualcuno le grandiosità che riusciva a creare con il solo uso della sua  voce.

Quel pomeriggio decise di uscire di casa, erano passate ormai due settimane dall'ultima volta che lo fece e sentiva il bisogno di cambiare aria, di distrarsi almeno per qualche oretta da tutta la negatività che la stava soffocando.

Indossò un paio di collant neri, con degli shorts grigi, una maglietta nera con il logo dei Linkin Park con addosso una felpa dello stesso colore ed un paio di Converse alte fino alle ginocchia, si sistemò gli auricolari, inserì il cellulare nella tasca destra della felpa ed uscì.
Si diresse verso un parco abbandonato, i cui giochi erano pericolanti e stavano lentamente cadendo a pezzi. Si distese sotto l'ombra di un albero dalla grande e verde chioma, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla tranquillità del luogo e dalla potenza della musica sparata nelle orecchie. Senza rendersene conto divenne sera, appena se ne accorse si alzò ed iniziò a correre verso casa; i suoi genitori stavano per arrivare e non dovevano sapere che era uscita, le era stato infatti vietato uscire di casa durante la loro assenza.
Durante il tragitto incontrò alcune sue compagne di classe, lei le guardò con un sorriso falso in viso e alzò il braccio per salutarle, ma loro la ignorarono e successivamente udì:
«Alexa-che? Quell'emo depressa che sta antipatica a tutti? Si si ne ho sentito parlare molto male ahah ma che vada ad impiccarsi...»    
Lei fece finta di nulla, non voleva mostrarsi fragile, non voleva far capire quanto poco bastasse per abbatterla, lei era dell'idea che se una persona si convince di essere forte, può esserlo, l'autoconvinzione è più forte di qualsiasi cosa e purtroppo lei lo sapeva benissimo. Era stata abituata fin da piccola ad essere rifiutata, non aveva vestiti di marca ai tempi dell'asilo, a quell'età le importava solamente fare amicizie e divertirsi, ma evidentemente i genitori degli altri bambini non lo capivano e vietavano ai loro fogli di frequentarla, così si trovava a giocare sempre sola. E' stata costretta ad imparare a crescere da sola, ad arrangiarsi, a non fidarsi di nessuno; tutto questo l'ha imparato, ma adesso ha bisogno di qualcuno che le insegni a vivere circondata dalle persone, che le insegni a vivere una vita vera e normale.

Giunse a casa respirando affannosamente, la corsa l'aveva fatta stancare parecchio, ma purtroppo i suoi genitori arrivarono prima  e la sgridarono abbastanza:
«Quante volte ti abbiamo detto che non devi uscire quando noi non siamo presenti?Non sei abbastanza grande per capirlo da sola che se ti succede qualcosa nei casini ci finiamo io e tuo padre e non tu perchè sei minorenne? Sei veramente così stupida da non capirlo? Per punizione ti sequestriamo il cellulare, vediamo cosa farai adesso. E soprattutto dove sei stata e con chi?»    
«S-sono andata a quel vecchio parco abbandonato..»    
«Cosa ci sei andata a fare che non ci va mai nessuno? Come te lo dobbiamo fare capire che non devi assolutamente andare in luoghi poco affollati? E' in quei luoghi che sta la cattiva gente, Mica lo stai diventando anche tu? Ma soprattutto rispondi alla domanda di prima, con chi eri?»   
«Con nessuno... Ero sola...»
«Come sarebbe a dire sola? Tu sola non vai da nessuna parte, sono sicura che sei uscita con qualcuno, adesso devi dirmi con chi!»    
«Nessuno mamma... Te lo giuro»    
«Se continui a mentire dopo ti controllo anche il cellulare, vediamo i segreti che ci nascondi.>>
«Ma io non vi nascondo assolutamente nient-»    
Venne interrotta immediatamente dalla madre che le urlò di andare in camera sua all'istante, non vedeva come questa conversazione potesse svolgersi con maturità e comprensione, perciò obbedì.

Era molto tardi, ed il giorno dopo doveva anche andare a scuola, decise quindi di indossare il pigiama e mettersi a dormire e, come era d'uso per lei, stringere fortemente il peluche a forma di cuore che le aveva regalato sua nonna prima di andarsene per sempre, in un posto che avrebbe voluto raggiungere molto presto anche lei.

Going Down, Falling Forever.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora