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Passammo una serata a dir poco perfetta.
Andammo a mangiare la pizza in un locale situato vicino alla fontana più importante della città, i turisti credono che buttando una monetina in quella fontana i loro desideri verranno esauditi, un po' come la fontana di Trevi a Roma.
Dovemmo aspettare un po' per sederci e io di tanto in tanto ripensavo al giro in moto con il vento che mi scompigliava i capelli, le mie braccia che si stringevano a quella vita fine e muscolosa.
Parlammo della sua vita, di come stava, di come passava le giornate e se gli mancasse la sua famiglia.
Ignorò l'ultima domanda e spostò l'attenzione su di me.
Mi chiese di mio padre.
Jeff, il suo nome era, è, Jeff Shu.
Età, a quel tempo, 40 anni.
Adesso?
Non so più che età abbia e se ce l'abbia.
Non gli volli raccontare tutto, non c'era bisogno di rovinare una serata così bella e così rilassante.
Gli dissi che aveva i capelli rossi, era pieno di lentiggini ed era un uomo molto curato, sia esteriormente che internamente. Credeva nel galateo e nelle buone maniere.
"Sorridi e un giorno il mondo ti sorriderà Ju!" mi ripeteva sempre queste parole quando mi vedeva un po' giù di morale.
Gli raccontai che adesso era da un po' che mancava da casa, ma per me era sempre come se fosse presente, come se fosse lui a darmi il bacio della buonanotte che ogni sera sogno che qualcuno mi dia.
Ardy non fece domande, associò quello che avevo detto al "divorzio", non poteva sapere che i miei si amavano più di ogni altra cosa al mondo.
Passò così mezz'ora di attesa tra una chiacchierata e l'altra.
La pizza era veramente buona.
Lui aveva un modo di mangiare adorabile.
Io non mangiavo, o meglio cercavo di farlo in maniera discreta.
Odio mangiare davanti ad altre persone; pensare che mi stiano osservando per il mondo in cui mangio mi fa salire un ansia tremenda.
In quel momento iniziai a ricordare gli anni successivi alla terapia in cui per due anni dovetti affrontare una lotta costante contro il cibo.
Ero magra, anche troppo magra per i miei e per i gusti altrui.
Non mangiavo e quando stavo a tavola con mia madre, quelle poche volte, mettevo una buona quantità di mangiare in un tovagliolo, andavo in bagno e buttavo il cibo del water, così ritornavo a tavola e mia madre, come sempre troppo presa dal suo lavoro, si congratulava con me per aver finito tutto il piatto.
Non se n'è mai accorta.
Tutt'ora penso che lei non lo sappia.
Pensavo di essere un peso per lei e per la stessa società. Non avevo amici, non uscivo, stavo sempre chiusa in casa ad aspettare che tutto quel disastro, la mia vita, passasse. Pensai al suicidio, non lo nego, perché nei momenti in cui tutto sembra andare a rotoli lo si vede l'unica via d'uscita, ma un giorno incontrai Clara, una ragazza con i capelli neri e gli occhi azzurri, si era appena trasferita nella mia scuola, nella mia classe; era così diversa da me, era bella ed attenta, non sembrava sentire il peso del mondo sulle sue spalle.
Provai gelosia appena la vidi, così quel giorno sopraffatta da quel sentimento decisi di gettare la mia merenda nel cestino, pensai che nessuno mi stesse osservando e invece dietro di me c'era lei, mi diede un abbraccio e mi disse "Ci sono io per te, sarò la tua nuova amica, ti aiuterò io.".
Così dopo un lungo lavoro sulla mia autostima e sull'accettazione del mio fisico iniziai a capire che ogni persona è bella così com'è, grassa, magra, muscolosa e non. Capii che si può migliorare, non eliminando il cibo, ma facendo quello che piace fare senza pensare al giudizio altrui.
Non smetterò mai di ringraziare Clara che fece sbocciare la ragazza intelligente e riservata che attualmente vedo davanti allo specchio.

Passammo la serata a scherzare, tra la birra e la pizza e successivamente mi lasciò davanti casa, mi salutò con un bacio sulla guancia facendomi arrossire e distogliere lo sguardo dal suo volto per l'imbarazzo ed entrai in casa.
Così adesso sono qui, in cucina a bere un bicchiere d'acqua.
Sembra tutto così perfetto e il mio animo sembra essersi calmato dopo averlo conosciuto.
Mia madre ancora non è tornata a casa, che strano, aveva lasciato il biglietto con su scritto che sarebbe tornata prima di cena.
Salgo in camera accendo il pc e scrivo a Clara. Le racconto della bella serata, che per la centesima volta nella mia vita l'ho ringraziata per tutto quello che ha fatto; la saluto con un "spero di sentirti presto" e invio l'email. Lei si traferì l'anno scorso a Seattle, sua madre aveva trovato un lavoro come agente immobiliare in quella zona e siccome suo marito era morto non c'era niente che la legasse a questa cittadina sconosciuta e affascinante.
Sento il rumore della porta d'entrata, scricchiolii su per le scale e presuppongo che mamma sia tornata quindi mi metto a letto cercando di dormire.
In men che non si dica cado in un sonno profondo.

Nessuno quella sera mi diede il bacio della buonanotte.
Era una cosa veramente strana che mamma non avesse rispettato il solito rituale serale.

L'indomani...
"Un giorno capirai...".
La stessa identica frase che quella persona ignota giorni fà mi consegnò su un foglietto di carta da sopra il tetto di casa mia.
La stessa identica frase che mi fece fermare il  cuore quel giorno.
La stessa frase che mi tormentò per giorni... Adesso era lì, sulla soglia della mia porta chiusa(cosa che ieri sera non era).
Di soprassalto decido di andare a controllare se mia madre è a letto o qualcosa che mi possa dare la certezza di non essere stata sola ieri sera.
NIENTE.
Letto intatto, ogni cosa al suo posto, nessun vestito della sera precedente atterra... NON E' RIENTRATA.
Non voglio restare un minuto di più sola in questa casa per il momento, la situazione sta diventando inquietante.
Da un po' di giorni questi avvenimenti strani avevano cessato di esistere e adesso? Cosa sta succedendo?
Perché di nuovo?
Perché proprio a me?
Non ho scuola, è domenica, ne approfitto per mettere qualcosa addosso al volo e andarmene via.
Metto la felpa, i jeans ed esco dalla mia camera, percorro il lungo corridoio illuminato da una luce soffusa ed eccola lì.
Di nuovo.
Stava succedendo ancora.
Lì sul lampadario c'è lei, la mia migliore amica.
L'ombra.

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