5. prime volte

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Oggi è venerdì, lunedì comincia la scuola e io non vedo l'ora.
Non ho fatto amicizia con nessuno in queste tre settimane, né ho incontrato qualcuno della mia età con cui passare del tempo insieme, ma va bene così. Spero di riuscire a conoscere qualcuno a partire da lunedì.
Con Pablo, Chloe e Jennifer, ci siamo sentiti solo un paio di volte in queste settimane e devo ammettere che mi mancano.
Ci siamo promessi di sentirci più spesso e raccontarci quello che faremo, così da sentirci meno lontani, ma non so fino a che punto potrà essere una cosa positiva.

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Ho appena comprato, nel negozio della strada parallela, tutto il necessario per la scuola e adesso non mi resta che attendere domani.
Ebbene sì, domani mattina sarò  ufficialmente iscritta al King's College e potrò iniziare la mia nuova vita.

Sono ancora le quattro e mezza del pomeriggio così decido di prendere un po' di sole in giardino, mentre tolgo lo smalto dalle unghia.
Voglio essere più semplice possibile così da non avere maschere ed essere semplicemente me stessa.
A Boston, dopo la morte della mamma, tutti mi guardavano con occhi diversi, c'era chi mi guardava con tristezza, chi con compassione, chi con comprensione, ma c'era anche chi mi guardava con pena.
È sempre stato così, in ogni scuola c'è sempre quel gruppo di ragazze o ragazzi pronto a giudicarti e a escluderti. Si credono esseri superiori, i quali con un semplice schiocco di dita, hanno già ciò che vogliono.
Ma questo ormai non importa, loro non mi conoscono.
E io sono una semplice studentessa che si è appena iscritta.
Io sono Rachel e questa è la mia nuova vita.

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Ore 7:00
La sveglia, con il suo solito cinguettio fastidio, ha cominciato a suonare, segno che devo alzarmi.
Stranamente non ho problemi ad alzarmi stamattina, sarà perché ieri sono andata a letto presto o sarà l'eccitazione del tanto atteso giorno.
È la prima volta in cui ho spento la sveglia al primo colpo, di solito impiego tre sveglie prima di alzarmi dal mio amato letto.
Scendo in cucina a fare colazione, trovo papà già in giacca e cravatta, ma Megghy ancora no.
<buongiorno> dico sorridente
<megghy?> chiedo, mentre mi accomodo  nell'isola della cucina dove c'è anche papà intento a bere un caffè
<oggi va in ufficio in tarda mattina, ciò sta a significare che dormirà ancora per qualche ora> risponde

<uh> dico semplicemente, dopo aver recepito il messaggio.
Mordo, senza curarmi del galateo, la ciambella che ho nel piatto e bevo un sorso di cappuccino, preparato con amore da papà.
Come dice lui, sempre.
Sono ancora le sette e mezza, così decido di farmi una veloce doccia, mi lavo per bene i denti ed esco in camera per vestirmi.
Fortunatamente in questa scuola non ci sono le uniformi da indossare, altrimenti non avrei saputo come fare con le gonne ogni mattina.
Io odio vestirmi "elegante" in un luogo che,come la scuola, di elegante non ha nemmeno lo zerbino della porta d'ingresso.
Scelgo un jeans chiaro, una maglia a maniche corte bianca con piccoli disegni colorati e le amate vans rosse.
Pettino giusto quel che posso i capelli, data la mia folta chioma castana, prendo lo zaino già pronto e scendo giù.
Ad aspettarmi c'è papà, come al solito puntuale
<sono in ritardo?> domando guardando l'orologio al polso
<no piccina, sono solo le otto e ventidue minuti> mi dice scherzosamente.
Ha già capito che sono in ansia?
<andiamo?> chiedo dopo aver controllato allo specchio la mia figura
<tu che dici?> risponde imitandomi.
Dalla mia bocca esce una risatina nervosa, sintomo di una prossima crisi di pianto.
Oggi no, Rachel, oggi no.
Mi riprometto di non piangere, mentre Megghy fa il suo ingresso con un sonoro sbadiglio degno da premio Nobel e il suo pigiama da adolescente
<buongiorno eh> dico, andandole incontro, cercando di farmi passare quei pensieri
<a te> risponde accompagnata da un altro sbadiglio
<io ti aspetto fuori> dice papà, uscendo da casa
Annuisco e vado a salutare quella specie di bradipo che io chiamo sorella
<mi raccomando, fai la brava e non ti perdere> mi raccomanda.
La abbraccio, in questi momenti la cosa migliore da fare è quella di abbracciarsi senza dire niente.
Una volta staccate, richiudo la porta e faccio un sospiro.
Salgo in macchina e accendo la radio, in giorni come questi è meglio avere la testa impegnata a fare altro, altrimenti l'ansia ti mangia viva.
<non essere così tesa, scricciolo> mi rimprovera papà mentre mangiucchio la pellicina del pollice destro, dopo qualche minuto
<non lo sono> rispondo
<Quanto dista la scuola se io usassi la bici?> domando, seriamente
<all'incirca un quarto d'ora> risponde, accostandosi
<siamo arrivati> continua, fermandosi a guardarmi negli occhi.
È come se papà volesse entrare nella mia mente, smontare questa tensione e darmi la forza di cui ho bisogno.
<tu sei forte e adesso non facciamone un dramma, su. Vai, io ti raggiungo dopo, devo andare in segreteria a ritirare alcuni documenti dell'iscrizione> ed eccolo, come se mi avesse letto dentro, a rassicurarmi.
Annuisco, lo rassicuro sorridendogli ed esco.
Chiudo lo sportello della macchina, mi giro verso la scuola  e sospiro.
Adesso non si torna più indietro.
Sistemo lo zaino in spalla, stiro gli jeans con le mani e percorro un piccolo vicoletto tra aiuole, prima di ritrovarmi davanti la porta d'ingresso.
Apro e rimango sbalordita da quanto, la struttura, sia moderna.
Ci sono dei monitor sulle pareti, suppongo abbiano sostituito le bacheche in cui vi si potevano appendere gli avvisi o gli orari; alcuni divanetti sulla mia sinistra, costituiscono quella che sembra la "sala Relax"; ma cosa più importante, ci sono  armadietti di un rosso acceso che io amo già.
Ah sì, il mio colore preferito è il rosso.
Mi risveglio dal mio stato di trance quando la campanella suona e centinaia di ragazzi si affrettano a dirigersi nei propri armadietti.
Io mi sento confusa, ma grazie a delle indicazioni, raggiungo la segreteria per gli alunni e mi faccio dare informazioni circa le mie lezioni, le aule e il mio armadietto.
Una volta preso il necessario dall'armadietto, mi avventuro in aula magna in cui si terrà il discorso di apertura di anno scolastico della preside e poi potrò, finalmente,cominciare le lezioni.
Sono ancora un po' perplessa su come raggiungere l'aula magna, ma grazie alla mandria di ragazzi, capisco che quella è la giusta direzione.
<sei nuova?> mi sento picchiettare la spalla sinistra, quando sento questa domanda
Mi volto verso la persona in questione <sì> rispondo timidamente al ragazzo
<non male come prima volta, come mai non ti sei persa?> continua a chiedere, affiancandomi mentre camminiamo
<ho seguito la folla> rispondo sinceramente

Lo vedo annuire e sfrecciare via come un fulmine dopo aver guardato dietro le mie spalle, non so precisamente cosa, ma suppongo sia stato qualcuno ad averlo fatto scappare.
Finalmente arriviamo in aula magna e fortunatamente riesco a trovare una sedia tra le prime file, segno che avrei potuto ascoltare meglio e distrarmi il meno possibile.

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