Sconosciuto
«Questa è casa nostra.» dice, indicandomi il capanno alla fine di un piccolo vialetto che divide due case quasi uguali.
Lo seguo in silenzio.
«Mentre questa davanti è casa dei nostri zii.» dice improvvisamente, quasi avesse il bisogno di dirmelo, «Ci hanno adottato qualche anno fa, dopo la morte dei nostri genitori.»
Mi fermo d'un tratto, come se fossi stato colpito in pieno volto. «Mi dispiace... non sapevo... io... » farfuglio, ma non riesco a pronunciare una frase che abbia un senso compiuto.
«Non è colpa tua e poi è successo qualche anno fa.» mi rincuora.
Resto in silenzio per un po', poi gli faccio la prima domanda che mi viene in mente per cambiare discorso. «Perché non vivete con loro?»
Buster si ferma a pochi passi dalla porta di casa e sorride, poi si gratta dietro la nuca. «Eravamo troppo grandi per restare con loro, ma comunque ancora troppo piccoli per vivere da soli.» borbotta, facendo spallucce, come se in qualche modo fosse colpa loro. «Questo era il compromesso giusto... »
Un'altra fitta di dolore mi attraversa la testa, scuotendo i miei occhi. Per un secondo li chiudo, cercando di calmare il dolore, poi, quando li riapro, torno a guardare Buster. «Non ne capisco il motivo...» bofonchio infine. C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo, ma non riesco a formulare un pensiero o delle parole giuste per spiegarlo. Sento la stanchezza ritornare a fare pressione, come un peso sulle spalle che cerca di schiacciarmi a terra.
«Non fa niente. Per noi va bene così...» mormora, ma stento a credergli, poi apre la porta e, non appena entriamo, vengo assalito da un misto di odori che non riesco a distinguere.
«Madeline, sono a casa.» borbotta Buster mentre io mi guardo intorno: la casa è piccola e con davvero pochi spazi tra cui muoversi.
Non so come faccia Buster con il suo fisico a non sentirsi in gabbia.
A destra, davanti a me, c'è un angolo con sopra del cibo e delle stoviglie per poter cucinare. A sinistra ci sono due letti e nell'angolo più lontano, c'è un'altra stanza. La porta che ne vieta l'accesso si apre e una giovane ragazza ne viene fuori: è avvolta in un vestito a fiori, ha i capelli legati in una coda ed è decisamente più minuta di Buster.
«Buster, cosa ti ho detto riguardo il portare a casa cani randagi?» Il suo tono è molto più freddo e scorbutico di quello di suo fratello, ma, soprattutto, volontario.
«Non è un cane, Maddy. Anche se, in effetti, l'ho trovato mentre dormiva ai piedi di una delle cappelle.» sussurra ridendo.
«Mi... mi ha invitato per colazione, nulla di più, ma se è un problema, posso andare via.» balbetto, cercando di prendere le sue difese. Istintivamente, nascondo il braccio dietro la schiena, nonostante quella mostruosità non sia ricomparsa più. E poi, come se non bastasse, la mia maglietta grigia è stracciata proprio dove avrei bisogno di più protezione.
«Buster, puoi per favore controllare se le porte di zia Jessica sono chiuse? Sai, non vorrei avessero da ridire.» mormora con le braccia conserte senza distogliere gli occhi da me.
Buster annuisce e si allontana, anche se persino io sono riuscito a capire che quella era solo una scusa per restare da sola con me.
A conferma della mia teoria, Madeline si avvicina spedita verso di me, con aria minacciosa. «Se hai intenzione di approfittare della bontà di mio fratello, hai commesso un grosso errore. Lascialo in pace prima che ti rovini quel viso da angioletto che ti ritrovi.» sibila fredda mentre con il dito mi tempesta il petto in modo da rafforzare la sua minaccia. Nonostante sia meno della metà di suo fratello, il suo corpo custodisce dieci volte la sua aggressività.
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Krane: Il male puro
ParanormalE se il bad boy fosse davvero... cattivo? ------------------- Hailee Pierce, ventun anni, ha accettato la sua vita, nonostante il dolore. Ha accettato di non aver più molto tempo, nonostante la sua età. Ha accettato che la sua esistenza le scivole...