Non so come, non so dove, non so perché, ma è successo. Tutto ciò che mi ero ripromesso di non fare è andato a farsi benedire assieme alla fatica, alla perdita, a quei lunghi capelli rossi e gli occhi azzurri di una bambina intrappolata nel corpo di una donna.'Stupida io ad averci sperato. In fondo, lo hai sempre detto anche tu che ti piace giocare.' queste furono le ultime parole che quel vulcano di ragazza pronunciò, prima di salire sulla sua barca e sparire dentro la nebbia che sovrastava il lago.
"In fondo perché mi stavo dando pena per una persona con cui ho condiviso solo due mesi della mia esistenza? Ora che la mia vita era tornata come prima, perché dovevo tormentarmi la mente col pensare a quelle stupide chiacchierate sul pontile, a quei vestiti strambi, al caleidoscopio, alla contentezza nel vederla arrivare con la sua barca mezza malandata, ai suoi grandi occhi che sorridevano, assieme alle labbra, quando da lontano la salutavo?"
Chiudo l'ultima valigia e, con un vuoto allo stomaco che si propaga fino al cuore, afferro le chiavi della macchina, la mano della mia fidanzata e me ne torno a casa. Che poi, casa cos'è?
«Sei pronto?» mi chiede Beatrice, sorridendomi e io, in risposta, annuisco. Erano mesi che non vedevo le sue labbra curvarsi in quel modo, erano mesi che non le stringevo la mano, erano mesi che non avevo più notizie di lei. Erano mesi che non facevo altro che aspettare il suo ritorno eppure, ogni volta che pensavo al momento in cui l'avrei rivista, me lo immaginavo diverso: più emozionante, più coinvolgente, più...più. Ma sono comunque felice che il mio primo amore sia vivo e che sia tornato da me.
«Siete pronti?» chiede mia nonna aspettandoci, con una busta piena di cibo, vicino la macchina.
«Prontissimi!» esulta Beatrice, allargando il sorriso lucente. La guardo e mi rendo conto di non esserne più contagiato come un tempo: "Che non la ami più?" penso. Scuoto la testa e rido tra me e me. In fondo, devo ancora abituarmi al suo ritorno.
«Figliolo, posso parlarti?» interviene mio nonno Augusto, circondando le mie grandi spalle con il suo altrettanto grosso braccio. Annuisco e lo seguo.
«Dimmi nonno.» lo incito.
«Sei sicuro di non aver dimenticato nulla?» esordisce, lasciandomi confuso e incerto. Ci penso un po' su e annuisco. Affranto, chiude gli occhi e china il capo, per poi scuoterlo.
«Nonno, mi sono dimenticato qualcosa?» chiedo, spremendo le meningi e cercando di ricordare.
«No Marco. A quanto pare no.» termina così il discorso, liquidandomi e lasciandomi disorientato. Torno alla macchina dove Beatrice intrattiene un discorso acceso sui biscotti con mia nonna: le guardo e mi fa strano vederle assieme. Improvvisamente, dinanzi a me, appare la figura di quella ragazza strana al posto di Beatrice e, inconsciamente, spalanco la bocca. Scuoto immediatamente la testa e, istintivamente, mi volto a guardare dall'altra parte del lago dove c'è lei che mi fissa, seduta sulla sua barca, posizionata al centro del lago, mentre tiene in mano il suo ombrello di pizzo bianco. Le nostre labbra non si muovono, ma i nostri occhi si parlano e dicono tutto ciò che a parole non abbiamo mai avuto il coraggio di dirci.
«Amore andiamo?» la voce di Beatrice mi richiama e, voltandomi, la raggiungo, salgo in macchina e torno a casa.
Spazio autrice.
Ciao a tutti! Eccomi qui a cimentarmi in una storia d'amore che, diciamocelo, non è il mio campo! Spero comunque che possa piacere. A presto!
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La ragazza del lago.
Romance'Devo riconoscerlo. Sei stato il mio addio più faticoso. Sei stato l'addio che non volevo pronunciare. Sei stato l'addio ripetuto tantissime volte: quello gridato, sussurrato, detto con odio, con amore, con tutti i sentimenti possibili. Sei il mio a...