Sauron entrò nella sua stanza, stanco nella mente ma non nel corpo.
Eppure, riposare era tutto quello che voleva. Si sentiva più stanco di quanto si fosse mai sentito nella sua lunga vita, e dire che era quasi più vecchio del mondo.
Sciolse i lacci dei suoi abiti, e li lasciò scivolare a terra, rimanendo completamente nudo. Si diresse verso l'armadio, dove teneva gli abiti da notte. Si rivestì e andò verso il letto.
Nel farlo, passò davanti allo specchio posto sul comò. Un Maia dai capelli rossicci, la pelle pallida e il volto scavato dal dolore ricambiò il suo sguardo. Nulla a che vedere col fiero, possente e gagliardo luogotenente che un tempo, risalente a soli pochi giorni prima, guardava tutto ciò che non fosse il suo maestro con arroganza e malcelato disprezzo.
Sauron si fermò a guardare il suo riflesso. Si toccò le guance, fino a pochi giorni prima rosee e piene di vita, poi sfiorò un punto appena sotto gli occhi, segnati da profonde occhiaie.
Sono davvero io? La cattura di Melkor mi ha segnato così profondamente?, si chiese.
È impossibile, io sono forte, non debole. Sono invincibile, non posso lasciarmi sopraffare da queste... quisquilie, si disse. Ma una parte di lui, gli diceva che non era così. Era proprio quello che lo rendeva triste, malinconico e addolorato.
No, si disse, io non sono un debole. Io sono forte. Ma più continuava a mentire a se stesso più capiva che era la mancanza di Melkor a ridurlo così.
Cercò di riacquistare lo sguardo arrogante e minaccioso che aveva sempre avuto, ma fallì.
Sauron distolse lo sguardo dallo specchio e si stese nel letto, tirandosi le coperte fino al collo.
Chiuse gli occhi, in un vano tentativo di dormire, ma il sonno non arrivò. Si rigirò a lungo nel letto, senza riuscire ad assopirsi.
L'oscurità era totale nella stanza, eppure questo non gli conciliava il sonno.
Da quando Sauron e Melkor si erano uniti la prima volta, il Maia non aveva mai dormito da solo. Era sempre stato fra le braccia del suo maestro, cullato dal suo corpo caldo e dai baci sulla sua chioma rossa.
Era dalla cattura di Melkor che non riusciva più a dormire decentemente.
Rinunciò al sonno, e accese una candela. Si alzò e si sedette davanti allo specchio del comò.
Osservò di nuovo il suo riflesso, senza nemmeno provare a nascondere il suo dolore. Nell'ombra dietro di sé, gli pareva di vedere la figura di Melkor stagliarsi nel buio. Se chiudeva gli occhi, gli pareva di sentire le mani del suo amante esplorare e massaggiare il suo corpo, andando a toccare quei punti così sensibili, così giusti, che gli facevano accelerare il respiro e battere più forte il cuore. Gli pareva quasi di sentire l'eccitazione di Melkor premere contro le sue natiche, in una muta domanda. Vuoi?
Sospirò. Sapeva che non era reale, ma questo non lo rendeva meno doloroso. Anzi.
Chinò il capo. Le lacrime minacciavano di uscire, ma lui le trattenne. Era Sauron, dopotutto, allievo del Signore del Male, colui che uccideva e seminava distruzione senza batter ciglio. Non doveva piangere.
Distrattamente, e senza nemmeno rendersene conto, cominciò a giocherellare con i pomelli pendenti di uno dei cassetti del comò. Li tirava e li solleticava. Continuò fino a che il cassetto non fu aperto del tutto.
Sauron sospirò. Abbassò lo sguardo sul cassetto aperto. Inarcò le sopracciglia nel vedere un foglio di pergamena arrotolato. Era stretto da un nastro rosso sangue. Sopra vi era scritto per Sauron. Il Maia riconobbe la calligrafia dura e spigolosa del suo maestro.
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Letter from hell // Angbang OS
FanfictionCover by @QuimelleUnderwood Melkor è stato ormai preso e incatenato nel Vuoto, e il suo amato allievo è rimasto solo, senza il suo maestro. Sono passati pochi giorni dalla sua cattura, eppure Sauron sente sempre più forte la mancanza del suo amante...