1. Anemone Hupehensis

56 2 0
                                    

        Quella mattina mi ero alzata prima, nella speranza di godermi la sensazione di un'aria fresca e pulita. L'essere mattiniera non era mai stata una mia prerogativa, ma era mia abitudine dare la colpa al luogo dove vivevo. Non vi era, infatti, la possibilità di uscire presto al mattino o, addirittura, di aprire la finestra e beneficiare di aria pulita e di un silenzio rappacificante.
Persino quando tentavo di mettere alla prova il mio pollice verde, che aveva deciso di appassire insieme a tutte le piante ornamentali e a tutte le erbe da usare in cucina, tendevo a dar la colpa a tutto lo smog e all'aria assolutamente poco adatta di suo. In cuor mio, però, ero a conoscenza della triste verità: ero una completa frana.
Se addirittura una pianta elementare come il basilico aveva rifiutato l'allettante idea di farsi curare da me, significava che Parigi di colpe ne aveva ben poche.
Per carità, sarebbe stato un azzardo da parte mia dire che non ospitava tutte le possibili ed immaginabili comodità, dire che nel suo cuore non albergavano le più belle opere che l'arte avesse con sé, o addirittura dire che non fosse una delle più belle città d'Europa. Ma, nel suo più grande rispetto, non mi piaceva più. Mi aveva stancata la sua frenesia, la fila di bambini che cantavano al mattino per andare a scuola, i clacson dei tassisti furiosi perché qualche incapace bloccava il traffico. La necessità di cambiare aria aveva bussato alla mia porta ed io non avrei fatto l'incosciente scelta di rifiutare, così, alla prima occasione, preparai la valigia e lasciai a morire definitivamente le piante dell'appartamento. Nulla di troppo drastico, se io fossi rimasta avrei solo velocizzato la cosa.
La mia occasione si presentò con una certa casualità.
Era un venerdì, venerdì ventisette ottobre e le luci dell'ufficio si stavano lentamente spegnendo. I dipendenti si infilavano negli ascensori alla velocità della luce, con le cartelle in mano e le cravatte private del loro nodo preciso.
Mancava davvero poco, giusto qualche documento da riordinare e un fascicolo da visionare, poi sarei stata libera di tornare a casa.
Succedeva sempre questo, mai una volta che io riuscissi a tornare a casa alla stessa ora degli altri, mai una volta che io riuscissi a finire il mio lavoro in tempo.
Mr. Lemaire non sembrava volersi lamentare riguardo ciò. Diceva che preferiva avere un caso completamente visionato e corretto in due giorni, piuttosto che riceverlo la sera prima pieno di errori e dettagli sfuggiti.
Ernest Lemaire era il proprietario della Leimar's Enterprises, un gruppo di imprese che si ramificavano in vari settori, compreso il mio, quello della consulenza finanziaria. Ero stata assunta da almeno due anni, ma la concorrenza ardeva come un grande fuoco nel periodo di Natale. Mr. Lemaire era solito fare un grande regalo di Natale ad un dipendente accuratamente scelto da egli in persona, offrendogli il posto più importante per tutto il personale: il suo assistente personale, supervisore dei bilanci della società, autorizzato a presiedere conferenze, discorsi e participare ad eventi pubblici all'occorrenza di sostituire il capo. Un posto che metteva il boss sulla stessa linea d'onda nel suo sottoposto.
Avevo tra le mani un atto di vendita di un'incredibile villa a sud della città, quando tre colpi colpirono la porta risuonando per tutto l'ufficio.
La persona dietro ad essa non attese la mia risposta ma entrò con la sua solita compostezza, spalle immobili e corpo nascosto da un elegante completo blu notte, tra le mani due calici e una bottiglia di vino.
In un movimento che apparve quasi automatico, mi alzai di scatto dalla seggiola, producendo un rumore stridulo e poco piacevole causato da essa a contatto con il pavimento, "Mr. Lemaire, solo il tempo di leggerlo un'ultima volta e sarà sulla sua scrivania prima che lei torni a casa."

"Credo che questo, per stasera, possa aspettare," solito tono di voce composto, ogni parola sembrava essere perfettamente calibrata, "ho qualcosa da annunciarti," con un accennato gesto del capo indicò la bottiglia e i due bicchieri appoggiati sulla mia scrivania.

"Il vino è per questo?"

"Sì, spero di non aver sbagliato nella scelta." un cavatappi in ottone venne fuori dalla tasca della giacca, "James mi aveva consigliato lo champagne, ma non mi sembri il tipo."

Botanical Illustration; HSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora