Piccole gocce bagnarono il suo viso graffiato e stanco, gli occhi lucidi e arrossati si aprirono di scatto e gli ci volle un minuto pieno per rendersi conto di dove si trovasse in quel gelido pomeriggio d'autunno.
La prima cosa ad entrare nel suo campo visivo fu la strada, apparentemente deserta e piuttosto silenziosa: lo avrebbe certamente inquietato se fosse stato almeno un po' più cosciente e lucido, ma ogni cosa gli appariva doppiamente difficile da comprendere in quel momento, e quando cercò di mettersi a sedere gli sembrò quasi di cadere nel vuoto, o di venire risucchiato da un grandissimo buco nero.Kim Taehyung non era mai stato tanto ubriaco in un'intera vita quanto lo era quel giorno; il sangue colava dalla sua bocca fino al collo, le labbre erano completamente secche e screpolate dal freddo di Seoul e non riusciva nemmeno a piegare le dita delle mani per quanto fossero gelide. Si sentiva troppo debole per fare anche il più piccolo e banale movimento.
E quel giorno che avrebbe dovuto rappresentare un traguardo ed un nuovo inizio, finì per essere uguale a tutti gli altri, nulla cambiò: Taehyung non si sentiva più o meno triste e solo del solito, era tutto perfettamente nella norma. Tutto uguale ad ogni altro giorno.
Era nella norma che, ogni tanto, bevesse fino a dimenticarsi chi fosse, che scappasse di casa e che nessuno se ne accorgesse.
Aveva sperato che qualcuno lo chiamasse almeno quel giorno, avrebbe voluto ricevere un po' di affetto solo per poche ore e gli sarebbe bastato, lo avrebbe aiutato. Era il suo unico piccolo desiderio, così semplice, o era forse troppo da chiedere? Chiunque avrebbe riso sentendo questa sua richiesta, apparentemente fin troppo banale, ma lui ne aveva bisogno, voleva sentire i suoi genitori congratularsi con lui per essere diventato finalmente un adulto, voleva le loro raccomandazioni, i loro auguri, il loro sostegno. Forse qualsiasi altra cosa eccetto quella sarebbe stata possibile.Taehyung sembrava un povero vecchio della strada, uno che un vero posto nel mondo non ce l'ha. Uno così, solo e triste, il tipico ubriacone che spera di cancellare i propri pensieri come se fossero scritte fatte a matita.
Kim Taehyung, quel giorno, compieva diciotto anni.Aveva dormito probabilmente per tutto il pomeriggio su una panchina vecchia e rovinata allo stop dell'autobus, il suo telefono era morto, non aveva idea di che ore fossero e i dintorni di quella zona non gli sembravano affatto familiari. Qualcuno dall'alto si stava probabilmente divertendo a vederlo soffrire, perché quando l'appena diciottenne riprese coscienza, la pioggia cominciò a cadere incessantemente, bagnandolo leggermente.
« Cazzo. » Era sveglio. Si strofinò gli occhi con poca calma cercando di prendere coscienza, mentre il sangue secco sulla sua pelle iniziava a causargli del prurito e una fastidiosissima sensazione di sporco; si chiedeva se anche le sue interiora e la sua anima avessero un'aspetto del genere, o se fossero ancora più marce e consumate. Taehyung pensò che fosse probabilmente davvero così, considerando la quantità di alcol che circola regolarmente nel suo corpo quasi ogni giorno, insieme alla nicotina e altra merda.
Si grattò la testa, segno di tremendo nervosismo e di imminente aggressività, e nonostante tutto riuscì ad accendersi l'ultima sigaretta che rimaneva del pacchetto che si era portato con se quella giornata. Il fumo uccide, ma non me, io sono già morto.
Tutto ciò che faceva era sbagliato, la sua intera vita lo era, e anche la sua persona. Lo sapeva Taehyung e lo sapeva chiunque lo guardasse, era qualcosa che si poteva percepire dopo un solo sguardo al suo viso stanco e segnato dalla cattiveria del mondo e dalla pesantezza dei suoi pensieri, e ai suoi occhi scuri, quasi paurosi, ma che urlavano una sola parola: debolezza.
Aspirò quel fumo senza rancore.Fissò il vuoto per molto tempo, rendendosi conto che di lì passavano un massimo di tre macchine ogni dieci minuti, finché un autobus non si intravide oltre l'angolo. Il diciottenne ubriaco che puzzava di fumo non sapeva dove portasse e non si preoccupò nemmeno di chiederlo: salì sulla vettura e si sedette sul primo posto libero comparso nel suo campo visivo, e dopo aver appoggiato la testa sul finestrino tornò tra le braccia di Morfeo, in un sonno senza sogni ne' incubi.