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Appena il treno Livorno-Milano delle 17.24 lasciò la stazione, sulla città si abbatté il diluvio universale. Guardai fuori dalla finestra e pensai che a volte sembra proprio che il tempo debba rispecchiare il tuo stato d'animo. Ero a casa da pochi minuti, ancora bagnata fradicia per la pioggia inaspettata, l'esame era andato benissimo eppure non riuscivo ad essere felice. Guardavo le luci che lentamente si accendevano e mi sentivo completamente vuota.


Ci misi circa una settimana a far sparire completamente il broncio dal mio viso, tempo record data la mia predisposizione a crogiolarmi nel dolore. Fortunatamente avevo dei colleghi con cui non ci si annoiava mai, impossibile restare triste dopo una giornata con loro.

«Domani resti da me, basta con queste trasferte Livorno-Firenze... se continui così a questa sfilata ci arrivi talmente stanca che ti addormenti nel backstage!» disse Bea mentre girava l'ennesimo caffè della giornata.

Beatrice era il mio esatto opposto. Eravamo il giorno e la notte, eppure eravamo entrate in sintonia da subito, ci capivamo con uno sguardo e, nonostante le mille differenze, insieme lavoravamo benissimo, eravamo imbattibili. In due anni avevamo preso parte a tutti gli eventi universitari, avevamo preparato e dato tutti gli esami raccogliendo ottimi voti e ci eravamo divertite un mondo!

«Okay, domani resto, ma dopo la sfilata vieni anche tu qualche giorno a Livorno!» dissi entrando in ascensore per tornare in classe

«Va bene, bimbina! Ora pensiamo a capire come dobbiamo finire questo diavolo di vestito!» fece l'ultimo sorso di caffè «E posalo un po' questo telefono!»

«Scusa!» dissi infilandolo nella tasca dei jeans «è da ieri che non lo sento»

«Ah.. oddio... non è che è morto?!» si portò le mani alla bocca fingendo di essere spaventata

«Stupida!»

«Lascialo vivere!» concluse uscendo dall'ascensore

«Io lo lascio vivere! Infatti non gli ho scritto... se è impegnato non voglio disturbare»

«E allora vivi anche tu! Se quando ti scrive non gli rispondi subito, amen!» mise la mano nella mia tasca e prese il telefono «fino a fine giornata questo è mio!»

«No, dai Bea!! Se chiama mamma devo rispondere!» protestai provando a riprenderlo

«Se chiama mamma te lo do!»

Sbuffai arrendendomi alla mia migliore amica e mi sedetti al mio banco aspettando che rientrasse la prof.

La giornata passò abbastanza tranquillamente, risolvemmo tutti i problemi che ci affliggevano con l'avvicinarsi della sfilata e alle 18 in punto eravamo a passeggio per le strade di Firenze. Bea, come sempre, mi accompagnò in stazione e, finalmente, mi restituì il cellulare.

«Domani metti in valigia qualcosa di carino che si esce!» disse abbracciandomi

«Va bene! A domani!» la lasciai all'entrata e salii sul mio treno per casa. Prendendo il telefono notai 10 messaggi di Mattia. Dieci! Lunghi! Soffrivo il treno, non potevo leggere, così lo chiamai

«Sono in treno, non posso leggere, riassumi i messaggi!»

«Buonasera! No, ma finalmente! Ti avevo data per dispersa!»

«La Bea mi ha sequestrato il telefono per tutto il giorno. Dice che ti rispondo troppo velocemente»

«Quando torno ci parlo io con questa Beatrice. Stavo per chiamare tua madre per assicurarmi che fossi viva! Comunque nulla di che. Ti avevo scritto una cazzata, ma visto che non rispondevi ho continuato a mandare messaggi nella speranza che sentissi il telefono»

Nonostante tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora