CAPITOLO 2 - SENSAZIONI

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"P-pronto?"

"Ciao, sono Dalen. In questi giorni ho avuto molto da fare, ma per le ripetizioni abbiamo ancora un accordo?"

"Certo, nessun problema. Possiamo andare in biblioteca, ci metteremo al massimo dieci minuti ad arriv-"

"No, preferisco stare da te." mi interruppe.

"Ah, va bene allora... facciamo settimana prossima?"

"Beh, veramente stavo pensando di venire domani"

"Domani?!" gridai sobbalzando.

"C'è qualche problema?"

"N-no, scusa. Domani va bene" 

"Perfetto. Mandami il tuo indirizzo e l'orario appena puoi. A domani!" e riattaccò

Ero incredula. Era successo tutto così velocemente che ancora non potevo crederci. Domani? Come potevo accettare di vederlo così presto? Sentivo già l'ansia scorrere attraverso le mie vene lungo tutto il corpo. Poi mi alzai, corsi allo specchio sopra la scrivania e mi fissai negli occhi. "Jen, stai scherzando? Sono solo ripetizioni! Datti una calmata, dannazione!" mi dissi. Rimasi qualche istante lì, in silenzio, immobile. Poi tornai in me, mi scostai i capelli dietro le orecchie e li legai con un elastico rosso. "Pensa a tagliarti i capelli, invece di queste cavolate" continuai a pensare. E in effetti avevo ragione: lisci come spaghetti, mi sfioravano il fondoschiena e la loro cura stava diventando insostenibile. Nemmeno il tempo di distrarmi che un pensiero affiorò nella mia testa senza nessun riguardo: mamma.

Ogni volta che qualcuno doveva venire a casa mia, mia madre Clare coglieva l'occasione per stare in compagnia e non sentirsi sola. Dalla morte di mio padre non era riuscita ad avere un legame stretto con nessuno, e per questo si sentiva continuamente sola. A me non dava fastidio la sua voglia di compagnia, al contrario mi divertiva. Nonostante fosse una donna forte e decisa, non mi parlava mai di papà, sapevo pochissime cose su di lui, visto che ci aveva lasciate quando io avevo pochi anni di vita. Non so nemmeno come è successo, mamma mi ha sempre detto che me ne avrebbe parlato quando il momento sarebbe giunto, e io accettavo: dentro di me sapevo che non ero pronta. Molto spesso però era motivo di imbarazzo per me, perché a volte diventava davvero troppo assillante.

Ma d'altronde è sempre stata così con me. Ha sempre cercato di avere il controllo della mia vita, di spingermi anche dove non sarei voluta andare. Ma la capivo.. dopo la perdita di mio padre, ha rischiato di perdere anche me. Ricordo ancora quel giorno, ricordo di aver aperto gli occhi per una frazione di secondo e di aver visto gli occhi di mamma dritti dentro i miei, prima di perdere di nuovo conoscenza. Erano lucidi, ma non aveva lacrime. Deve essere stata davvero sotto shock. Io non ricordavo nient'altro, o almeno niente prima di quel momento... e non lo ricordo ancora. Durante l'incidente persi completamente la memoria, mi ricordavo solo di lei. Nient'altro. Erano passati cinque anni e ancora non avevo ricordi della mia infanzia, di mio padre... In quel momento mi resi  conto che la rabbia echeggiava di nuovo in me, il pensiero di non aver mai potuto conoscere mio padre e di aver dimenticato quel poco che sapevo di lui mi logorava dentro. Ma non sentivo dolore,  solo rabbia. Sentii l'impulso di lanciare qualcosa, e lo feci. Presi una penna e la lanciai contro l'armadio alla mia sinistra. Certo, non un grande danno ma fece abbastanza rumore da far correre mamma in camera mia.

Aprì la porta con un unico e velocissimo gesto e si piazzò dietro le mie spalle fissandomi dallo specchio. Non disse niente, rimase lì a fissarmi. 

"Raccontami di nuovo dell'incidente" sussurrai.

"Jen, te lo ripeto, non ti fa bene pensarci così spes-"

"Raccontamelo" dissi alzando leggermente la voce.

Distolse lo sguardo dai miei occhi, andandosi a sedere sul letto e facendomi cenno di seguirla.

Like a butterfly under the rainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora