Horror
Quando ero piccolo amavo i libri grandi, pieni di immagini, colori. Amavo soprattutto quelli che parlavano di dinosauri, di animali o delle stelle.
Ricordo questo volume: non era particolarmente spesso o voluminoso eppure credo di non averlo mai letto tutto di seguito. Aprivo una pagina a caso, qualche volta lo facevo solo perchè mi piaceva sentire le pagine scricchiolare; qualche volta invece mi mettevo sul letto disfatto, la mattina, e iniziavo ad ammirare i disegni di Saturno o Venere o Plutone. Occupavano un'intera pagina, e a destra si trovavano una serie di informazioni; di solito ignoravo le scritte e assaltavo il disegno, pieno di dettagli. Giravo le pagine, lasciandomi invadere dal profumo d'inchiostro e sfiorando la carta liscia, seguendo col dito i contorni dei pianeti; potevo passare intere mattinate nell'adorazione di quel libro. Venivo catapultato in un altro mondo. Lo spazio. Immenso, nero, silenzioso. Un luogo tanto diverso da dove abitavo io. Ero stufo delle camere claustrofobiche, i colori caleidoscopici dei quadri sulle pareti, il continuo chiacchiericcio che non si interrompeva nemmeno la notte. Spesso intercettavo uno dei miei fratelli e gli raccontavo tutto le mie scoperte e i miei ragionamenti basati su quel piccolo, grande libro; qualche volta gli chiedevo di leggermi ad alta voce il testo. Solitamente sbuffavano e mi ignoravano, ma qualche volta funzionava. Accettavano particolarmente volentieri quando i miei litigavano.Non so perché questi ricordi della mia vita mi tornino alla mente ora. Ma del resto, ci deve per forza essere un motivo?
Sto camminando su un sentiero fra i boschi. Mia moglie e i miei due figli sono a casa. Io voglio solo fare un giro nel magico silenzio della foresta. Già... il magico silenzio della foresta! Il canto degli uccelli, le foglie mosse dal vento, l'acqua di un ruscello poco lontano... tutti questi suoni soavi compongono il silenzio del bosco. Mi è sempre sembrato come se i tronchi scuri inghiottissero ogni rumore, lo attutissero e lo mescolassero a tutti gli altri. Così facendo farebbero giungere alle mie orecchie solo un ricordo mutato e lontano del vero, dolce, melodioso canto della foresta. Credo di aver letto troppi libri fantastici da piccolo. Questa del "silenzio della foresta" è una piccola filosofia che creai alle medie, per dimostrare la mia profondità e superiorità mentale. Eppure a tutt'oggi non posso fare che udire così lo sciabordio delle acque, il cinguettare degli uccelli. Ma questo ingenuo concetto non si limitava ad indicare un tentativo di sembrare grande, credo. Dopo anni passati a rifletterci posso dire che era pure la rappresentazione più reale e sensata che mai sono riuscito a dare alla mia oscura paura dei boschi. Questo canto nascosto negli alberi era per me la certezza che le piante mutassero la realtà, che non mi permettessero di sentire, di vedere ciò che c'era veramente. Come se quei rami allungati al cielo fossero lì solo per creare un intreccio sempre più intricato che mi bloccasse, senza vie di uscita.
Oggi, questa mia uscita è una sfida inespressa ma interiormente accettata alle mie paure di ragazzino e alla mia intera infanzia.Il telefono di casa prese a squillare. Non risposi subito: attesi qualche secondo per assicurarmi che la chiamata fosse abbastanza importante da non poter attendere. Solo allora, spinto dal testardo trillio, mi alzai svogliatamente dalla poltrona, abbandonando il giornale su cui svettava il titolo "Catturato piatto volante nella regione di Roswell". «Chi è?» domandai, mettendomi a fissare Micky, mio figlio, mentre giocava con la sua auto di legno. Mi rispose una voce preoccupata: «Andrew vieni subito all'ospedale».
Corrucciai la fronte spostando il mio sguardo sul muro: «Non è il mio turno di lavoro e non sono il medico più bravo... per favore lasciatemi in pace per queste poche ore che mi concedono...» provai, poco convinto simulando uno sbuffo. Questo tentativo di preservare le mie ore libere era rafforzato dalla preghiera che, effettivamente, non fosse nulla di serio. Speravo non insistesse; che mi dicesse che: sì, avevo ragione, cosa gli era passato per la testa? Che mi riposassi pure: avevano bisogno di me in piene forze domani! Trattenni il fiato quasi mimando la risposta desiderata con le labbra. Ma, come in un doppiaggio venuto male, la sua voce espresse ciò che neanche temevo, perché troppo lontano dalla mia mente, seppellito nel ricordo.
«C'è questo signore... non sappiamo come si chiama ha... ha fatto un incidente e ha sbattuto la testa ma... quando ti ho per caso nominato ha come spalancato gli occhi, blaterando cose insensate finché non abbiamo compreso che...» sospirò bloccandomi il cuore: «Dice di essere tuo padre». Quasi mi soffocai con la mia stessa saliva. Mickey alzò gli occhi dal suo giocattolo per controllare che io stessi bene. Feci un sorriso tirato per tranquillizzarlo. Quando risposi sentii la mia voce tendersi: «Arrivo».
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THE WATTPAD WRITERS GAME
RandomDiciamo che il titolo si spiega da sè... questa è e sarà solo una raccolta delle one-shot per il concorso "The Wattpad Writers Games". Che dire? Io ci ho provato!