capitolo 2

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Alicia

Ormai sono ore che sono seduta su questa panchina al parco a pensare a mia madre, mi manca tanto,è morta quasi un anno fa : scivolando e sbattendo la testa con lo spigolo del tavolo, uno scherzo del destino e al solo suo pensiero sento le lacrime agli occhi pronte a rigarmi il viso ma le scaccia imprimendo le dita delle mani nel palmo fino a sentire le unghia sprofondare nella carne e farmi male, mi sono stancata di essere cosi debole e sola. Avevo già assaggiato il dolore della perdita di una persona cara quando avevo 10 anni,la morte di mio padre, lo perso a causa di un fottuto incidente stradale in cui è stato coinvolto per via di un ubriacone che ha perso il controllo del suo camion e finendo così a schiantarsi contro l'auto di mio padre, ricordo bene il giorno in cui mia madre mi informò dell'accaduto come se fosse ieri ...

Stavo disegnando su un foglio il regalo che gli avrei dato per la festa del papà che era ormai vicina
«Mamma guarda che ho disegnato»
le dissi porgendole il foglio davanti in modo che lo guardasse mentre lei preparava la cena si girò verso me
« Oh tesoro! È bellissimo brava gli piacerà molto vedrai » mi fece i complimenti e mi sorrise, poi si rigirò mettendosi ai fornelli.
La cena fu pronta ma nessuna traccia del mio adorato papà, ed non era sua abitudine non presentarsi all'ora di cena e da lì mia madre iniziò a preoccuparsi e la vidi agitarsi e provare a chiamarlo tante volte al telefono ma nessuna risposta finché il telefono di casa iniziò a squillare, si diresse di corsa e sollevata la cornetta all'orecchio, rimase in uno stato di schok, immobile, senza proferire una parola poi un attimo dopo cadde a terra come se le sue gambe non la cedessero più e iniziò in un pianto straziante urlando
« Danieeell ! Perché ci hai abbandonato! » non capivo ma una brutta sensazione mi invase e iniziai anch'io a piangere..
Il mio adorato papà non ricevette mai il mio regalo, avevo disegnato me sopra le sue larghe spalle forti al parco dei giochi dove mi portava sempre, ma mentì a me stessa  credendo che lui lo abbia ricevuto perché il giorno del funerale,il giorno del addio, glielo consegnai...

Una palla mi colpì la gamba che mi svegliò dai miei pensieri, disorientata scuoto la testa e mi giro in qua e là dove mi soffermo alla vista di alcuni bambini agitare la mano e indicare la palla.

«Scusa puoi lanciarci la palla?» chiese un bambino di loro e gliela tirai e poi mi ringraziarono scusandosi nuovamente.

Non mi resi conto del tempo e se non fosse per la palla chissà quanto tempo sarei rimasta su quella panchina immersa nel mio triste passato.

Mi incamminai verso casa, in questo quartiere anche se c'è il via e vai di gente è molto tranquillo, ogni uno bada i fatti suoi, sono passata davanti al bar in cui lavoro e ho visto che c'erano degli operai all'interno, chissà come sarà il nuovo arredamento e in effetti era ora di cambiare, tenevano lo stesso arredamento da anni prima che io ci lavorassi, me lo riferì Rosa : è la signora che lavora con me, è un po bassa e corposa, ha 40 anni ma non si direbbe perché la sua pelle è ancora liscia ed elastica senza una ruga, ha gli occhi piccoli di colore verde e dei capelli color rosso fuoco e delle volte per scherzare con lei le dico
"aiuto al fuoco al fuoco"
"Rosa prende fuoco"
Ma lei non se la prende tanto perché adora quel colore che le fa sempre ricordare il suo amato marito, morto quindici anni fa, dice che lui la chiamava " la fiamma del mio cuore" e a quanto pare il loro amore era forte e sincero perché non si risposò più dopo lui e non ebbe mai una relazione, mi chiedo chissà se un giorno pure io troverò l'amore della mia vita come Rosa.

Io e Rosa abbiamo legato fin da subito anche se ultimamente non avevo  socializzato molto con le persone sia per la morte dei miei genitori sia per il trasferimento nel nuovo quartiere.

Quando la vedevo al parco, nel quale andavo spesso quando mi ero trasferita a vivere con zio Emilio, anche se ero lontana da casa ma era l'unico posto in cui mi sentivo vicina a casa, un giorno lei mi salutò come sempre faceva ma quella volta si fermò e mi fisso per un istante poi mi disse che che nel bar dove lavora avevano bisogno di nuovi camerieri, così colsi l'opportunità di occupare il mio tempo e inoltre non potevo continuare a essere mantenuta da zio Emilio, dovevo mantenermi  da sola e cercare di andare avanti.

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