Capitolo primo

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Louis sentiva i muscoli bruciare. Non si sarebbe mai abituato a quella sensazione. Correre non faceva più parte della sua routine. Non era più allenato, o quanto meno, non era più allenato a fare quel genere di cose. Sentiva dei passi dietro di lui. Cazzo, non era più veloce come una volta. Sbuffando si rese conto che davanti a lui c'era solo un muro. Non era alto, i mattoni potevano essere buoni appigli, ma l'avrebbe comunque rallentato. Mentre correva giù da quella collinetta non aveva pensato a dove sarebbe scappato dopo. Sempre che fosse riuscito a cavarsela anche quella volta, ovviamente. Aveva lasciato il suo skateboard là, merda, questo non andava assolutamente bene. Aveva abbondonato il suo piccolo. Delle urla gli intimavano di fermarsi, che se avesse smesso di correre dopo avrebbe avuto un piccolo sconticino. Si come no, la verità era che quelli a stagli dietro non ce la facevano. Un piccolo sorrisino gli spuntò sul volto. Magari così tanto lento non era poi. Mancavano pochi metri al muro, lo vedeva lì, davanti a lui. Senza rendersene neppure conto iniziò a contare i passi. Uno, due, tre. Ne mancavano solo altri due di corsa. Uno, due, tre. Stacca. Se non fosse stato così tanto concentrato sui suoi passi si sarebbe andato a schiantare contro il muro e addio farla franca un'altra volta. Lui non doveva staccare. Ignorando il bruciore dei muscoli, grazie alla spinta della corsa, riuscì a darsi tanta spinta per scavalcare il muro. Un piede, il secondo, le mani. Due cambi di appigli ed era su. Si mise velocemente in piedi e guardò giù. Non aveva programmato che il muro fosse così alto. Sembrava di essere di nuovo...no. Non doveva pensarci. Come gli avevano insegnato a fare da piccolo respirò profondamente prima di piegarsi sulle gambe. Mentre staccava il primo piede dal muro sentì l'adrenalina scorrergli nelle vene. Non ricordava fosse così intenso. Il suo corpo sembrava non voler saltare e basta, ma con quello aveva chiuso da tempo ormai. Ora era il tempo di saltare e basta. I piedi toccarono terra insieme, nessun piccolo rimbalzo, nessun passo. Ancora, senza rendersene conto, la braccia si alzarono lateralmente. Stava perdendo tempo, doveva correre cazzo. Essere inseguiti dagli sbirri non è esattamente uno scherzo. Una smorfia infastidita gli arricciò le labbra al solo pensiero di quello che il suo corpo faceva senza che lui neppure ci pensasse. Una volta sarebbe rimasto piacevolmente stupito da quella constatazione, ma ora era cambiato tutto. Ora il Louis dell'anno prima era morto, seppellito da tanto odio per quello che faceva e da una montagna di disprezzo verso se stesso. Al solo pensiero di com'era, di come l'avevano costretto a diventare, gli saliva un conato di vomito. Si faceva schifo per cos'era, ma quello non era il momento giusto per pensarci. Mentre correva per le strade di quel quartiere residenziale che non conosceva, malediceva i suoi amici per averlo lasciato solo in una situazione del genere. Certo anche lui avrebbe fatto lo stesso al loro posto, ma se ci fosse stato Oli con lui, in quel momento non starebbe correndo tra tutte quelle villette indipendenti tutte uguali senza la minima idea di come andarsene da quel posto. Non sarebbe riuscito a correre ancora a lungo. Non seppe classificare le emozioni che provò quando una volante della polizia chiuse la strada e quando si girò ne vide un'altra dall'altra parte a bloccare la sua ultima via di fuga. Gli avevano sempre insegnato a ragionare su quello che provava, a scavare a fondo nei suoi stati d'animo fino a fargli perdere ogni significato, ma quella volta non riuscì neppure il vecchio trucchetto che aveva sempre funzionato. Come per altro non gli riusciva più nell'ultimo anno. Non era più in grado di chiudere fuori tutto ciò che poteva distrarlo. Così, mentre nessuno sbirro si decideva a uscire da una di quelle fottute macchine, si sedette sul marciapiede e tirò fuori dalla tasca della felpa aperta che indossava una pacchetto di sigarette. Ne prese fuori una che avvicinò alla bocca, incastrandola tra le labbra. Si rese conto di star tremando quando fece scattare l'accendino e la fiammella ballava. Era sicuro che non soffiasse neppure un filo di vento. Paura. Ecco cosa provava. Paura. E non era in grado di disintegrarla. Scosse la testa e aspirò la prima boccata di fumo. Non gli piaceva fumare. Non gli piaceva il gusto della sigaretta, la gola che sembra allargarsi quando fumi. Ma soprattutto non gli piaceva il fatto che ne fosse diventato così dipendente. Dopo quel giorno, il giorno dove tutto era cambiato e lui era scappato come un cane con la coda tra le gambe, fumare era stata una delle prime cose che aveva fatto, insieme a prendersi una sbronza di quelle epiche. E poi non aveva più smesso. Era semplicemente qualcosa che faceva per ricordare a se stesso che non era più il vecchio Louis, perché quel ragazzo non avrebbe mai potuto fare quello che faceva lui. Avrebbe avuto paura solo a salire su uno skateboard per timore di rompersi qualcosa. Ormai il fumo era l'unica cose che aveva il potere di calmarlo un poco, ma quella volta neppure quello funzionava. Quello che lo attendeva era il terzo fermo. Il terzo per cose serie quanto meno, ed era quasi sicuro che invasione e danneggiamento di proprietà privata lo fosse.

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