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Prologo

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Prologo

Non può averlo fatto sul serio, pensò Justin saltando in aria. L'espressione furiosa di sua sorella Jazmyn gli si piantò davanti. La donna, elegante come sempre, tenne una mano salda su un fianco mentre nell'altra stringeva un vaso di coccio dalle rifiniture bordeaux. Era di una bruttezza fuori dal comune, quel vaso: delle volte Justin aveva voglia di gettarlo via, frantumarlo al suolo e nascondere i cocci. Era inguardabile.

«Buongiorno» esclamò la donna.

Justin strofinò il volto con entrambe le mani, freneticamente: i pensieri sconnessi, i brividi a causa del freddo, la gola secca e un senso di nausea rivoltante. Inoltre sua sorella lo aveva svegliato rovesciandogli addosso dell'acqua gelida: non era la prima volta, purtroppo.

«O buon pomeriggio?» domandò retorica poco dopo, poggiando sul comodino il vaso.

Justin fissò quel pezzo di antiquariato con attenzione, sperando che cadesse a terra in quel momento. Poi, senza fiatare, si alzò dal letto con addosso un paio di boxer. Jazmyn cercò di attirare la sua attenzione ma non ci riuscì. Il biondo passò una mano fra i capelli ormai bagnati e li tirò indietro, dirigendosi fuori dalla stanza.

«Sai che ore sono?» proseguì con la predica Jazmyn, la quale lo seguì a ruota.

«So leggere un orologio» riuscì a dire con voce rocca. Con gli occhi ancora impastati dal sonno afferrò la maniglia di ottone della porta del bagno. «Vuoi seguirmi anche dentro?»

«Non fare lo spiritoso» sbuffò sonoramente e si allontanò, scendendo le scale. Justin scosse leggermente il capo e si chiuse a chiave in bagno.

Sbadigliò rumorosamente, continuando a strofinare il volto: una volta raggiunto lo specchio rimase a fissare il suo riflesso per un tempo che parve infinito. Ci aveva dato dentro con l'alcol la notte precedente: l'alito cattivo ne era una prova, in tal modo la gola secca, la irrefrenabile necessità di dover bere e un sopportabile mal di stomaco. La testa doleva appena.

Fece scorrere l'acqua fredda all'interno del lavandino, fissando la pozza propagarsi. Raccolse con le mani a coppa il liquido incolore e se lo gettò in faccia, strizzando gli occhi. Proseguì per alcuni secondi, poi bloccò il flusso di acqua. Il rumore delle goccioline che precipitavano all'interno delle tubature lo rilassava, aspettò un po' prima di asciugare il volto e afferrare lo spazzolino. Impiegò all'incirca dieci minuti per lavarsi e cambiarsi, doccia compresa. Gli sprechi di acqua non li aveva mai sopportati.

Raggiunse la cucina a passo lento, con le mani nascoste nelle tasche anteriori dei jeans strappati. Non aveva neanche pettinato i capelli, li aveva lasciati bagnati pur sapendo che il caldo afoso di luglio avrebbe agevolato l'asciugamento.

«Ti ho già detto che non voglio sentire scuse, quella firma ci serve» Jazmyn era voltata di spalle: una mano stringeva una tazza di caffè-latte, l'altra invece il cellulare.

La Timidezza Delle Chiome  ➳ j.bDove le storie prendono vita. Scoprilo ora