Chapter thirty three

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Mi posiziono meglio sul letto, sbadigliando e aprendo il libro di matematica. Inizio a copiare un esercizio sul quaderno, legando poi i capelli in una coda per evitare che mi cadano davanti agli occhi mentre studio. In questo ultimo mese il mio rendimento è notevolmente calato; di sicuro non posso dire agli insegnanti che un demone che vuole uccidermi mi impedisce di concentrarmi sui compiti. Mi crederebbero pazza.

«Tesoro, noi usciamo.» Mio padre si affaccia sullo stipite della porta, sorridendomi.

«D'accordo.» Non alzo nemmeno lo sguardo dal quaderno, troppo concentrata a mangiarmi le unghie e capire perché cavolo l'esercizio non mi viene.

«Non studiare troppo, o ti esploderà il cervello» mi prende in giro.

«Molto divertente.» Fingo una risata, alzando gli occhi al cielo, poi ritorno ai miei compiti. Il rumore della porta di casa che si chiude è l'unico che spezza il silenzio, ma so che questa pace non durerà a lungo.

E segretamente non vedo l'ora.

«Leggi?» Quasi come se mi avesse letto nel pensiero Harry compare al mio fianco, comodamente sdraiato sui miei cuscini.

«Studio.» Pensavo che l'espressione esaurita fosse una prova sufficiente.

«Che noia. Ho un'idea migliore.» Sogghigna, avvicinandosi pericolosamente a me. Cerco di non farmi distrarre dalle sue carezze sul braccio, ma quando nota che non lo degno di uno sguardo mi prende il libro dalle mani e lo chiude.

Le sue labbra mi lasciano baci delicati lungo la spalla. «Harry, devo studiare.» Combatto il mio istinto che mi prega di assecondarlo e cerco di allontanarlo.

Lui non si lascia scoraggiare. «Non è così importante.» Adesso le sue labbra sono sul mio collo.

«Suppongo tu abbia ragione, visto che morirò presto» scherzo, ma il mio tono è amaro.

Lo sento irrigidirsi al mio fianco prima che si allontani; non incrocia il mio sguardo. È la cosa assurda è che mi sento quasi in colpa per questo. «Scusami, non volevo.» Sospiro.

Lui aggrotta le sopracciglia. «Non scusarti, in fondo hai ragione. Ti ucciderò.» Il suo sguardo è tormentato.

Mi avvicino di più a lui, alzandogli il viso con la mano e accarezzandogli la guancia. «Sì, e capisco il perché. Non lo condivido, ma lo capisco.» Una parte di me vorrebbe dirgli che non ho intenzione di morire senza lottare, e che ho un piano, ma mi trattengo. Stai attenta, Samantha. Non fidarti di lui, non in questo. È la tua unica possibilità.

«Non ti meriti tutto questo, e mi sento una merda a farlo, ma–»

«Ma devi farlo, lo so. E sentirti una merda almeno è qualcosa.» Sorrido leggermente; lui tenta di ricambiare, ma si vede che non è convinto. Una piccola parte di me ancora trova assurda tutta questa situazione; l'altra ormai ha dimenticato come fosse avere una vita normale.

«Mostrami i tuoi occhi» dico perentoria. Lui mi guarda confuso. «I tuoi veri occhi, Harry. Voglio vederli.»

Chiude gli occhi, prendendo un respiro profondo, e quando li riapre le sue orbite sono dei buchi neri. Eppure in quei buchi neri vedo qualcosa, quasi come un canto ammaliante che mi attira verso di loro, mi fa desiderare di sprofondarci dentro e non risalire più a galla. Gli accarezzo gli zigomi, sfiorando il bordo degli occhi, le ciglia scure che tremolano.

«A cosa stai pensando?» sussurra.

Mi prendo del tempo per spiegargli quello che penso. «Perché le cose peggiori sono sempre le più belle?»

Ouija [h.s. au]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora