III. Winter Cup.

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Yuki non riusciva a sentirsi tranquilla, non quel giorno. La Winter Cup era iniziata, e la Seirin si trovava lì, sugli spalti dell'enorme stadio in cui il campionato si sarebbe tenuto, ad attendere ed osservare i dintorni. Cosa che avrebbe sicuramente fatto anche la corvina, se non fosse già stata sommersa dai pensieri.
Primo, non riusciva a calmarsi in quella situazione così nuova e grande per lei, si sentiva immensamente piccola passando tra le poltroncine messe a disposizione per gli innumerevoli futuri spettatori e i corridoi intrisi di silenziose sfide tra i giocatori, di spirito di squadra, di determinazione. Ma anche di tensione, paura, delusione, rimpianti.
Secondo, sentiva l'agitazione crescere sempre più, ogni minuto che passava, al pensiero che Kagami sarebbe tornato dall'America. Non che fosse trascorsa un'eternità da quando aveva lasciato il Giappone qualche giorno prima, ma non riusciva a contenere l'emozione al sapere che avrebbe finalmente potuto rivedere il rosso.
Terzo ed ultimo (ma non meno importante, anzi), l'immagine di Akashi e la consapevolezza che presto o tardi l'avrebbe incontrato la preoccupava ed elettrizzava allo stesso tempo. Erano passati all'incirca due anni dall'ultima volta in cui si erano visti, in ospedale, ed era genuinamente curiosa di sapere che strada avesse intrapreso, quanto fosse cresciuto, e, chissà, scambiare quattro chiacchiere. Dopotutto le mancavano la voce di Akashi e le discussioni che intavolavano quando non sentivano il bisogno di lasciar spazio al silenzio che, tra loro, non era mai completamente vuoto.
Camminava accanto a Riko e Hyuuga, che si guardavano intorno come il resto della squadra, parlottando per decidere il da farsi. Yuki si fermò qualche istante ad osservare il campo che si trovava poco al di sotto di loro, al centro della struttura, e sorrise lievemente al pensiero che presto si sarebbero trovati proprio lì, a giocare in mezzo alla folla accanita che avrebbe finalmente potuto assistere alle vere capacità della Seirin. Non sarebbero stati sconfitti, non di nuovo.
Gli occhi scuri della corvina vagarono per lo stadio, quasi avesse dovuto memorizzare ogni centimetro, ed era talmente concentrata che non appena una mano si posò sulla sua spalla ci mancò poco che tirasse un urlo o saltasse fino al soffitto.
Si voltò di scatto, per sapere di chi si trattasse, pensando che, forse, era stata opera di Koganei o di qualche altro membro della squadra. E invece, la figura che si presentò davanti ai suoi occhi le fece brillare gli occhi e illuminare in poco tempo il viso.
«Lizzy!!», esclamò, noncurante degli sguardi dei presenti. La castana ridacchiò, togliendo la mano dalla sua spalla.
«Yuki-chan! Ti ho trovata, finalmente!».
«È da un sacco che non ci vediamo!!». Il sorriso raggiante che si era dipinto sul viso della ragazza lasciò il posto ad un'espressione decisamente amareggiata e triste nel momento in cui soffermò lo sguardo un poco più in basso.
Elizabeth si reggeva sulle stampelle, le uniche che le permettevano di camminare, e che le avevano concesso una vita quasi normale (sempre meglio che essere confinata a letto), dopo numerose operazioni. Il volto della più bassa si rabbuiò all'istante, e non ebbe più il coraggio di guardare l'ex compagna di squadra negli occhi.
«Mh?». Lizzy inclinò lievemente la testa, sbattendo un paio di volte le palpebre, genuinamente confusa. «Yuki-chan?».
La corvina scosse la testa per riprendersi e scacciare i ricordi più brutti che avevano caratterizzato il periodo delle scuole medie, e cercò di mantenere un sorriso che tuttavia di reale non aveva nulla. L'amica se ne rese conto immediatamente, e portò una mano sulla sua spalla, caricando il peso sulla stampella sinistra e lasciando che la destra si appoggiasse al suo corpo per non cadere.
«È bello vederti! E soprattutto sono felice che tu stia bene, adesso...».
«Al contrario tuo...». Il tono della più bassa era divenuto un sussurro che la castana comprese a fatica, e dopo aver abbassato lo sguardo con un sorriso triste, gli occhi azzurri si rialzarono per posarsi sulla Seirin, che si stava lentamente allontanando.
«Come ti trovi, con loro?».
«Non è importante adesso, ciò che conta è che tu-».
«Ooh, giusto! Ne manca uno, vero? Manca il famoso Kagami!», la interruppe lei, con una punta di malizia nella voce. Le guance della corvina si dipinsero di un rosso acceso, gonfiandosi mentre distoglieva lo sguardo, imbarazzata.
«T-Torna oggi...». Yuki si era arresa. Era impossibile far parlare Elizabeth di argomenti che la ponevano al centro dell'attenzione, o che la facevano soffrire particolarmente, senza che cambiasse discorso. Ciò però non l'aiutava a migliorare la situazione, anzi, non faceva che appesantire il senso di colpa che provava. Dopotutto non aveva ancora avuto il coraggio di dirglielo, ma sapeva benissimo che la colpa di quell'incidente che aveva condannato a morte la carriera a cui teneva tanto era anche sua. Al punto che quando lei, in ospedale, le aveva confidato i suoi sospetti su Akashi, Yuki non solo non l'aveva creduto possibile, ma aveva addirittura preso le parole dell'amica come una maschera. Una copertura. Un modo, per Elizabeth, di spostare la responsabilità da lei al rosso, per non essere costretta ad accanirsi contro una sua compagna di squadra. La corvina tirò un sospiro, sotto lo sguardo preoccupato dell'ex giocatrice.
«Yuki-chan, adesso devo andare... Ma vorrei davvero fare un giro con te, quando la Winter Cup sarà finita... Come alle medie! Ci stai?».
La più bassa sentì un peso liberarle il petto. Non conosceva nemmeno lei esattamente il motivo per il quale quella domanda l'aveva fatta sentire meglio. Probabilmente, si disse, era contenta che nonostante tutto Lizzy avesse voluto ancora uscire insieme a lei, vivere una vita... normale.
Perciò annuì, offrendole un sorriso molto più genuino, mentre la ragazza si avvicinava nuovamente alla sua squadra dopo averla salutata.
Accelerando il passo, fu in grado di raggiungere anch'essa la Seirin, al fianco di Koganei che stava iniziando ad allarmarsi per l'improvviso allontanamento della più piccola.
«Tetsu!!», un'allegra voce femminile sovrastò in un attimo tutte quelle della squadra, i cui giocatori si voltarono all'istante, alcuni persino spaventati, a ricercarne l'origine.
«Hitomi-chan!», Kuroko rispose al richiamo, e venne investito dall'abbraccio della violetta.
«Ti stavo cercando dappertutto!», fece lei, gonfiando un poco le guance in segno di disappunto.
«Sono contento di vederti!», disse lui donandole un leggero sorriso che le fece andare il viso in fiamme man mano che i secondi passavano.
Hyuuga tossì sommessamente, costringendo i due a voltarsi verso di lui, Hitomi quasi a disagio, Kuroko ingenuamente confuso, come al solito. Fu quando Kiyoshi cominciò a ridere di fronte alla reazione della ragazza, che quest'ultima si separò immediatamente dall'abbraccio, diventando paonazza in volto. Si avvicinò in un baleno al gigante castano, dandogli piccoli pugni sul petto, con gli occhi ghiaccio serrati e il viso completamente rosso.
«Teppei-san, non ridere!!», esclamò, con la voce rotta dall'imbarazzo.
«No, no, non rido!», fece lui, con tono ironico, sorridendo e posandole una mano sui capelli viola.
Il capitano sospirò, tentando di riportare l'attenzione dei compagni su di lui. Non fece in tempo a parlare, che l'azzurrino si portò la mano in tasca estraendovi il cellulare.
"Un messaggio?", pensò, facendo scorrere gli occhi chiari sullo schermo illuminato.
«Scusate, posso assentarmi un attimo?», chiese, alzando lo sguardo e posandolo su quello di Hyuuga e di Riko, che si portò le mani sui fianchi con un leggero broncio dipinto sul viso.
«D'accordo, ma non fare tardi! Abbiamo una partita, nel pomeriggio!».
Il giocatore annuì, incrociò per qualche istante le pupille fisse su di lui di Hitomi, e le rivolse un leggero cenno del capo, come a tranquillizzarla e a riferirle silenziosamente che sarebbe tornato presto.
Yuki aggrottò di poco la fronte, non appena Riko ebbe mandato Furihata a seguirlo, osservando la figura di Kuroko allontanarsi. Posò una mano sulla spalla della violetta, che stava per fare lo stesso con un'espressione preoccupata.
«Yuki-san..?», fece lei, non sapendo bene quali fossero le intenzioni dell'amica.
«Hitomi-san, vuoi scoprire dove stia andando Kuroko, non è così?». L'interpellata mise un piccolo broncio, abbassando il capo.
«Beh, sì... Non è che non mi fidi, è solo che-».
«Sei preoccupata, giusto?». La violetta alzò di colpo di occhi fissando il viso voltato della corvina, con uno sguardo colmo di sorpresa.
«Esatto..! Come hai fatto a-».
«Intuizione. Andiamo, seguimi». Yuki non diede alla studentessa della Shutoku nemmeno il tempo di aprire bocca; le prese il polso, allontanandosi in fretta prima che che i compagni di squadra (soprattutto Kiyoshi) notassero la loro fuga, e seguì con gli occhi la figura dell'azzurrino cercando un modo per non percorrere il suo stesso tragitto.
Presto si ritrovarono al di fuori della struttura, ad una distanza più ravvicinata da lui ma che permettesse loro di non essere viste. Quando il ragazzo iniziò a rallentare il passo, Yuki si fermò, tenendo ancora stretto nella mano il suo polso, si voltò verso di lei facendole segno di non aprire bocca posandosi un dito sulle labbra, e poco dopo si accucciarono dietro ad alcuni cespugli. Fu in quel momento che la corvina poté notare ciò che mai si sarebbe aspettata di trovare. Sulle scale si erano riuniti nientepopodimeno che tutti i membri della Teiko.
Kuroko si era fermato poco lontano dai gradini, Midorima, Kise e Murasakibara erano in piedi, l'ultimo con una busta di patatine in mano e il primo con un paio di forbici (l'oggetto fortunato del giorno, pensò lei), Aomine era seduto quasi in cima.
"Cosa ci fanno tutti qui..?", si chiese.
«Sembra stiano aspettando qualcuno», sussurrò Hitomi, che aveva posato gli occhi ghiaccio su di loro.
"Si, ma chi?", si domandò la corvina. "Che sia stato Akashi ad averli fatti venire tutti qui? A quale scopo?".
Mille pensieri attraversarono la sua mente. Se davvero la sua ipotesi fosse stata corretta, Furihata non avrebbe dovuto trovarsi lì. Le pupille si posarono sulla figura di quest'ultimo, che aveva appena fatto un passo indietro alla vista dei giganti della Generazione dei Miracoli.
D'un tratto, proprio i diretti interessati iniziarono a parlare fra loro, includendo anche Kuroko in una discussione di cui Yuki fece fatica a distinguere le parole, ma che aveva tutto l'aspetto di una normale chiacchierata, un po' fredda, distaccata forse. Non di certo ciò che si sarebbe aspettata. Finché dalla cima delle scale non apparve una figura a lei ben nota.
Corti capelli rossi, ciuffi che ricadevano davanti agli occhi, non molto alta di statura. Akashi era finalmente arrivato.
Yuki deglutì rumorosamente, irrigidendosi alla vista non tanto della divisa così diversa da quella a cui era abituata, quanto più a quella delle pupille del ragazzo. L'occhio sinistro dell'amico d'infanzia era infatti... *giallo*.
«Cosa..?», sussurrò, con i suoi completamente spalancati e le labbra schiuse a causa dell'orribile sensazione che cominciò ad albergare il suo petto.
«Yuki? Yuki, stai bene?», chiese a bassa voce, con un tono intriso di preoccupazione, la violetta, che le posò la mano sul braccio.
«Mi dispiace avervi fatto aspettare», pronunciò solenne Akashi. «Daiki, Ryouta, Shintarou, Atsushi, Tetsuya. È bello rivedervi».
Il corpo della corvina venne percosso da brividi, alle parole del rosso. "No, non è lui...", si disse, tentando di convincersi che stesse solo sognando.
«Tuttavia, c'è un intruso», continuò lui, con lo sguardo puntato quasi senza emozione davanti a lui, in direzione di Furihata. «Scusa, vorrei parlare con i miei ex compagni di squadra. Potresti andartene?».
Il tono di voce di Akashi era così vuoto, che a malapena Yuki avrebbe saputo distinguere quella richiesta da un vero e proprio ordine. I suoi occhi si posarono sul castano, e strinse i pugni constatando che quest'ultimo non aveva ancora mosso un muscolo semplicemente a causa della paura che gli aveva bloccato gli arti e che lo stava facendo addirittura tremare.
Ma proprio nel momento in cui fece per rialzarsi e andare ad aiutare il compagno di squadra, le pupille entrarono in contatto con un'ulteriore figura, appena arrivata, che aveva portato la mano sulla spalla del più basso.
«Kagami..!», sussurrò Yuki, coprendosi subito dopo la bocca con la mano. Fortunatamente, nessuno si era accorto della loro presenza, il che fece sospirare la violetta, sollevata.
«Sono tornato», fece lui con un sorriso che la ragazza poté vedere solo di sfuggita. «Possiamo parlare più tardi», continuò poi, rimettendo la mano in tasca e facendo qualche passo in avanti, con lo sguardo puntato su Akashi.
«Tu sei Akashi, giusto? Felice di conoscerti».
Fu in quell'istante, che Yuki avvertì un orribile presentimento, che peggiorò quando si accorse che l'espressione impassibile del rosso non era cambiata di una virgola.
«Shintarou», riprese a parlare, ignorando le parole di Kagami. «Puoi prestarmi le tue forbici?».
«Mh? A cosa ti servono?».
«I capelli mi danno fastidio. È un po' che vorrei tagliarli».
Il più basso scese le scale lentamente, sotto lo sguardo indisturbato degli altri membri della Generazione dei Miracoli, e non appena si fu avvicinato a Midorima, quest'ultimo gli porse l'oggetto fortunato del giorno.
«Ma prima...». Akashi fece ancora qualche passo in direzione del nuovo arrivato, che lo guardò con un'espressione via via sempre più attenta e preoccupata.
«Tu sei Kagami, non è così?».

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