1. Viziata Ma Non Proprio

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Quella notte dormii poco e niente. Ero troppo emozionata anche solo per pensare al sonno. Passai le ore facendo rimbalzare una vecchia pallina da tennis sul muro poco distante dai piedi del mio letto. La piccola distanza che separava la trapunta della coperta dal muro blu cobalto della mia camera, permetteva alla pallina di finire dritta nelle mie mani con una parabola a dir poco perfetta. Dire che la mia camera era modesta era dire poco. La testiera del letto era addossata al muro e, esattamente sopra la mia testa c'era una parte del piccolo armadio, anch'esso addossato al muro per risparmiare spazio. Sul lato del letto c'era una finestra dalla quale avevo tolto le tende. Ogni notte si staccavano quando mi rigiravo nel letto, impigliandosi tra le mie gambe e le coperte, così tempo fa io e i miei genitori avevamo deciso di toglierle definitivamente per crearmi meno problemi. Una parte del muro, quello dove c'era la porta, era vuota. Troppo piccola per metterci una scrivania. Ma anche troppo grande per rimanere vuota. Quando, da piccola avevo deciso di dipingere la mia stanza di tutte le tonalità di blu possibili, avevo deciso di riempirlo in modo alternativo. Mi ero fatta comprare dei post-it, anch'essi blu, da poter attaccare al muro. L'avevo chiamato il muro degli obbiettivi perché, ogni bigliettino, conteneva un obbiettivo che dovevo in ogni modo raggiungere. Dopo quasi otto anni passati ad attaccare post-it qua e là, potevo solo essere fiera del risultato raggiunto. Tutto quel blu mi metteva allegria. Su molti dei bigliettini avevo fatto una mezza luna, segno che avevo deciso per differenziare gli obbiettivi raggiunti da quelli ancora non raggiunti.
Quella sera ne avevo aggiunto un altro alla mia già vasta collezione: passare un compleanno indimenticabile. Dovevo riuscirci a tutti i costi. C'era una tradizione, a Whynot, secondo la quale il quindicesimo compleanno era più importante del diciottesimo e quindi ci si aspettava feste indimenticabili. E io non potevo non onorare una delle tradizioni più importanti della mia città.

La mattina mi svegliai di soprassalto, ricordandomi di essermi addormentata durante la notte. Mi misi a sedere, poggiando la schiena contro la testiera. Premetti il tasto sul mio orologio digitale, facendo illuminare il piccolo schermo. Con gli occhi semichiusi dal sonno controllai l'ora. Erano le sette e venti.
Sette e venti?! Balzai giù dal letto, notando le prime stranezze della giornata. Guardai di fronte a me per cercare il post-it che avevo attaccato la sera prima. Per poco non urlai nel vedere la parete completamente rosa. Dopo poco realizzai che non solo il mio bellissimo blu era stato sostituito da un orripilante rosa confetto, ma anche tutti i miei post-it erano scomparsi. Al loro posto c'era un enorme scrivania di legno lucido. Solo a vederla potevo percepire tutti i soldi che valeva.
Il mio sguardo saettò immediatamente nella parte opposta della camera. Mi portai le mani alla bocca per l'orrore. Tutto il blu che fino alla sera prima regnava sovrano tra gli altri colori, era stato rimpiazzato dallo stesso rosa che aveva rovinato il mio muro degli obbiettivi. E non solo la mia stanza sembrava esser stata quadruplicata, ma aveva il mobilio totalmente diverso. Il letto diventato improvvisamente matrimoniale era rosa fucsia, con decine di piccoli cuscini e peluche totalmente inutili di tutte le tonalità di rosa possibili. Il mio armadio celeste era scomparso; al suo posto c'era un enorme cabina armadio addossata al muro. Almeno quella era bianca. I muri erano tappezzati da migliaia di foto di modelli strafighi e che stranamente conoscevo. Il punto era: come potevo conoscere quella gente se fino alla sera prima non sapevo neanche chi fosse? Perchè la mia camera era ridotta in quello stato? E per quale strano motivo mi sentivo a mio agio tra tutto quel rosa?
Spostai lo sguardo sul mio corpo, sentendo aria alle gambe, e...oh miseriaccia!
Avevo una vestaglia?! In inverno?!
Mi infilai le pantofole rosa -cosa?!- che erano accanto alla sedia di pelle -ma che?!- vicino alla scrivania.
Aprii la porta chiudendomela subito alle spalle. Da quando in qua c'era un corridoio in casa mia?
Con il cuore in gola mi incamminai alla ricerca della cucina. Proseguii per tutto il corridoio; i muri erano interamente tappezzati da quadri che raffiguravano me e la mia famiglia. Dovevano essere costati una fortuna. Il pavimento era coperto da un tappeto di velluto rosso che sembrava interminabile. Da entrambi i lati c'erano molte porte, che avrei voluto aprire per cercare la stramaledetta cucina. Ma era come se il mio corpo sapesse perfettamente dove dovevo andare. Mi sentivo stranamente a mio agio.
Arrivata a fine corridoio trovai delle larghe scale, anch'esse tappezzate con lo stesso tappeto rosso. Scesi i gradini con un atteggiamento che sapevo non esser mio. Sembravo una principessa in un castello infinito.
Quando ero ormai sugli ultimi gradini guardai davanti a me. Altro che la cucina! La stanza in cui mi ritrovai era una specie di sala da pranzo con una cucina gigante sul lato destro. Tutto in quella stanza sembrava esser costato un occhio della testa! Stavo per convincermi di esser stata teletrasportata per sbaglio in una reggia di qualche re, quando sentii la voce di mia mamma chiamarmi.

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