Mi svegliai di soprassalto. Erano solo le 8:00 del mattino eppure dalla stanza principale del saloon proveniva giá un brusio assordante.
Mi alzai dal letto, andai a lavarmi e misi un abito pulito.
Mi guardai nel lungo e stretto specchio posizionato su una delle pareti della mia piccola stanza: ero così cambiata in quegli otto anni.
Il mio corpo era maturato, i miei capelli castani mossi erano diventati molto più lunghi, il mio volto pallido era ora coperto di trucco per avere un'aria più sensuale. Quel rossetto color ciliegia contrastava col pallore della mia carne e con i miei grandi occhi scuri.Mi misi a sedere alla mia scrivania: era molto malandata, e più che di seconda mano sembrava un catorcio ma a me non importava. Solo seduta a quel tavolo con il mio calamaio e il mio quadernino blu riuscivo a trovare quel po' di serenità che mi dava la forza per affrontare la giornata.
Ricordo perfettamente quando chiesi ad Hank di comprarmi un quaderno e dell'inchiostro: egli mi aveva chiesto se volessi che mi portasse qualche regalo dal suo viaggio a Denver. Ovviamente intendeva profumi, gioielli o vestiti, come gli avevano chiesto le altre ragazze. Io invece gli domandai qualcosa per scrivere. Non posso negare che rimase sorpreso da quella mia richiesta ma nonostante tutto non si arrabbiò e mi portò esattamente ciò che desideravo.
Ciò che mi sorprese maggiormente fu il fatto che non mi chiese mai che cosa scrivessi su quelle pagine: era l'unica cosa che mi permetteva di fare liberamente.Stavo per cominciare a scrivere quando qualcuno bussó violentemente alla porta della mia stanza. Non mi ci volle molto per capire chi fosse.
《Ali, dolcezza esci fuori e comportati bene: è appena entrato un tizio che sembra avere parecchi soldi. Prova a fartelo amico, magari riusciamo a farlo uscire di qui con meno peso nelle tasche》disse Hank con la sua voce sbeffeggiante.
Capii subito ciò che dovevo fare: mi diedi un ultimo sguardo allo specchio e uscio dalla camera.《Eccomi Hank. Allora, chi è il riccone?》domandai .
《È quel tipo laggiù》rispose indicandomi un uomo sulla sessantina, piuttosto basso con pochi capelli ormai grigi è un cappello da cowboy.《ti consiglierei di non farlo aspettare. Fatti pagare bene, mi raccomando, fagli capire quanto vali》non appena finí di pronunciare quelle parole mi avvicinò a se e mi diede un bacio sulla guancia.
Sapevo esattamente cosa dovevo fare.Mi avviai verso la mia preda, camminando in modo da far ondeggiare le anche il più possibile, senza sembrare ridicola ma dando un tono molto sensuale al tutto.
Ricordo come Hank mi aveva insegnato come muovermi in modo -così definito da lui con molta eleganza- arrapante. All'inizio mi sembrava tutto un gioco...
Appena fui abbastanza vicina all'uomo, mi misi a sedere sul bancone del saloon e lo guardai sorridendo con malizia. L'uomo ricambió il mio sguardo e si avvicinò di più a me con la sedia.
A quel punto io scesi dal bancone e mi misi a sedere sulle sue gambe.《Come ti chiami, bellezza?》Mi chiese lui sfiorandomi la spalla lasciata scoperta dal vestito.
《Che importanza ha un nome? Quella che noi chiamiamo rosa anche con un altro nome avrebbe il suo profumo》Shakespeare? Davvero? Avevo appena citato Shakespeare a un tipo così rozzo? Come immaginavo egli non colse la citazione e non sapendo cosa rispondermi iniziò a lasciarmi dei baci umidi lungo il collo.
E mentre lo lasciavo giocare col mio corpo iniziai a pensare ad altri sonetti e poesie. Solo allora mi accorsi che Hank si trovava dietro al bancone ed era poco distante da noi, intento a pulire dei bicchieri, ma non ci feci molto caso.
《E tu come ti chiami, tesoro?》chiesi all'uomo interrompendo per qualche secondo i suoi baci.
《Puoi chiamarmi Wayn, splendore》rispose, tornando all'attacco con la sua bocca viscida.
Wayn... significa "colui che costruiva i carri". Ebbene sì, la mia passione era memorizzare il significato dei nomi e in base a quello cercare di immaginarmi la vita della persona che avevo davanti. Poi, una volta che avevo finito di lavorare, annotavo sul mio quadernino blu il nome e la storia da me inventata.
Pensare a quello era l'unico modo per distrarmi e non soffermarmi su chi avevo davanti.《Wayn, penso sia ora di decidere cosa fare: vuoi venire nella mia camera e continuare a divertirci oppure preferisco lasciarmi qui da sola?》gli chiesi con malizia. Quanto mi facevo schifo in quel momento. Eppure come diceva sempre Hank 《gli affari sono affari》e sebbene tutto ciò fosse ai limiti della legalitá io avevo firmato un contratto.
La risposta era scontata: andò da Hank, pagó in anticipo il mio prezzo, si lamentó di quanto fosse caro e a quel punto Hank gli disse che ne valevo la pena e che non ne sarebbe rimasto deluso.
Succedeva sempre così. Il mio prezzo fisso era di 5 dollari, ma poteva cambiare se il cliente era più ricco.Wayn si era lamentato nonostante fosse piuttosto benestante: per me era quindi un avaro costruttore di carri.
Dopo aver consumato il rapporto con quell'uomo viscido andai a lavarmi velocemente e mi rimisi i miei vestiti. Subito dopo abbozzai la storia dell'avaro Wayn su un foglio di carta e tornai nel cuore del saloon per vedere se qualcun altro mi desiderava.
Nel saloon non c'era nessuno tranne i soliti abituali giocatori di poker e qualche uomo del paese intento a farsi una birra: fortunatamente nessuno aveva bisogno di me. Andai dietro al bancone e cominciai a travasare del whisky in delle bottiglie più piccole.Ero immersa nei miei pensieri quando la voce di Hank mi risvegliò.
《Sul serio? Shakespeare?》
Evidentemente aveva sentito ciò che avevo detto al viscido riccone.
《Scusa? E tu da quando conosci Shakespeare?》domandai incredula.
《Ali, dolcezza, non c'è motivo per cui tu ne sia cosí sorpresa: in fondo non ne abbiamo mai parlato》nella sua voce c'era sempre un tono di scherno che mi metteva i brividi.
《No, certo... quando vieni nelle nostre stanze non vieni di certo per parlare》gli rimproverai io con una punta di malinconia.
Mi metteva a disagio: c'erano giorni in cui non sembrava un uomo crudele, anzi era quasi piacevole chiacchierare con lui; altre volte invece era intrattabile e sembrava che si divertisse a usare me e le altre ragazze come oggetti.
Eppure, a differenza di come si comportano altri uomini con le loro donne, non ci aveva mai picchiate, anzi andava su tutte le furie se veniva a sapere che qualcuno aveva provato a farci del male. Lui diceva che aveva paura che qualcuno gli rovinasse la merce, ma io in un certo qual modo speravo che lo facesse perché un po' teneva a noi.
Certo... se teneva davvero a noi, perché continuava a farci prostituire? "Perché gli affari sono affari,Alisea" ricordai a me stessa.
Comunque non riuscivo a credere che non ci fosse del buono in lui... Anche perché certe volte eravamo così simili da spaventarmi e per capacitarmene avevo pensato che questo potesse voler dire solo due cose: o lui non era sempre stato un uomo crudele o io stavo diventando spietata come lui.
Oppure vi era un'altra alternativa:non non riuscivo ad odiarlo perché la storia che mi ero inventata sul suo passato era talmente credibile da portarmi quasi a pensare che fosse la sua storia vera.
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Funamboli
Historical Fiction1872, Sandy, Utah Alisea è cambiata da quando aveva quindici anni. Dopo essersi trovata costretta a prostituisi a causa di un contratto firmato quando era ancora troppo ingenua per sopravvivere ad un mondo spietato e disonesto, è diventata un'altra...