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2037: istituto per l'igiene mentale St.Patrick, meglio definito dalla sottoscritta come manicomio criminale.

<<Arlecchino poverino non aveva un vestitino, ogni bimbo gli ha portato un pezzetto colorato e la mamma gli ha cucito...>>

<<Un bellissimo vestito! Sarà la quarta volta che sento questo strazio: portatela via! Lei si che è pazza! E pensare che quella pazza per lo stato dovrei essere io...>> - la poveretta nel letto accanto al mio ormai è impazzita sul serio.

<<Arlecchino poverino...>> - questo è il modo in cui lo stato si preoccupa dei cittadini: non se ne preoccupa.

<<Senti, che ne pensi di far sentire la filastrocca anche alla guardia là fuori?>> - le chiedo sperando che mi risponda: ho bisogno di un po' di pace.

<<Arlecchino poverino...>> - continua imperterrita.

<<Guardia! Guardia!>> - urlo con tutta la voce che ho in corpo.

<<Cos'hai da urlare?>> - mi chiede la guardia, come se non fosse già successo altre volte.

<<Portatela via!>>

<<Se la portiamo via fra mezz'ora ritorna quindi rassegnati: deve stare qui fino alla morte.>> - sempre utili le guardie qui...

<<La mia o la sua?>>

<<Che importa?Tanto qua dentro dovete morire tutti, quindi nessuna distinzione o preferenza, la fine sarà uguale per tutti.>>

<<...>> - vorrei poter dire qualcosa,qualunque cosa ma dopotutto è vero.

Ormai sono passati sette anni da quando mi hanno rinchiuso qui dentro e ogni giorno sembra uguale all'altro: mi sveglio , guardo il cielo dalla finestra, vedo gli altri intorno a me invecchiare e morire proprio come presto accadrà anche a me. Perché sono qui? Ah, giusto, non sembro malata di mente e in effetti , che io sappia, il mio cervello funziona benissimo ma per lo stato non è così, soprattutto per Dominus, che sa la verità tanto quanto me, ma che con i suoi inganni, ha fatto credere di agire per il bene comune, interpretando la parte del paladino della pace alla perfezione.Egli è il nostro capo politico ,è il nostro rappresentante difronte a Dio,egli è ovunque e nulla sembra sfuggirgli. Il suo governo viene definito come "l'epoca dell'equilibrio" dove ognuno svolge la sua piccola funzione che,sommata alle altre,da luogo ad un grande progetto,il suo:siamo tante piccole formichine che fanno del loro meglio per il bene della colonia anche se dopotutto qui si tratta di conservare il potere di uno solo. Altro che equilibrio! Qui chiunque cerca di fare qualcosa di un tantino diverso rispetto a ciò che il sistema si aspetta che faccia viene subito emarginato e costretto alle pene peggiori. Dominus non è solo un leader astuto e manipolatore,lui è un uomo così folle che ha progettato la sua scalata al potere per anni con una precisione tale da far spavento:mi chiedo ancora come sarebbero le cose se ce ne fossimo accorti prima che fosse troppo tardi. Dove sarei ora? Cosa ne sarebbe di lui ? Ora non importa,questo è il mio presente,il presente di una donna distrutta,ecco tutto. A quanto pare per lui sono incapace di intendere e di volere e sono un soggetto nocivo per la comunità.

<<Arlecchino poverino...>>

<<Ricomincia...Voglio dei tappi per le orecchie, o meglio qualcosa per tapparle la bocca.>>

<<Arlecchino poverino...>> - mi fa pena: anche lei è entrata qui con tutte le rotelle apposto e il tempo, le violenze subite e forse l'atmosfera l'hanno ridotta così.
<<La tua filastrocca mi ricorda la mia infanzia, la imparai all'asilo. >>
<<Arlecchino...>> - come se non avessi detto nulla.
<<Sarà meglio che esca da qui...>>
Apro la porta e la guardia di prima mi si para davanti dicendo:<<In fuga?>>
<<Giardino>>
<<Come ti pare, tanto poi tra mezz'ora ti vengo a prendere>> - mi dice con un sorrisino idiota.
<<Ciò dovrebbe intimorirmi?>>
<<30 minuti, non di più.>>- e si sposta lasciandomi passare.

Il cosiddetto giardino è un posto all'aperto con qualche piantina qua e là e una ventina di panchine di cui almeno la metà rotte chissà da quanto. L'unica panchina di marmo è quella al centro che però è limitata al proprietario della struttura e a chiunque abbia soldi.
Mi siedo su una panchina in legno che mi sembrava potesse reggere e alzo la testa, quasi come se un impulso improvviso mi avesse spinto a farlo: il cielo è sempre lì con i suoi colori meravigliosi eppure ricordo che c'era un tempo in cui mi sembrava più bello, più limpido, più vero, forse quando non ero ancora qui. Forse era il tempo in cui la verità contava ancora qualcosa o forse era il tempo in cui c'erano poche bugie ma dette così bene da sembrare verità : ero ancora così giovane.

Le cose sono cambiate così tanto: prima si respirava aria di libertà e chiunque si guadagnava il rispetto degli altri, ora ci sono regole persino sul comportamento da tenere con gli altri nella vita privata. Dannata dittatura!
<<Dentro per le medicine!>> - sarebbe meglio dire calmanti, altro che medicine.
Due pillole : una per stordire e l'altra per addormentare per circa 3 ore, le ore sufficienti a far riposare e guardie e il personale di questo dannato manicomio.
Ormai ho imparato come fare: basta fingere di sentirsi stanchi e sdraiarsi subito sul letto, in modo da far allontanare le guardie o chiunque ci tenga sotto controllo, poi, una volta rimasta sola, sputare le pillole, nascoste sotto la lingua poiché, fortunatamente, quei geni non controllano mai se io le abbia ingoiate o pure no: bisogna resistere in un modo o nell'altro anche se intanto il sapore amaro delle pillole che si stanno sciogliendo ha già invaso la bocca, provocando un terribile disgusto. Se non altro però servono a qualcosa in certi casi, ad esempio alla donna accanto a me servono eccome, poiché si è addormentata facendo finire quello strazio: un po' di pace per le mie orecchie e per il suo povero corpo.

La giornata passa velocemente e finalmente cala la notte, una notte buia come al solito. Apro la finestra per sentire il soffio del vento sul mio volto e assaporare l'aria fresca che mi riporta alla mente le notti intere sveglia a fare baldoria con gli amici di molti anni fa, sospiro, mi perdo nei pensieri fino a quando mi sembra di intravedere una luce in lontananza ma non si vede bene da dove provenga : è intensa,lontana e stranamente familiare. Forse è ora di chiudere la finestra,comincia a farsi umido.
<<A dormire!>> - la guardia si avvicina con un'aria minacciosa.
<<Non mi senti? Ti ho detto di ficcarti in quel dannatissimo letto e rimanerci fino a domani,chiaro?>>
Non rispondo,eseguo il comando come un cane ben addestrato e fingo di dormire anche se in un posto del genere non è molto semplice.
Le pareti bianche della camera sembrano soffocarmi e il soffitto sembra avvicinarsi sempre di più, un senso di angoscia mi prende e sembra non volersene più andare : apro gli occhi,era solo un sogno,uno scherzetto del mio inconscio ma il vero incubo per me è la realtà. Mi sono svegliata con indosso ancora il solito pigiamino , circondata dalla solita atmosfera di controllo totale: com'è possibile sentirsi oppressi,manipolati e impotenti persino mentre si dorme? Credo che questa sarà una lunga notte.

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