Capitolo Due

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Avevo appena lasciato l'ospedale ed era il primo giorno che passavo fuori di lì.
Susan mi aveva accolto a braccia aperte, e visto che era ancora giorno, le ho detto che volevo tornare nella mia vecchia casa a prendere le mie cose.
Lei rispose dicendo:

«Sì, però dovresti prendere qualcosa per proteggerti da tuo fratello, nel caso fosse ancora nelle vicinanze».

Ho annuito, e dopodiché lei ha continuato.

«Okay... un paio di coltelli, una siringa, alcuni antidolorifici e un kit di primo soccorso in caso dovessimo metterci qualche punto di sutura nel caso ci siano dei vetri rotti e dell'acqua».

Allora, siamo tornati nella mia vecchia casa e abbiamo preso tutto quello che ci serviva, più una borsa per raccogliere la mia roba.
Una volta che siamo arrivati, le ho detto qualcosa per rassicurarla.

«Non aver paura, usciremo tutti e due di qua».

E l'ho baciata per calmarla, poi ho aperto la porta d'ingresso sfondandola con un calcio e siamo entrati.

Camminando dentro, ho visto le pareti della stanza imbrattate di sangue rattrappito, era il sangue dei miei genitori, che ora era versato sulle pareti della cucina, al centro della quale si trovava una tanica di benzina, un bottiglia vuota di candeggina e alcuni fiammiferi.

Continuammo a girare per la casa, finché non arrivammo al bagno, dove trovai la porta aperta e lo specchio con una tetra parola scritta col sangue - SMILE - mentre il lavandino e il pavimento, erano ricoperti di sangue. Alla fine, tutta la casa era sporca di sangue. Poi, siamo entrati nel posto più raccapricciante della casa: la mia stanza.

La frase - GO TO SLEEP - era scritta col sangue sul muro, come aveva detto Susan.
Ho preso dal mio armadio alcuni vestiti, poi ho preso il mio laptop, l'mp3 e tutto quello che non era macchiato col sangue.
Mentre raccattavo in giro le mie cose, mi tornò in mente la faccia raccapricciante di Jeff, con quel suo sguardo malsano, mentre in mano reggeva un coltello grondante sangue e diceva:

«Shhh, torna a dormire».

Quel ricordo che mi era appena tornato alla mente, mi strappò via un pezzo della mia salute mentale.
Dissi a Susan di darmi la borsa per mettere dentro le mie cose.
Poi, sono tornato in bagno, ho preso il coltello e ho giurato davanti allo specchio.

«Jeff... ci vedremo all'Inferno quando moriremo».

Dopo quella frase, sono tornato da Susan che era rimasta nell'altra stanza e tenendo il coltello in mano, la baciai.

«Addio... amore mio... voglio trovare Jeff per vendicarmi di ciò che mi ha fatto, perché ha ucciso i nostri genitori e ha quasi ucciso me.
Ti amo Susan, anche se non ti potrò vedere dopo la morte... mi dispiace tanto».

Impugnando il coltello, stavo quasi per ucciderla.
Ma no, ci ripensai.
Non volevo diventare come Jeff. Allora, misi giù il coltello e tornai in me.

Pregai Susan di perdonarmi. Ritornare nella mia vecchia casa, mi aveva fatto male.
Lei, rispose candidamente:

«Non preoccuparti, Liu, ti amo... e so anche quanto star vicino alla morte, possa far male.
Torniamo a casa».

Mi baciò, poi chiamammo un taxi e tornammo a casa.
Più tardi, mi feci un doccia.

Sotto la doccia, ho ricordato il tempo trascorso con la mia famiglia, con mamma, papà e della mia infanzia con Jeff e degli scherzi che combinavamo insieme, la gioia di avere una famiglia unita... allora, ho iniziato a singhiozzare, ma il rumore era coperto dal suono dell'acqua che cadeva sul piatto della doccia, affogando i miei piagnucolii.

Ma questo, non importava.

La prima notte era stato qualcosa di traumatico per me.
Nei miei incubi, potevo vedere Jeff, come lui era prima dell'incidente, venire ucciso brutalmente dal nuovo Jeff, poi lui si voltò verso di me e disse:

«Perché non sei andato a dormire come ti avevo chiesto?».

Dopodiché, mi sono svegliato con una terribile sensazione. Susan era entrata nella mia stanza, preoccupata.

«Che cosa è successo Liu? Stai bene?».

«Sì... ho solo avuto un incubo, non ti preoccupare».

Le avevo risposto.

Il giorno seguente, mi svegliai col dolce profumo di torta appena sfornata, che proveniva dalla cucina, in cui Susan, stava preparando la colazione... come faceva mia madre. Le ho dato il buongiorno, mi sono messo a sedere e ho iniziato a mangiare.
Quanto tempo era passato, dall'ultima volta che avevo mangiato una torta cucinata con amore?

Non me lo ricordavo, ma il sapore... era qualcosa di fantastico, ma la felicità non durò a lungo.

Ogni giorno che passava, continuavo a sentirmi tormentato e ad avere sempre pensieri malsani per la testa. Stavo impazzendo.
Susan, mi ricordava sempre di più mia madre.
Una volta, presi un coltello dalla cucina e andai nella sua stanza.
Lei si stava preparando per uscire con me, era bellissima, non ero capace di ucciderla, non in questo modo, non sapendo che lei mi amava, non senza provare amore per l'ultima volta nella mia vita... io la amavo, ma stavo diventando pazzo ogni giorno che passava e questo mi costava enormi fatiche, tenere a freno il desiderio di affondare un coltello nel suo cuore. Non potevo uccidere, non c'erano molte altre opzioni, pensai.

Una volta usciti da teatro, stavamo percorrendo la strada per tornare a casa, quando decisi di parlarle.

«Susan, io ti amo, ma c'è qualcosa dentro di me che mi sta uccidendo... non so quanto tempo riuscirò a sopportarlo, ma... volevo dirti che qualsiasi cosa accada, io ti amerò sempre».

Dopo quella frase, un delinquente strappò la borsetta a Susan, ferendola al braccio.
Qualcosa scattò in me.
In un istante, sentii la rabbia in me che cresceva, insieme a un desiderio che si faceva prepotente nella mia testa.
Avrei voluto ucciderlo per aver fatto del male a Susan, così lo rincorsi, estraendo un coltello che nascondevo nella tasca della giacca.

Quando lo raggiunsi, eravamo ancora nella strada dove lui aveva rubato la borsa alla mia amata Susan e lo obbligai a chiederle perdono, di fronte lei.
Ma questo, questo non era abbastanza per me... volevo prendermi la sua vita, ma prima, dissi a Susan:

«Corri, non voglio che tu veda questo. Ti amo Susan, non voglio che tu assista».

Lei fece come le dissi e quando arrivò il momento, tornai a fissare quell'uomo.

«Non ti perdonerò per aver fatto del male a Susan... lei è troppo buona e pura per essersi meritata questo. Quello che le hai fatto è un crimine grave e allora, pagherai per ciò che hai fatto con la vita».

Ho stretto il coltello e ho iniziato a colpirlo ripetutamente, sentendo la lama affondare nella sua carne e guardando gli occhi sofferenti di quell'uomo, che si stavano spegnendo, man mano che la vita stava abbandonando il suo corpo, per le ferite letali che gli avevo inflitto.
Ho asciugato con un fazzoletto le macchie di sangue dalla mia giacca di pelle, così avrei nascosto il fatto che avevo ucciso il ladro e sono tornato in strada, dove poco più avanti trovai Susan, in una caffetteria all'angolo che aveva ordinato un forte espresso.

Lei stava bene, per fortuna.

Il paramedico le aveva medicato la ferita, che non era per fortuna stata profonda e lo ringraziai. Susan e io tornammo a casa e la accompagnai nella sua stanza, poi mi sdraiai nel letto accanto a lei.

«Susan...»

sussurrai

«... non avrei mai voluto che ciò accadesse, ma ho capito una cosa, ed è che non voglio che nessuno ti faccia del male, a partire da oggi.
Non ti preoccupare, da ora in avanti nessuno ti farà mai più del male, te lo prometto».

L'ho baciata e poi sono andato a farmi una doccia.

Ho realizzato che non potevo ucciderla, lei era tutto quello che avevo rimasto, l'unica persona che amavo, ma... avevo provato una certa soddisfazione nell'uccidere quell'uomo. Così, da quel momento in avanti, avevo deciso di uccidere solo le persone che facevano del male agli innocenti, alle persone che mi stavano a cuore e chiunque, tentasse di far del male a Susan.

Homicidal Liu [Ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora