Seconda manche

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Fantascienza

Tre figure si muovono per la gigantesca metropoli. Tre silhouette silenziose e diverse -una alta ed impettita, una piegata e stanca ed un' ultima allegra, che poggia dolcemente una mano sul ventre arrotondato-. Non hanno in comune nulla, all'infuori del distretto di nascita. Ma allo stesso tempo hanno ricordato qualcosa.
Ciascuna di loro è una persona adulta e realizzata, che non ha motivo di viaggiare la notte. Da sola. E allo stesso modo è praticamente impossibile che siano tutti diretti alla stessa meta. Eppure, che ci crediate o meno, è così.
Nessuno di loro sa che gli altri hanno avuto il suo stesso pensiero, il suo stesso ricordo. Ma non è un caso se la loro direzione è la medesima. Il caso non esiste.
Questa mattina il giornale elettronico ha trovato un piccolo ritaglio per una notizia secondaria, messa lì solo perché avanzava spazio. Il piccolo titolo, che sarebbe sfuggito a praticamente chiunque, diceva: "Abbattiamo i muri del passato!". Si sviluppava per sole quattro o cinque righe e informava i pochi eletti che si fossero accorti della sua presenza che il giorno seguente sarebbe stato finalmente distrutto l'ultimo edificio risalente agli odiati anni duemila presente sul pianeta Terra e, dunque, su ogni altro pianeta colonizzato. Roba da nulla, ma "non bisogna mai lasciare nemmeno un minimo spazio" diceva il programma che faceva funzionare i computer incaricati di informare i terrestri su ogni cosa potesse interessare loro un minimo. Tutti e tre i terrestri erano incappati in quelle sterili parole, che su qualunque altra persona sarebbero entrate da un orecchio e uscite dall'altro. Ma Rizma, Ladio e Norton non erano riusciti proprio a evitare di tormentarsi per quella triste notizia. Avevano fissato per alcuni secondi la piccolissima foto rappresentante la millenaria casa in periferia per poi decidere che quella sera era necessario che la raggiungessero. Un ultimo saluto alla "Vecchia Lavanderia", si erano detti.
E quindi eccoli qua. Sono partiti alle sei -orario terrestre-, e ora che gli orologi biologici di tutti segnano le sette e quarantatrè sono quasi arrivati. Norton è stato il primo.
Si è infilato nella catapecchia ed è rimasto in silenziosa ammirazione.
Poi è giunta Rizma. Ha salutato il ragazzo con un cenno, si è accarezzata la grande pancia e si è messa e fare lunghi passi per l'intera stanza, tentando di non commuoversi.
Per ultimo, tutto affaticato, Ladio è entrato. Tossisce un po', si sistema i capelli bianchi all'ingresso. Ammira l'esterno della casa con odio e amore. Poi entra.
I suoi vecchi occhi ci mettono un po' per abituarsi al buio e quando lo fanno l'anziano uomo esclama un: "Santo Saturno!" alla vista dei due già presenti nella stanza.
Rizma scende dalla lavatrice su cui si era seduta: "Dottor Ladio, giusto? È sempre stato un onore condividere il distretto con voi, signore" sorridente, allunga una mano che viene presto stretta dall'ex-scienziato, dopo che egli si fu ripreso dalla spavento. Norton lancia loro solo uno sguardo, disinteressato.
"Quindi anche voi avete letto..." borbotta Ladio, la voce roca, dopo alcuni minuti di silenzio durante i quali Norton ha osservato all'interno di tutte la lavatrici e Rizma ha fatto due giri della stanza ad occhi semi chiusi.
"Già" rispondono all'unisono i due, mentre quasi contemporaneamente crolla da una delle pareti un po' di intonaco ingiallito.
Altro lungo silenzio che il vecchio sfrutta per entrare ed uscire svariate volte.
Alla fine è Norton a parlare: "È impossibile che quel libro si sia conservato, vero?". La donna incinta sospira: "Ne dubito... Non l'ho visto da nessuna parte...". Il giovane sbuffa indignato, e si tira in piedi pulendosi i pantaloni pieni di polvere: "Voi perchè siete qui?" Domanda, arreso all'idea che il tanto desiderato volume sia perduto.
"Ricordi..." sta sul vago Rizma. Più preciso è Ladio: "Io... qui ho formulato la mia prima ipotesi sull'esistenza degli alieni..." ha un'aria sognante. Rizma, sperando di fare un piacere al vecchio, lo incita a spiegarsi meglio. Lui fa un sorriso tirato e accoglie subito l'offerta: "Ero ancora giovane. Mi ritrovai qui, dopo una bevuta fra amici mi pare. Si può dire che fu a causa dell'alcol che mi colse un'idea tanto pazzesca, non ci potrebbe essere altro motivo. Vidi un libro, immagino sia quello che tu, ragazzino, tanto agogni, aperto su una pagina. Attirato dal colore verde acceso che dominava il foglio entrai in questa stessa stanza e lo presi in mano. C'era scritta sopra un parola che tutt'ora non comprendo 'Yoda'. -Norton qui fece un sorrisetto- Osservai il disegno che rappresentava una creatura verde e bassa, con indosso una tunica di tela. La fissai per un po', in modo da metterla a fuoco per bene. Mossi qualche passo indietro, non del tutto volontariamente... credo di essere inciampato su una delle schifezze che tutti buttano qua dentro... fatto sta che feci cadere il volume che, schiantandosi rovinosamente a terra, si chiuse di botto, senza miracolosamente distruggersi. Sulla copertina svettava il titolo 'Gli alieni più famosi della storia'. Ancora oggi non so spiegarmi l'esistenza di quel libro. Doveva essere veramente antichissimo! Ma quelle parole, quel dipinto... fecero lavorare il mio cervello logorato dal troppo bere. Il resto è storia. Tutti i miei fiaschi e le mie scoperte... partono da qui. Credo sia una delle poche cose che ricordo veramente di quando ero giovane. Nemmeno l'ebbrezza del momento è riuscita ad annullarne la memoria. Per me gli alieni, veri o falsi che siano, saranno sempre verdi, bassi, e con lunghe orecchie. E nel mio cuore so che li troverò veramente solo qui, in questo luogo... domani, quando abbatteranno tutto, distruggeranno completamente lo scandalo degli alieni. Sono troppo vecchio per subire ancora tutti gli insulti... la sfiducia... la cattiveria... Non ne è valsa la pena. Per nulla. Ero troppo giovane per capire. Ho rischiato tutto, avrei preso la Luna pur di dimostrare la mia teoria... stupido..." il vecchio si appoggia alla parete, esausto. Ripete "Stupido" ancora un paio di volte poi chiude la bocca. Forse sta piangendo... sta piangendo nel cuore... riflette Rizma e, conoscendo Norton e il suo modo di agire assolutamente privo di tatto, decide di parlare, pur di distrarre il giovane dal povero anziano.
"Sapete, il mio sogno più grande è sempre stato avere un figlio. All'età di quattordici anni, però, mi dissero che era impossibile, che non ero fertile. Ricordo che piansi a lungo. Anche solo nella memoria mi si dilania il cuore, tanto fu il dolore. -quasi senza volerlo appoggiò una mano sulla pancia tondeggiante, con grande amore- Mia madre cercò in tutti i modi di consolarmi per giorni, a posteriori posso capire la sua difficoltà ad entrare in contatto con me, che mi ero chiusa nella mia totale disperazione; ma a quell'età qualunque cosa facciano i genitori è orripilante, stupida, avversa. Fu in quel periodo che decisi di scappare di casa. Abitavo poco lontano da qui, in un appartamento grigio e triste, almeno ai miei occhi di ragazzina. Feci uno zaino e lo riempii con tutto ciò che ritenevo fondamentale, dal cibo al mio creatore di ologrammi, munito di tutti gli olo-film che preferivo all'epoca. Stetti via tre giorni. Girai in lungo e in largo questa zona pur di non farmi trovare. Mi infilai in case abbandonate (chissà quanta gente coraggiosa ho terrorizzato col mio pianto, nascosta in quelle ville buie), dentro varie stazioni e anche in semplici e scontati parchi. Il mio ultimo nascondiglio fu proprio questo. Mi raggomitolai in un lato, tutta infreddolita, e lì mi addormentai, stretta al mio zaino e con gli occhi fissi sul vostro famoso libro, abbandonato a terra. So che quella mattina rimasi forse un'ora ad ammirare l'antichità di questo posto e a pensare. I miei ragionamenti si basavano soprattutto sull'idea di quanto questo luogo fosse passato e su come ci eravamo evoluti. Su quanto la tecnologia era avanzata. Pensai che solo pochi anni prima di questo giorno nessuno riusciva a viaggiare veloce quanto la luce. Nessuno sapeva sfruttare appieno la potenza del suono. Erano bastati pochi decenni perchè tutto questo, da idea assurda, diventasse realtà. Quella sera ero già a casa. Decisi che avrei aspettato, che sicuramente sarebbe giunta anche per me l'ora della riscossa. E così è stato, sebbene mi ci sia voluta un'enorme dose di fortuna. Io fra pochi mesi avrò un bambino. -la donna sorrise con tanta gioia che nemmeno Norton riuscì a pensare male di lei- I miei genitori sono così felici... E tutto grazie a questo posto. Quando sono fuggita di casa, il mio obbiettivo era morire. Trovare il modo meno doloroso che mi fosse possibile... Non avevo motivo di vivere un giorno in più se mio figlio non sarebbe mai potuto nascere. Come ben sapete, del resto, in quegli anni non erano per nulla rari i suicidi di questo genere per ragazzini della mia età... fu come un'epidemia, ed io mi ammalai. Fortunatamente ricordare che l'uomo è sempre pronto a fare nuove scoperte mi ha salvata. Ho conosciuto tantissimi dottori e scienziati. Ho studiato fino ad ammattirmi per cercare di dare un input a questa cosa. Ha funzionato". Rizma torna a sedersi su una delle lavatrici. Osserva il vecchio Ladio e si assicura che si sia ben ripreso. Norton la guarda e quasi quasi si sente partecipe della sua felicità.
Rizma era stata una sua compagna di classe. Probabilmente per un po' aveva avuto una cotta per quella bambina che oramai era una donna... questo naturalmente prima di Lei. Il giovane uomo si guarda le scarpe. Interiormente ride degli altri due che hanno esposto le loro vite, una triste ed una felice, con tanta leggerezza. E che nonostante tutto il sentimento che ci hanno messo, non eguaglieranno mai la sua. E senza ombra di dubbio è lui colui che deve maggiormente ringraziare la "Vecchia Lavanderia", non quei due anonimi personaggi.
Il ragazzo sbuffa una risata a mezza voce ed osserva la scena che gli si para davanti agli occhi: il luogo non è cambiato di una virgola se non si tiene conto della spazzatura che muta ogni anno; il vecchio Ladio sembra mummificato e certo non stona col grigiore del luogo, invece Rizma, per quanto in teoria dovrebbe brillare della sua gioia nella buia tristezza della vecchia lavanderia, è totalmente a suo agio, così tanto da farla quasi entrare nel paesaggio come un oggetto che sempre c'è stato e sempre dovrà esserci. È solo lui, Norton, a non c'entrare niente. Perché lui è un pittore. I pittori tormentati come lui non hanno un posto da definire "casa" o un posto che gli risulta sicuro e piacevole. Stonano sempre. È per questo che sono tormentati.
A Norton fa piacere rimuginare a questo modo, e definirsi un depresso. Ci trova un sadico gusto. Appunto per questo quando Ladio lo interrompe il ragazzo alza uno sguardo di odio puro.
"E tu, ragazzetto? Cosa ci fai tu qui?"
Norton ride per la superiorità nel tono di voce del vecchio: "Io, mio caro 'dottore', sono in questo posto perché è qui che sono nato. O meglio rinato. E allo stesso modo, qui, ho incontrato l'unico grande amore della mia vita. -fece un sorrisetto furbo- L'arte" si mise in piedi, pronto ad esporre con la dovuta energia la sua storia: "Sono passati molti anni da quando ho scoperto questo luogo, nascosto, imbucato. Mi ha subito incuriosito. Prima, però, di scoprirne il grande segreto, ho dovuto visitarlo troppe volte. L'ho dipinto per così tanto tempo che ormai potrei rappresentarlo anche ad occhi chiusi. Miei cari compagni, io sono un pittore. Ed è l'ispirazione che cerco. Qui, badate bene, ho dissotterrato ogni mio più profondo pensiero perché sapevo, sapevo che era il posto giusto. Ma l'arte non fa altro che sorprenderti. Nonostante io credessi che fosse fissando abbastanza a fondo questi muri cadenti che avrei trovato me stesso, alla fine si rivelò solo un involucro che proteggeva il proprio seme. Il libro che cerco, signori, è ciò che non dovrei mai rivedere poiché è solo nel ricordo che posso trarne la massima forza. Ma l'arte è anche contraddizione ed è perciò che avrei rivisto con immenso piacere quelle immagini. Voi, stolti, probabilmente non capireste la loro potenza. Anzi, se parliamo di te, Ladio, allora ne ho la certezza. Quell'"alieno" era la massima rappresentazione dell'animo umano! Yoda, imbecille, era il profondo titolo dell'opera massima. Hai osservato per caso la forma semplicistica, come pronta a scalfire la mente di un bambino? Certo che no! Invece ti sei soffermato solo su uno dei due termini di paragone, che da solo toglie ogni profondità alla creazione. Tu sei rimasto colpito da ciò che rappresentava. Un essere terrificante. Un mostro. I miei incubi per anni sono stati popolati dalle bestie di quel libro. È contrasto, capite?! Paura e dolcezza! Ma io l'ho capito! Oh, sì! Eppure... eppure non sono mai riuscito a... a... riportare tutta quella forza in una delle mie immagini... -rimase zitto per qualche secondo, la fronte corrugata- Ma so di essere il prescelto! Colui che deve aprire gli occhi agli esseri umani! L'universo non si conquista con la scienza, ma con l'arte! L'arte! Un mondo totalmente diverso e mai studiato appieno! Non può essere un caso che quel libro si sia conservato così a lungo, contro ogni legge della vostra amata "scienza"! Tu, dottore! Ricordi la copertina? Ricordi la sua lucidità?! Non poteva che essere fatta di un materiale costosissimo, raro! Ricordi?! No?! Io sì! Io sì! E sono pronto, dopo oggi, a trasformare tutto il mio odio verso voi imbecilli, voi tutti umani, in immagine. Io sarò qualcuno. Durante la mia vita, o dopo la mia morte. Voi ricorderete Norton... Yoda Norton"
Il ragazzo attende che le sue parole facciano effetto. Rizma è abbastanza soddisfacente, ma la sua reazione dura solo qualche secondo poiché presto la donna è colpita da un altro dei suoi ricordi o pensieri e torna a misurare la stanza a lunghi passi. Ladio invece si limita ad una risatina: lui di cose ne ha già viste tante, se non troppe, certo non sarà un bambino esaltato a colpirlo. Norton borbotta alcune parole poco carine da riportare ma, evidentemente comprendendo che quella gente non si fa abbindolare, non insiste.
I tre non si rivolgono più la parola per l'intera nottata. Passano il tempo eseguendo i movimenti meccanici che hanno sempre compiuto prima che la storia di ciascuno li interrompesse. Norton cerca febbrilmente il suo libro scontatamente rubato, o andato distrutto; Rizma cammina cercando di ricordare e di dimenticare allo stesso tempo; Ladio entra ed esce, senza motivo. Lui è troppo vecchio per avere dei veri moventi.

E poi, la mattina, se ne vanno. Nessuno di loro ha rimpianti riguardanti quella casupola. Nemmeno uno di loro vede quella lavanderia come un pezzo di storia, che mai e poi mai va dimenticata. Non il lontano pensiero che nulla del passato, di due milioni di anni prima, all'infuori della "Vecchia Lavanderia", è rimasto nella galassia, li sfiora. Loro non sanno, loro non pensano, loro non possono realizzare che c'è un motivo dietro a tutto ciò.
L'ignoranza è e sempre sarà la più grande arma dei potenti per controllare il popolo... sarebbe stato impossibile fare in altro modo per loro, quando decisero di voler controllare tutti i pianeti colonizzati, del resto.
G

li anni duemila avevano portato certo troppi cambiamenti politici e scoperte scientifiche "pericolose" perché si permettesse alla gente di incasinare tutto come all'epoca era successo. Via dai libri di storia! Via dai musei! Nessuna prova è rimasta. Solo una semplice lavanderia, che sola con la sua mole e antichità, è stata in grado di cambiare l'esistenza a tre persone.
Ma, in effetti, cosa significano una tripletta di vite contro un'intera umanità?

Testo ideato, scritto e tradotto nell'antica lingua della penisola Italica dalla studentessa di lingue antiche Mastia Deiama allo scopo di "non dimenticare".

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