Capitolo due |✞| Sei, il numero imperfetto

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La divisa che Allyson mi aveva dato non era esattamente come me la immaginavo. Non mi ci vedevo ad andare in giro con quel fiocco rosa in petto, o con le gambe così scoperte. Dovetti riguardarmi più volte allo specchio per convincermi che quella ragazza ero io.

Allyson, sistemandosi gli occhiali, mi disse per la terza volta che ero bellissima. e io per la terza volta la ringraziai con un fil di voce. Sembrava andare veramente di corsa, come se stesse facendo tardi, ma non volesse dirmi per cosa stesse tardando. «Ti prego, possiamo andare, ora?», mi implorò, guardandosi un'ultima volta le trecce. Io annuii, e la seguii fuori dal dormitorio.

Attraversammo alcuni corridoi che mi parvero familiari, poi Allyson girò a destra dopo essere passata davanti a una stanza. Io cercavo di stare al suo passo, ma mentre io volevo camminare, lei era in vena di correre. A scatti bisbigliava alcune cose, che a causa della mia distrazione non riuscivo a capire al momento giusto. Quando finalmente capii dove mi stava portando, eravamo proprio davanti alle scale che portavano all'ingresso. «Abbiamo solo tre minuti, veloce!», esclamò scendendo due gradini alla volta. Se lo avessi fatto io, sarei inciampata nei miei stessi piedi. Mah, forse lei era abituata.

Aprì la porta e mi condusse nel cortile. Mi guardai intorno, giusto il tempo di distinguere tante aiuole traboccanti di fiori colorati e qualche albero qui e là. Allyson mi afferrò per la manica della giacca e iniziò a tirarmi. Iniziava a sembrare insistente, e io non ce la facevo più a essere portata da una stanza all'altra senza un motivo ben chiaro. Continuammo così fino a quando non facemmo il giro dell'intera casa.

Per quanto quella cosa fosse stressante, si rivelò estremamente piacevole passeggiare tra i sentieri del giardino. Gli alberi sfrecciavano ai miei fianchi, mentre le varie tipologie di fiori si mescolavano di a destra e a sinistra, generando tanti vortici di colori accesi e non. L'aria era così diversa da quella che avevo respirato fino ad ora in "casa": questa era molto più leggera e facile da respirare. Sarei rimasta lì anche qualche minuto in più.

Magari quel posto non era orrendo come immaginavo...

Quando Allyson si decise a terminare la sua corsa, eravamo sul retro della scuola. Pochi metri davanti a noi e la vegetazione spariva, il terreno tornava di nuovo grigio e monotono. Fissai Allyson col fiatone mentre lei riguardava per l'ennesima volta l'orologio. Subito dopo portò lo sguardo sulla grande porta davanti a noi e riprese a camminare a passo svelto. Alzai gli occhi al cielo chiedendomi perché non smettesse per un secondo di andare di fretta, ma poi mi arresi e la seguii.

Allyson posò una mano sulla maniglia, restando in silenzio. Mi avvicinai per ascoltare anche io: in effetti, dall'altro lato della porta proveniva un gran fracasso, come se si stesse celebrando una festa. C'erano voci che esultavano, altre che si scoraggiavano, e poi facevano a cambio.

Allyson sbiancò. «Oh, no, hanno già iniziato!», strinse ancor di più la maniglia.

«Ma di che stai parlando?», ebbi appena il tempo di pronunciare queste esatte parole che lei aprì la porta con violenza, mi riafferrò per il braccio e mi trascinò dentro. Come mi aspettavo, non mi ero preparata a un'altra strattonata della ragazza e i miei piedi si incrociarono. In un attimo mi trovai a terra, le ginocchia pulsavano per il dolore, i palmi delle mani bruciavano per l'impatto improvviso. Avevo una strana sensazione, come se la mia testa dovesse ancora realizzare che il corpo era a terra. Quando ci arrivai avvertii un grosso mal di testa, e di istinto mi portai le mani sulle ginocchia, senza poter trattenere un verso di sofferenza.

«Oh, santo cielo!», esclamò Allyson, che nel frattempo si era piegata per aiutarmi a rialzarmi. «Mi dispiace tanto, davvero! Non mi ero accorta che...»

Sorrisi debolmente. «Va tutto bene, sta tranquilla», mi accorsi di quanto sembrasse debole la mia voce, riascoltandola nella mia mente. Un istante dopo mi accorsi che non era la mia voce ad essere flebile... ora che mi trovavo nell'enorme sala il baccano era ancora più forte. Vedevo ragazzi e ragazze spostarsi da un lato all'altro, quasi tutti con la divisa. Sentivo odore di fragole, ma dalla mia sinistra proveniva odore di fumo, a causa di un gruppo di ragazzi che, appunto, stava fumando nell'angolo più appartato della sala. O almeno... speravo stessero fumando e basta.

Love and Death ~Diabolik Lovers~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora