Requiem

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(N.B.
Suggerisco la lettura dello spazio autrice prima di iniziare con la storia)

Nel silenzio della notte, gli unici suoni udibili erano un gioviale e sommesso canticchiare ed il sottile ronzio degli strumenti atti a rendere la zona sufficientemente illuminata per poter lavorare -luci, aspiratore, seghetto per ossa-.

"Sei un mostro."

La voce continuava ad intonare sommariamente le sue note, imperterrita, e ben presto a quei rumori si unì anche il rapido e leggero gocciolare di un liquido per terra.

Drip, drip, drip, drip.

"Fai schifo."

Drip, drip, drip, drip.

"Assassino."

Una volta terminato, posò il seghetto sul carrellino accanto al tavolo d'innanzi a lui. Il gocciolare tanto insistente era diventato ben più rapido, frenetico, ma il ragazzo parve non farci caso.

"Se morissi, il mondo sarebbe un posto migliore, e non lo credi solo tu."

Questa frase gli strappò una secca risatina un po' isterica, che quasi sovrastò il suono di plastica smossa, quella di alcuni sacchetti dei rifiuti. Iniziò a riporre con estrema cura il suo operato all'interno di questi, avvolgendo più volte ciascuna parte, assicurando ogni sacchetto con del nastro da pacchi.

"Animale."

Un piccolo tic nervoso sfuggì al suo controllo. Era uno dei termini che più disprezzava, ma si ripeté di non prestare attenzione ai commenti che continuava ad udire. Riprese a canticchiare ed iniziò a pulire l'ambiente.

"Mostro, mostro, mostro."

Ripose il seghetto, rimosse il telo dal lettino, prese i prodotti per la sanitizzazione, e via di olio di gomito.

Fu mentre si trovava in ginocchio a terra, con uno straccio impregnato del prodotto trovato nello stanzino subito fuori dalla sala operatoria che superò il limite.

"I tuoi genitori hanno ragione."

Si alzò di scatto, con tanto impeto da sbattere il capo contro la parte inferiore della brandina. Gemette leggermente di dolore, e si portò una mano al capo mentre si rialzava, decisamente adirato.

<Quei due coglioni non sanno un cazzo.> sibilò, decisamente aggressivo.

"Ah, sì che sanno. Sanno tutto, sanno che tipo di animale tu sia."

<Zitta. Sta' zitta.>

Gettò lo strofinaccio nel secchio, generando un suono umido, fastidioso, e tingendo rapidamente l'acqua lì presente di un tenue rosso, e fece vagare lo sguardo attorno a sé, rapidamente, come per ispezionare l'ambiente circostante.
La sala operatoria risultava pulita alla perfezione, immacolata; gli aloni lasciati dai prodotti per pulire sarebbero evaporati nel giro di pochi minuti, ben prima dell'orario in cui sarebbe stata nuovamente utilizzata. Una rapida occhiata all'orologio appeso sulla parete gli fece realizzare di avere poco più di tre ore e mezza per poter tornare a casa, lavarsi, vestirsi, mangiare qualcosa e recarsi allo studio.
Poco male, aveva fatto ben di peggio in molto meno tempo.
Iniziò a spingere la barella lungo i corridoi dell'ospedale fino a raggiungere il montacarichi. La zona a quell'ora era prevedibilmente deserta, quindi nessuno gli impedì di usufruire del mezzo per scendere nei sotterranei. Poi, dritto, quarta a destra, sinistra, sinistra, ed in fondo al corridoio, eccola: la porta antincendio gialla, sporca e rovinata dal tempo, dietro cui si celava il forno crematorio dell'ospedale. Era ancora acceso, visto che l'ultimo ciclo di distruzione del materiale organico a rischio sanitario era iniziato da poco, e fu quindi costretto ad indossare degli indumenti protettivi prima di aprire il pertugio atto a controllare lo stato del materiale all'interno del forno.
Con lentezza e precisione, fece scivolare nella stessa i vari sacchetti, uno alla volta, ed un vago sorrisetto fiorì sulle sue labbra nel notare come la plastica iniziasse a fondere prima ancora di toccare il ripiano del forno. Una volta finito, si liberò anche dei guanti chirurgici indossati fino a quel momento, e mise ogni oggetto utilizzato al suo posto, meticoloso.
Ogni traccia del suo operato sarebbe stata ridotta in cenere prima ancora dell'inizio ufficiale della sua giornata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 12, 2022 ⏰

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